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Prove di Fratelli senza Fiamma

Lollobrigida: “La Fiamma? Da tempo siamo un'altra cosa”

Salvatore Merlo

Dopo le parole di Ciriani, parla il ministro dell'Agricoltura: “Spegnere la Fiamma non è all’ordine del giorno, ma farlo non sarebbe una tragedia. Più dei simboli conta la politica: siamo già un moderno partito conservatore”

“Non è all’ordine del giorno, ma comunque spegnere la Fiamma non sarebbe una tragedia. L’abbiamo già fatto nel ’98 con l’Elefantino di Gianfranco Fini anche se non portò fortuna e lo facemmo poi nel 2001 quando entrammo nel Pdl e nel Partito popolare europeo con Silvio Berlusconi. Quelli eravamo sempre noi. Sempre la nostra storia. Guardi, siamo le persone più pragmatiche del pianeta”. Dice così Francesco Lollobrigida dopo l’intervista al Foglio con la quale ieri il ministro per i rapporti con il Parlamento, Luca Ciriani, spiegava che la Fiamma del Msi si può anche togliere. Anzi, che quello è “il simbolo di una storia finita”. E Lollobrigida si può dire che non abbia un’idea affatto distante da quella di Ciriani. Proprio come il presidente del Senato Ignazio La Russa che ieri, cercato dalle agenzie, ha risolto tutto con questa battuta: “La Fiamma? Anche il mondo finirà prima o poi”. O come il capogruppo di Fratelli d’Italia alla Camera, Tommaso Foti, un altro della vecchia guardia missina: “Se ne può parlare”.

 

Solo Fabio Rampelli, gabbiano, della corrente un tempo libertaria della destra, già padrino politico di Meloni e Lollobrigida, ha detto all’Huff Post che la Fiamma “arde come la passione”. Lui, Rampelli è forse l’unico contrario. Quanto a Lollobrigida invece, il ragazzo cresciuto nella mitica sezione missina di Colle Oppio fa spallucce: “Tutto si può fare, a tempo debito e senza tragedie”. Il ministro dell’Agricoltura, colonnello di Giorgia Meloni, fondatore di Fratelli d’Italia, si esprime con parole piane, senza orgogli né lacrime, romanticismi o affettazioni. Freddo. Distaccato. La Fiamma non riscalda? “Parlare dei simboli non mi piace, perché più degli ‘involucri’ sono importanti i contenuti. E sono i contenuti che definiscono un progetto politico. Il nostro non è un progetto nostalgico, siamo una moderna forza di governo. Aperta. E con tante anime”. Dunque la Fiamma non significa più niente? “Di sicuro non è un elemento chiave per noi. Peraltro, la invito a notare che la Fiamma che oggi è nel simbolo di Fratelli d’Italia è già stata ‘nettata’, mi passi il termine,  da tutti quegli elementi grafici che rimandavano al Movimento sociale o alle nostalgie del fascismo. Non c’è più da tempo quella roba”. Quali erano questi aspetti grafici della nostalgia? “E’ stata tolta la base da cui scaturiva la Fiamma, che qualcuno sosteneva fosse la tomba di Mussolini”. E non lo era? “Gli studiosi dicono che non lo era. Quindi, ripeto, quello in ogni caso già non è più un simbolo missino”. Cos’è allora? “Un simbolo neutro. Cosa le viene in mente se pensa a una fiamma tricolore?”. A me viene in mente l’Altare della Patria, il Campidoglio. “Certo. Ma è Fiamma anche quella che sta sui berretti dei Carabinieri e della Guardia di Finanza”.  

 

E insomma “la Fiamma è un simbolo tricolore come un altro”, dice Francesco Lollobrigida. Tricolore, sì, ma che tuttavia rimanda alla storia del Msi. “Ma certo, intendiamoci, io non sto negando che la nostra origine sia il Msi.  Quella è anche la nostra tradizione. Io sto cercando di spiegare che per noi superare quel simbolo non è una tragedia perché non siamo il Msi e dunque non è nemmeno una urgenza perché già da tempo siamo un’altra cosa”. Conservatori. “All’interno del  nostro partito ci sono Gianfranco Rotondi democristiano, Raffaele Fitto democristiano, Guido Crosetto liberale, Alfredo Antoniozzi che è il figlio di uno dei fondatori del Ppe l’uomo che lavorò agli accordi che poi produssero i trattati di Roma,  e potrei continuare a lungo. Abbiamo iscritti, amministratori  e parlamentari di origini diverse per  cultura, nascita, religione, colore... Bisogna essere ideologicamente accecati per non vederlo”. E Lollobrigida vuole dire che Fratelli d’Italia è nipote del Msi ma è figlia di Alleanza Nazionale e della svolta di Fiuggi, e che dunque questo partito avanza – la domanda è: a tentoni? – verso un’evoluzione conservatrice classica. Ragione per la quale, insiste il ministro, “non parlerei della ‘scatola’ ma del contenuto. Non parlerei del simbolo, ma di chi siamo”.

 

E chi siete? “Siamo uomini e donne della Repubblica, siamo i più convinti sostenitori della democrazia e della libertà. Tanti di noi sono entrati in politica da ragazzi, da adolescenti, e hanno misurato sulla propria pelle cosa significa essere ostracizzati, censurati, limitati nella propria libertà di esprimersi. Anche negli anni Novanta. Mica un secolo fa. Non ci facevano parlare a scuola”. Ieri alla Sapienza, a Roma, degli studenti di Azione universitaria sono stati aggrediti da collettivi di sinistra. “Noi la violenza politica e ideologica l’abbiamo sofferta. E dunque le assicuro che nessuno che abbia avuto questo genere di formazione potrebbe mai essere incline a comprimere la libertà di qualcun altro. Ragione per la quale spesso risulta fastidioso, stucchevole se non persino irritante dover spiegare l’ovvio”. Ovvero? “Che il fascismo non c’entra niente, che la Fiamma è una tradizione che si è già modificata, che non c’è nulla di vecchio e nostalgico in quello che diciamo e facciamo. Per questo se toglieremo la Fiamma sarà per nostra decisione, nel rispetto della nostra tradizione politica e non perché abbiamo subito una imposizione. Quindi lo ripeto: non è all’ordine del giorno spegnere la Fiamma”. Forse, viene da dire, perché in realtà per Lollobrigida è già spenta da tempo. E se in tanti adesso lo dicono apertamente è perché Giorgia Meloni è la prima a pensarlo. 

  • Salvatore Merlo
  • Milano 1982, vicedirettore del Foglio. Cresciuto a Catania, liceo classico “Galileo” a Firenze, tre lauree a Siena e una parentesi universitaria in Inghilterra. Ho vinto alcuni dei principali premi giornalistici italiani, tra cui il Premiolino (2023) e il premio Biagio Agnes (2024) per la carta stampata. Giornalista parlamentare, responsabile del servizio politico e del sito web, lavoro al Foglio dal 2007. Ho scritto per Mondadori "Fummo giovani soltanto allora", la vita spericolata del giovane Indro Montanelli.