La polemica
Corsini chiama Formigli “infame”, rancore, sputi, post alalalà. La Rai lo tiene
In due anni ha elevato Serena Bortone ad Ada Gobetti e creato il caso Scurati. Ora l’amministratore delegato Giampaolo Rossi fa sapere che ha dato mandato “alle direzioni competente di valutare eventuali elementi sotto il profilo disciplinare”
Riesce a fallire anche quando sputa. La sola infamia è per la Rai, l’azienda che si lascia infamare da Paolo Corsini, il direttore approfondimento, “l’Herr Sticazzi”. Si presenta alla festa del Tempo e riesce a dare dell’infame al collega Corrado Formigli, lanciare la trasmissione di La7, il tutto mentre Report di Sigfrido Rannucci, su cui dovrebbe vigilare, da direttore, termovalorizza inchieste e monnezza, scaracchia ogni giorno sospetti. La prima che dovrebbe vergognarsene è Meloni. A FdI, che pubblicamente chiama il suo partito, “Noi di FdI”, promette: “Tranquilli. La puntata di Report non è nulla di che”. L’ultima volta che lo ha detto ha lasciato sputtanare il governo nel mondo.
Quando gli dicono di tacere, tenere un profilo basso, risponde da ardito: “Er Sticazzi, che mi importa”, ma alla tedesca “Herr”. Gli parte il braccio e il social, come ha documentato Massimo Arcangeli nel suo nuovo libro “Quel braccio alzato” (Castelvecchi) dove vengono raccolte le imprese, gli haiku di Corsini: “Abbasso il Natale, plutocratico e borghese. Viva la Befana popolare e fascista”; “Il giornale è per noi un partito, una bandiera” e ancora, “con un proletario riottoso, malarico, pellagroso, non vi può essere elevamento dell’economia nazionale”. Sui social ci mostra anche le foto del nonno balilla e saluta con “alalalà”. Per irridere il “malarico proletario” esibì, in ascensore, in Rai, la sua mutanda rossa, “gesto futurista”. In due anni ha elevato Serena Bortone ad Ada Gobetti, creato il caso Scurati, la censura di un monologo tanto stupido che veniva voglia di iscriversi di corsa a FdI.
Da due anni crea e distrugge programmi, orribili, dopo aver cominciato gli esperimenti con Anni 20, un altro fallimento televisivo della destra, condotto dal ministro della Cultura, Alessandro Giuli. Non si contano i procedimenti interni, in corso, a suo carico, nient’altro che finte sculacciate, da finti giudici. Entra da precario in Rai, in quota Alemanno, si fa nominare segretario di redazione dal direttore del Gr, Bruno Soccillo ma quando arriva Mucciante, l’Herr viene mandato a contare tutti i busti dei nonni fascisti, confinato in una stanza. E’ da allora che prepara la ritorsione. Lo recupera Gianni Scipione Rossi e da lui si fa nominare caporedattore di Rai Parlamento. Pretende la tessera parlamentare per coltivare le relazioni con FdI e aggancia Gennaro Sangiuliano. Si permette, alla Camera, di spiegare il giornalismo “indipendente” ai cronisti. Un’infamia.
Il giornalismo lo ha anche insegnato ma l’unico da cui prende lezioni è Ranucci, che, dice, “non riesco a controllare, provateci voi”. Il suo compenso “è inferiore a duecento mila euro”, ma non lontano, e nessuno gli chiede conto del buco erariale che genera. Non glielo chiede la Rai, che si lascia sporcare da Corsini, la stessa Rai che ha il coraggio di lamentarsi con Meloni e Giorgetti. E’ la Rai che pretende denaro pubblico, ulteriore, dopo aver proposto un piano industriale di risparmi. A quanto ammonta il guasto d’immagine di Herr Sticazzi? L’ad Rai Rossi, in una nota, si umilia, ed “esprime il proprio disappunto”, fa sapere che ha dato mandato “alle direzioni competenti di valutare eventuali elementi sotto il profilo disciplinare”. Non serve chiedere le dimissioni di Corsini come ha fatto il Pd. La migliore infamia è lasciarlo, ancora, dirigere.