La Jalta dell'auto

Il duello Meloni-Elkann, "processo" a Stellantis e negoziati di pace. Passa da qui editoria e industria

Carmelo Caruso

Non solo le toghe. Meloni contro le scelte di Stellantis, i suoi piani industriali, e vuole chidere conto anche in Commissione Covid. Elkann cerca la tutela di Mattarella. La pace impossibile

Dopo i magistrati, Meloni si occuperà di loro. Sono gli eredi Agnelli, azionisti di Stellantis, e il governo ha un’idea precisa: non hanno un manager all’altezza di Marchionne; non hanno più un vero  prodotto; lasceranno presto l’Italia; l’audizione dell’ad, Tavares, è stata “spaventosa”. Lo scenario impensabile? Preparare il campo a un nuovo costruttore d’auto. Non ci sono solo le toghe. L’altro rivale è la multinazionale che dovrà spiegare, anche in Commissione Covid, perché abbia deciso di produrre mascherine. La parola “rancore”, scelta dal direttore di Repubblica, Mario Orfeo, ripetuta da John Elkann, “no, al rancore”, equivale, per il governo, a “negoziamo”.


La sostituzione di Maurizio Molinari, alla guida di Repubblica? “E’ senza dubbio un segnale, apprezzabile, la voglia di abbassare i  toni”. Il futuro dell’automotive in Italia? “A sentire Tavares non c’è futuro. Ma un paese con morti e feriti, un dramma industriale”. Le scelte di Stellantis? “Devono essere chiarite, anche quelle passate, in ogni sede, compresa la Commissione Covid. Perché hanno prodotto mascherine?”. Sono analisi formulate dall’anello della premier e restituiscono il clima, il rapporto tra governo Meloni e John Elkann, presidente di Stellantis, ad di Exor, e fino a poche settimane fa, presidente di Gedi, editore del quotidiano Repubblica.

Il governo Meloni compie due anni ma nelle comunicazioni alla Camera del 15 ottobre c’è l’anticipo dei prossimi due. La parte, a braccio, della premier, la più originale, riguarda “l’addio al motore endotermico”, definito una “follia”, perché  “si è scelta la conversione forzata ad una sola tecnologia, l’elettrico, di cui però noi non deteniamo le materie prime, non controlliamo le catene del valore, che ha una domanda relativamente bassa e prezzi proibitivi”. E’ una bocciatura delle politiche Ue e un messaggio a  Elkann, che la premier non ha mai voluto ricevere a Palazzo Chigi. Venerdì , 11 ottobre, Carlos Tavares, ad di Stellantis, ha parlato alle Commissioni attività produttive di Camera e Industria del  Senato, promesso che “Stellantis non lascia l’Italia ma che i costi di produzione sono troppo alti”. Per FdI è evidente che gli “Elkann vogliono ancora soldi, aiuti”, dopo quelli ricevuti per mascherare un “fallimento industriale”, una “mancanza di visione”, l’incapacità di leggere il mondo” che per FdI passa da libri fondamentali come quello Guillame Pitron, “La guerra dei metalli rari. Il lato oscuro della transizione energetica  digitale” (Luiss edizioni). E’ l’audizione che FdI definisce “spaventosa” e su quelle parole spaventose, Meloni, vuole costruire la sua riconferma, farlo con una “campagna di verità”. I Benetton, hanno provato sulla loro pelle, cosa significa. Vuole farlo a scapito di una famiglia, che pensa FdI, “non si è mai fatta amare dagli italiani a differenza del nonno”, e che con “Repubblica ha esagerato nei toni”. Per Stellantis quell’audizione è  tutt’altro: è un bagno di realtà, parole non dissimili da quelle pronunciate in Germania da chi è a capo di Volkswagen, parole di un ad che guida una multinazionale con la testa in America, e non in Francia, e che ha ricevuto ponti d’oro, agevolazioni, in Brasile, da Lula.

E’ molto di più di una disputa tra Meloni ed Elkann, due che hanno in comune un rapporto famigliare tormentato. Elkann, il 21 giugno, ha invitato a Maranello, Sergio Mattarella, e ha un rapporto privilegiato con Mario Draghi. Meloni rifiuta  di stringergli la mano; mano che Elkann afferrerebbe perché, come diceva lo zio, “la vita è troppo breve per non diventare filogovernativi dopo sei mesi”. Il concetto di “rancore”, introdotto nell’editoriale di esordio di Orfeo, è molto di più che il concetto di un editoriale. Lo ha ripetuto Elkann, in occasione dell’anniversario della fondazione Gdf, il gruppo dei dirigenti Fiat, quando ha dichiarato: “Con le polemiche strumentali e i rancori, non si risolve nulla”. Da questo “negoziato”  dipende buona parte dell’ordine italiano. A metà novembre è prevista la chiusura del tavolo sull’automotive tra governo e  Stellantis. Si dovrebbe chiudere con la presentazione di un piano industriale e la firma è prevista a Palazzo Chigi. E’ questa stretta di mano, Meloni-Elkann, la piccola Yalta, la conferenza (impossibile?) di carta, e di pace.
 

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  • Carmelo Caruso, giornalista a Palermo, Milano, Roma. Ha iniziato a La Repubblica. Oggi lavora al Foglio