Passeggiate romane
Così il voto in Liguria cambia gli equilibri del campo largo
Schlein si gioca la possibilità di fortificare la sua leadership, mentre le responsabilità della sconfitta verrebbero attribuite tutte a Conte. Ma anche per Renzi c'è molto in ballo
Le elezioni in Liguria possono rappresentare un punto di svolta per l’intero centrosinistra. Elly Schlein si gioca il primo tentativo di fare l’en plein alle regionali come si era ripromessa e, così, di fortificare la sua leadership non solo nel Partito democratico ma nell’intera area dell’opposizione. Vincere con Andrea Orlando le darebbe quello slancio in più che le serve per percorrere tutte le tappe che si è prefissata per raggiungere la candidatura alla premiership. Per questa ragione, la segretaria del Partito democratico farà una full immersion in Liguria con l’ex ministro del governo Conte (e del governo Draghi). E venendo proprio a Giuseppe Conte. Per quanto lo riguarda i giochi sono molteplici. Il primo riguarda il suo partito. Se andrà peggio del solito gli verrà imputato lo scarso risultato del Movimento 5 stella nella nuova versione, quella che addirittura abolisce Beppe Grillo. Ma è chiaro che il fronte più importante è quello della partita che si sta giocando all’interno del centrosinistra. Da una parte, se vincesse Orlando, l’ex premier potrebbe dimostrare che quello che va predicando da tempo non è il frutto di un suo rancore personale ma di un’analisi dei fatti: Matteo Renzi non porta voti, invece li toglie. Certo darebbe un dem a vincere, ma un dem con cui lui è sempre andato d’accordo e che, nonostante le apparenze, non fila d’amore e d’accordo con la segretaria Elly Schlein.
Se invece il candidato del centrosinistra alla guida dell regione Liguria dovesse perdere, allora per Conte sarebbero problemi. Infatti è stato lui a imporsi per cacciare Italia viva costringendo Renzi a prenderne atto e a uscire dalla coalizione. Insomma le responsabilità della sconfitta gli verrebbero senz’altro attribuite (a bassa voce da Schlein, a gran voce da Renzi) e gli verrebbero ricordate di fronte a un eventuale prossimo veto al tavolo del centrosinistra. E’ per questa ragione che il leader del Movimento 5 stelle, prima restio all’idea di una manifestazione comune in Liguria, ora è il primo sostenitore del grande comizio dei leader per la chiusura della campagna elettorale di Orlando. Già, Conte non si vuole far rimproverare anche la mancata coesione dell’alleanza.
Ma molto in queste elezioni regionali liguri si gioca anche Matteo Renzi. La prima parte del suo piano, quella che aveva come obiettivo agganciare la segretaria del Partito democratico e invertire la rotta rispetto all’alleanza con il centrosinistra, nonostante qualche addio importante (quelli di Luigi Marattin e Andrea Marcucci, per esempio). Adesso però viene il difficile perché il gioco si sposta su un altro terreno, un terreno in cui l’abilità politica del leader di Italia viva poco o niente può fare. Ora saranno le urne a decidere se hanno ragione Conte e tutti gli altri che dicono che l’alleanza con Iv è superflua se non addirittura nociva, e che basta tenersi il centro rappresentato da Calenda per andare avanti, oppure se quel po’ di voti che ancora Renzi può portare in dote servono ancora al centrosinistra e non si può lasciarlo per strada nella lotta al centrodestra (ma le risorse di Renzi sono sempre sottovalutate e chissà che nei prossimi mesi non sbuchi qualche altro coniglio dal cilindro).
Intanto, per portarsi avanti, il centrosinistra sta cercando di chiudere accordi anche nelle regioni in cui si voterà ben più in là. In Toscana, nonostante le perplessità dello stesso Partito democratico all’ipotesi di riconfermare l’attuale presidente della regione Eugenio Giani, si è deciso che comunque quella è la soluzione più semplice, quel che può creare meno contraccolpi e fibrillazioni (peraltro lì Italia viva governa con Giani senza problemi e chiederle di rinunciare al simbolo sarebbe complicato). In Campania, invece, il Pd ha deciso di rinunciare al candidato e di puntare su un 5 stelle. Roberto Fico, possibilmente, l’ex ministro per l’Ambiente Sergio Costa, in seconda battuta, nel caso in cui il Movimento 5 stelle non riuscisse ad aggirare il problema del secondo mandato per l’ex presidente della Camera. Certo, la scelta del Pd comporta delle conseguenze perché a quel punto nessuno potrebbe impedire a Vincenzo De Luca di candidarsi sul serio (cosa che De Luca ha già detto di voler fare a prescindere da cosa decidere di fare il Pd con lui), ma è un rischio, dicono, che la segretaria del Partito democratico è disposta a correre.