La battaglia culturale e generazionale pro nucleare: 50 mila firme in 4 giorni

Luciano Capone

Inaspettato successo della proposta “Energia nucleare? Sì, grazie!”: due terzi dei firmatari sono under 33. In questi anni è nato un movimento dal basso pro-nuke, composto da giovani con una marcata sensibilità ambientale

Il dato è sorprendente per un tema che, storicamente, è stato visto come nemico del consenso: 52.500 firme a favore del nucleare in quattro giorni. “Non ci fermermo, continueremo a raccogliere firme – dice Carlo Calenda, che è tra i promotori dell’iniziativa –. Dobbiamo costruire un movimento d’opinione sul nuclere per dimostrare che c’è una parte d’Italia che si vuole fare strada e che vuole sentir parlare di cose che hanno un senso”. La raccolta firme è per una legge di inizativa popolare che propone “un rapido riassetto normativo che consenta in Italia la costruzione e l’esercizio di centrali nucleari”. Olte ad Azione, che con Giuseppe Zollino, professore esperto di impianti nucleari ha fatto il lavoro tecnico, hanno promosso e sostenuto l’iniziativa esponenti della società civile, la Fondazione Luigi Einaudi e altri partiti di opposizione come i Radicali italiani e Orizzonti liberali (il movimento di Luigi Marattin).

In sostanza, la proposta è di inserire da subito il nucleare nel mix energetico nazionale. E’ un approccio più concreto di quello di cui si sente spesso parlare dalle parti del governo, come ha fatto recentemente la premier Giorgia Meloni, di sostegno all’energia atomica ma solo come “prospettiva” quando diventerà concreto il “grande sogno” di produrre “in un futuro non così lontano energia pulita e illimitata dal nucleare da fusione”. La proposta “Energia nucleare? Sì, grazie!” ribalta l’approccio: si parte subito con le centrali nucleari della più avanzata tecnologia disponibile (la terza generazione a fissione), che già garantisce le più basse emissioni di CO2 e i più elevati standard di sicurezza, per poi aggiungere tutte le innovazioni se e quando saranno disponibili. Non c’è tempo da perdere, insomma.

In questa fase c’è una rinnovata attenzione per il nucleare in tutto il mondo. Colossi come Google, Amazon e Microsoft, stanno puntando sui piccoli reattori nucleari modulari (Smr) per alimentare i data center e le nuove tecnologie di intelligenza artificiale, che necessitano di enormi quantità di energia continua (caratteristica che le rinnovabili non sono in grado di soddisfare). Su questa stessa lunghezza d’onda si è posizionata la Confindustria, anche se è difficile immaginare mini reattori nucleari “all’interno delle nostre industrie” come sostiene il presidente Emanuele Orsini. L’altro tema che ha rilanciato l’atomo in Europa, dove ormai sembrava al tramonto, è la sicurezza: dopo l’invasione russa dell’Ucraina, l’autonomia energetica è diventato un perno della politica di sicurezza nazionale ed europea.

Ma questa proposta di legge popolare mostra due elementi nuovi rispetto alle storiche iniziative pro-nuke: un movimento che parte dal basso, una caratteristica che appartiene storicamente all’attivismo anti-nucleare; e una motivazione ambientale. I dati mostrano che il 66% dei firmatari ha meno di 33 anni (9.500 nella fascia 18-22 anni; 15.158 nella fascia 23-27; 9.825 nella fascia 28-32). A motivare questi giovani, oltre ai temi di competitività economica e sicurezza energetica (intesa come difesa della democrazia europea), è la sensibilità ambientalista, che è molto diversa da quella della generazione Chernobyl. Il nucleare è ritenuto una fonte indispensabile per abbattere l’emissione di CO2 e affrontare la transizione energetica.

Di questo profondo cambiamento culturale e generazionale se n’è accorto Politico.Eu, che una settimana fa ha dedicato un articolo all’“Avvocato dell’Atomo”, al secolo Luca Romano, l’influencer che negli ultimi anni sui social network ha ribaltato la narrazione catastrofista sul nucleare e dato voce a una generazione che si pone il problema del climate change e cerca di affrontarlo senza le barriere ideologiche delle generazioni precedenti. Il ministro dell’Ambiente Gilberto Pichetto Fratin sta facendo dei passi in avanti su questo fronte. Ad esempio, ha inserito nel Pniec (Piano nazionale integrato energia e clima) uno scenario che prevede anche l’energia atomica. E poi ha dato l’incarico al costituzionalista Giovanni Guzzetta di definire il nuovo quadro giuridico-regolamentare per il nucleare.

Ma al di là dei passaggi tecnici, il nucleare ha una speranza solo se si decide di fare una battaglia culturale, che però il centrodestra non sembra voler affrontare fino in fondo. La sta conducendo un pezzo dell’opposizione. E la cosa è per certi versi ancora più interessante, perché per progettare investimenti a lungo termine come una centrale nucleare è necessario che si formi un consenso trasversale, affinché un paese non cambi politica energetica al cambiare dei governi.

 

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  • Luciano Capone
  • Cresciuto in Irpinia, a Savignano. Studi a Milano, Università Cattolica. Liberista per formazione, giornalista per deformazione. Al Foglio prima come lettore, poi collaboratore, infine redattore. Mi occupo principalmente di economia, ma anche di politica, inchieste, cultura, varie ed eventuali