l'editoriale del direttore

Cercansi respingimenti contro le due propagande sui migranti

Claudio Cerasa

Come mandare in vacca un dibattito serio sui confini dell’immigrazione. Bloc notes di un delirio bipartisan

Un tempo era l’onestà (tà-tà), oggi è la discrezionalità (tà-tà). Chiunque provi a offrirvi risposte estremamente semplici a problemi particolarmente complessi, come quelli che riguardano l’intorcinatissimo conflitto tra potere esecutivo e potere giudiziario sul tema dell’immigrazione, sta provando a prendersi gioco di voi. Quello che pensiamo sulla disputa tra governo e magistratura sulla definizione di paesi sicuri lo sapete e abbiamo provato a scriverlo nero su bianco sabato scorso: nel momento in cui il potere giudiziario viene legittimato a interpretare in modo molto restrittivo e molto discrezionale una sentenza della Corte europea che riguarda la definizione dei paesi sicuri dove poter rimpatriare i migranti che non hanno diritto a chiedere l’asilo in Italia, e nel momento in cui viene concesso al potere giudiziario non solo di considerare potenzialmente non sicuro ogni paese che il potere esecutivo aveva invece considerato come sicuro ma anche di rendere quasi impossibile la politica di rimpatrio per un governo legittimato a governare, è evidente che quel paese ha scelto di considerare come normalità assoluta la presenza di un’autorità giudiziaria in grado di poter avere sulle politiche migratorie più influenza rispetto a un governo eletto. Questa è la nostra idea, che abbiamo comunque deciso di mettere in discussione ospitando un girotondo di idee che trovate qui.

  

Ma in questi giorni, sul nostro bloc-notes, accanto a qualche elemento utile per ragionare attorno alla nostra idea, abbiamo avuto modo di appuntarci diversi elementi a metà tra lo spassoso e il surreale che hanno contribuito a spingere il dibattito sul tema dell’immigrazione verso la modalità del tutto in vacca. Ne abbiamo isolati cinque.

 

Il primo punto riguarda la questione da cui siamo partiti: la definizione del cosiddetto paese sicuro. Se il tema non fosse terribilmente serio verrebbe da sorridere: la definizione di paese sicuro è così discrezionale e così soggetta a un numero così ampio di elementi non oggettivi da essere oggettivamente la definizione probabilmente meno sicura presente oggi sulla faccia della terra.

  

Il secondo punto riguarda un elemento meno serio e più leggero: se fosse vera la descrizione dell’Italia data in questi giorni dalle opposizioni, un paese nemico dello stato di diritto, un paese governato dal fascismo, un paese avviato verso una deriva autoritaria, un paese in cui vengono garantiti solo i diritti degli eterosessuali, l’interpretazione molto restrittiva scelta dai giudici italiani per definire la presenza di un paese sicuro dovrebbe far considerare un paese molto insicuro, da cui scappare, anche il nostro paese.

   

Il terzo punto, per tornare a essere più seri, riguarda invece la posa assunta dal governo per provare ad affrontare il duello con la magistratura. La maggioranza di centrodestra avrebbe potuto cogliere il conflitto politico con un pezzo di magistratura per ragionare su quali sono i confini della sovranità concessi dall’Europa agli stati sovrani, tema reale quando si parla di immigrazione, ma di fronte a un problema complesso ha scelto la strada più semplice, più scontata e forse più ridicola, ovvero quella dell’evocazione del grande e famigerato complotto ordito dalla magistratura contro il governo. Non c’è nessun complotto, c’è uno scontro più di sistema tra potere giudiziario e potere esecutivo ed è uno scontro che riguarda la possibilità che il potere esecutivo possa avere o no l’ultima parola quando si parla di immigrazione.

  

Il quarto punto, per restare sul tema, riguarda ancora questo terreno, il terreno del complotto, e si può dire che nonostante il tema questa volta sia diverso, e più alto se si vuole, la magistratura italiana ha fatto di tutto negli ultimi mesi per offrire alla destra un buon alibi per dire: vedete, ce l’hanno con noi. Uno dei giudici che hanno firmato i provvedimenti che hanno contribuito ad ammaccare il modello Albania è la presidente di Magistratura democratica (idolo del Manifesto), il magistrato che ha criticato Meloni inviando una mail ai propri colleghi segnalando il pericolo rappresentato dal governo Meloni è di Magistratura democratica (la mail non dice quello che sostiene Meloni, il magistrato dice che “non dobbiamo fare opposizione politica”, ma quando un magistrato considera un presidente del Consiglio “un pericolo” sta facendo una scelta di campo, lasciando intendere indirettamente che la magistratura si deve mobilitare per fermare l’avversario) e anche il magistrato che mesi fa suggerì ai suoi colleghi di allargare il perimetro delle proprie prerogative per contrastare il melonismo è un altro idolo di Magistratura democratica (ad aprile del 2023, Questione giustizia, l’organo ufficiale con cui comunica Magistratura democratica, ospitò un duro editoriale in cui Nello Rossi, già presidente di Magistratura democratica, già segretario dell’Associazione nazionale magistrati e già componente del Consiglio superiore della magistratura, invitò i colleghi a svestire i panni del “magistrato burocrate” suggerendo di essere sempre più pronti a esercitare esplicitamente un potere di supplenza nei confronti della classe politica con l’obiettivo di rivestire “un ruolo di garanzia dei diritti e della dignità delle persone e delle molte minoranze che popolano le moderne società”).

  

Il quinto spunto di riflessione, utile a ragionare sul tema, riguarda un tema di carattere per così dire giuridico. I magistrati hanno ragione a dire che la recente sentenza della Corte di giustizia europea impone ai giudici di tenere conto delle nuove indicazioni offerte dalla giurisprudenza europea in materia di individuazione dei paesi sicuri. Si potrebbe però dire che non sempre il mondo della magistratura ha mostrato la stessa sensibilità  degli ultimi giorni alle indicazioni offerte dalla Corte europea. Per dirne una: nel 2021, la Corte di giustizia europea, intervenne sul tema delle intercettazioni (non ridete) e disse che i magistrati europei (compresi quelli italiani) avrebbero dovuto da quel momento in poi seguire un nuovo principio: “La Corte considera che soltanto gli obiettivi della lotta contro le forme gravi di criminalità o della prevenzione di gravi minacce per la sicurezza pubblica sono idonei a giustificare l’accesso delle autorità pubbliche a un insieme di dati relativi al traffico o di dati relativi all’ubicazione, suscettibili di permettere di trarre precise conclusioni sulla vita privata delle persone di cui trattasi, senza che altri fattori attinenti alla proporzionalità di una domanda di accesso, come la durata del periodo per il quale viene richiesto l’accesso a dati siffatti, possano avere come effetto che l’obiettivo di prevenzione, ricerca, accertamento e perseguimento di reati in generale sia tale da giustificare un accesso del genere”.

 

Ci sono sentenze che non possono non essere applicate in modo rigido, nelle procure e nei tribunali, e ci sono invece sentenze che possono essere applicate in modo meno rigido. Individuare i paesi sicuri non è semplice, lo sappiamo, ma individuare criteri sicuri con cui applicare lo stato di diritto non è un’operazione più semplice. Ci sarebbe da ridere, se non ci fosse da piangere, se il tema non fosse terribilmente serio e se non riguardasse il perimetro con cui la giustizia italiana può scegliere in modo arbitrario di sostituirsi, quando vuole, al potere esecutivo, con o senza il bollino dell’Europa. Benvenuto nell’èra pazza dell’oggettività non oggettiva e della sicurezza non sicura: è la discrezionalità-tà-tà, bellezza, e tu non puoi farci niente, neanche urlare al complotto.

  • Claudio Cerasa Direttore
  • Nasce a Palermo nel 1982, vive a Roma da parecchio tempo, lavora al Foglio dal 2005 e da gennaio 2015 è direttore. Ha scritto qualche libro (“Le catene della destra” e “Le catene della sinistra”, con Rizzoli, “Io non posso tacere”, con Einaudi, “Tra l’asino e il cane. Conversazione sull’Italia”, con Rizzoli, “La Presa di Roma”, con Rizzoli, e "Ho visto l'uomo nero", con Castelvecchi), è su Twitter. E’ interista, ma soprattutto palermitano. Va pazzo per i Green Day, gli Strokes, i Killers, i tortini al cioccolato e le ostriche ghiacciate. Due figli.