Il colloquio
La Russa: “Cani in Senato? I parlamentari si occuperanno dei bisognini”
Il presidente del Senato sugli animali domestici in Parlamento: "Entreranno solo cani mansueti e padroni che sapranno occuparsi di loro. Che sapranno pulirli, seguirli, badare a tutto. Il regolamento sarà a prova di bomba. E non lo si commenta prima che esca, come la Manovra"
“Il regolamento non lo scrivo io, ma i senatori questori. E tuttavia una cosa è certa”. Cosa, presidente? “In Senato entreranno solo cani e senatori educati”. Così parla al Foglio il presidente del Senato e big di Fratelli d’Italia Ignazio La Russa, raggiunto per commentare l’ipotesi di cani e gatti in Parlamento. Un’eventualità complessa, stando a pareri sanitari e ai problemi logistici, che per la seconda carica dello stato, però, non è impossibile. Ma adesso, “cani e senatori educati” in che senso, La Russa? “Nel senso che entreranno cani mansueti e padroni che sapranno occuparsi di loro. Che sapranno pulirli, seguirli, badare a tutto”. Compresi i bisognini? Perché giusto ieri, sul Foglio, raccoglievamo il disappunto di commessi e assistenti parlamentari della Camera Alta. I quali rimarcavano, rispetto alla possibilità dell’ingresso degli animali domestici in Senato di non essere dei dogsitter. Di non volersi occupare di cani, gatti, iguane e perfino conigli nani. Di non essere tenuti, quindi, a correre il rischio allergie. Insomma, di non voler vedere il Senato trasformarsi in una fiera dell’Est. “Come le ho detto, il problema non si pone se i cani sono ben abituati. Il cane educato sa che non si sporca in casa. Io ho un cane, per esempio…”. E? “Il mio in casa non la fa. Sa come comportarsi”. D’accordo. Ma come si fa a sapere a priori se il cane è discolo o garbato? Magari il padrone garantisce per lui, ma poi, sa, certe cose sono imprevedibili. “In quel caso, è ovvio, toccherà ai padroni pulire, non ai commessi. Rispetto ai quali, comunque, non mi risultano sommosse sotterranee, né lamentele”.
A lei non risultano, eppure ci raccontavano ieri della difficoltà, o meglio della quasi impossibilità di redarre il regolamento a causa dei pareri medici avversi. A causa della mancanza d’interlocuzione con le organizzazioni dei lavoratori che tutelano dipendenti e collaboratori del Senato. Soprattutto, ci dicevano che non c’è niente di concreto. Nessuna decisione. Zero proposte effettive. Insomma che è tutto un anelito di Michaela Biancofiore, la senatrice cinofila che di tanto in tanto porta il suo carlino Puggy a Palazzo Madama e che insiste, senza requie, per questo sogno intraspecista al Senato. “Sbagliato. Non ci sono sogni: il regolamento si farà perché ho dato il via libera ad approfondire la materia. E aggiungo: sarà a prova di bomba”. Intende a prova delle forti perplessità in termini sanitari e logistici? “Altroché. Ho disposto che sia conforme a tre requisiti”. Quali, presidente? “Sicurezza, garanzia, mansuetudine”.
Tre requisiti: sembra il motto della rivoluzione (del bulldog) francese. Le virtù teologali dell’Arca d’Ignazio. Ma torniamo, per un istante, alla mansuetudine. Virtù che deve appartenere, par di capire, all’animale non meno che all’umano giacché, si sa, i cani son lo specchio dei propri padroni. Convincente. Ma, domanda: davvero i comportamenti animali sono così ponderabili? Non crede che le bestiole, per quanto a modo, siano per natura imprevedibili? “Credo che tutto dipenda dall’educazione del padrone. E in ogni caso, se permette, mi sembra che parliamo del nulla”. Parliamo del nulla ma il regolamento si farà, giusto? “Il regolamento prima si scrive e poi si commenta. Suvvia, non si fa come con la manovra finanziaria, che prima si commenta e poi esce!”. Non dire bau finché non ce l’hai nel Palazzo.