Le elezioni americane

Salvini sogna l'America ma è angosciato dalla discesa di Pier Silvio Berlusconi

Carmelo Caruso

Spera nella vittoria di Trump, ma i leghisti sono sfiuduciati per la manovra. Calano le tessere della Lega, caos in Lombardia e l'enigma è Forza Italia con l'erede

Salvini come Riccardo Cocciante: con lui è già tutto previsto. Se vince Donald Trump fa schiuma e se perde Trump fa schiuma uguale. Uscire dal governo Meloni? I leghisti: “E dove va? Se vince Trump, al massimo, prenderemo qualche voto in più”. FdI: “Salvini, uscire dal governo? Sì, vabbè”. Se Harris dovesse farcela, finirà per cantare: “Ho previsto che sarei restato solo in casa mia / e mi butto sopra il letto”. L’idea che la Lega abbia benefici da una vittoria di Trump è una fantasia che Salvini vende. L’ultima volta che è volato in America, per farsi ricevere dall’ex presidente, lo staff di Donald lo ha lasciato sul davanzale. L’amico Elon Musk, lo svalvolato, che gli manda affettuosità su X, in Italia è salito sul palco di Atreju di FdI. Ecco il bell’amico: con Salvini fa il compagno di penna, ma con Meloni parla di Pnrr, a Palazzo Chigi, e piazza satelliti. Edoardo Rixi, il viceministro dei Trasporti, leghista, che ha fatto vincere Bucci in Liguria, dice: “Per il governo non cambia niente”. E allora perché puntate tutto su Trump? “Perché storicamente, con i repubblicani, arriva la pace. Con Trump la guerra in Ucraina finisce”. E la Lega inizia a fare guerra a Meloni? “Ma va!”. La mania di adesso, di Salvini, cronaca nera a parte,  è Pier Silvio Berlusconi. Garantisce: “Vuol far politica. Si candiderà”. Salvini Paperino, Donald Duck, è ossessionato da Pier Silvio, il Paperone.


L’America, a Salvini, gliela dà Pier Silvio. Che vinca Trump o vinca Harris, per Salvini è solo una questione di tweet, ma se Pier Silvio scende in campo, per Salvini cambia tutto. A Palermo, la sera della vigilia del processo, a cena, Salvini Duck confidava: “Volete mettere Silvio con Pier Silvio? Un’altra cosa”. A fine dicembre ci sarà la sentenza del processo Open Arms. L’effetto “Salvini wanted”, le maglie con il volto da ricercato, è già finito. Ci sono poi i treni (in ritardo). Il personale ferroviario ha scioperato e rivendica più sicurezza, dopo l’accoltellamento di un macchinista. Alla Camera, l’ad di Trenitalia, Corradi, audito in commissione Trasporti, ha spiegato che “la nostra puntualità è del 95 per cento ma scende al 73 per cento per altre cause”. Ed è stato buono nel dire “altre cause”.

 

Ci sarebbe la manovra di Giancarlo Giorgetti ma è così scipita, per Salvini, che i parlamentari leghisti chiedono: “Ma cosa andiamo a dire in televisione? Di che parliamo?”. L’Ufficio parlamentare di bilancio, ieri, ha definito la manovra “prudente e responsabile”, ma ha poi aggiunto che “le misure sono complesse e poco intellegibili”. Che sia “prudente”, Salvini, che è contro il limite dei trent’all’ora in città, non ha che farsene, che sia complessa è invece un guaio serio. C’è il tema delle (mancate) assunzioni nel comparto sicurezza e il divieto, da parte di Giorgetti, di modificare la legge. Insomma, che resta? Giusto il canone Rai, da tagliare (ma è la Lega che ha più direzioni di Forza Italia, compreso il direttore generale Rai, Roberto Sergio, voluto da Salvini che è pure direttore generale ad interim di Rai San Marino tanto da presentarsi così: “L’interim è un fatto formale, io sarò direttore generale per il tempo necessario che non ha scadenza”). Forza Italia, in questa commedia, si è già presa la parte del partito che chiede la modifica della manovra, ma la Lega? La battaglia contro le storture dei magistrati, anche quella, la fa Meloni, e meglio di Salvini. Rimane giusto l’Umbria dove Donatella Tesei può davvero farcela se non fosse che la Lega è annoiata, un po’ come gli spettatori che ogni lunedì sera si sintonizzano su Rai 3 e trovano Massimo Giletti (un altro preteso da Salvini). Ci sarebbe il congresso federale della Lega che si farà, a inizio anno, almeno è quanto promesso da Salvini, ma nessuno conosce il numero delle tessere rilasciate nel 2024. Poche. In Lombardia, dove si terrà prima il congresso della Lega Lombarda, sciagura vuole che il caso spioni coinvolga Enrico Pazzali, presidente della Fondazione Fiera (era pure nel cda della Bocconi, e si è dimesso) uno che frequenta la Lega, e la destra, da quando indossava i calzoni corti. Cosa si fa? Massimiliano Romeo, che era convinto di essere candidato unico della Lega lombarda, continua a ripetere che lui con il “cavolo che si ritira”, anche se Salvini dovesse puntare sull’altro, su Luca Toccalini e i suoi giovani (anti Tajani). Chi vince? Calderoli è certo che vincerà Romeo. L’altro, Giorgetti, il Cavaliere, non si esprime perché deve occuparsi di Ita-Lufhtansa, dell’accordo che sta per saltare (i crucchi non voglio pagare). Salvini, alla domanda su Ita, si è limitato a rispondere: “Di Ita se ne occupa brillantemente Giorgetti”, dove il brillantemente vale più di 120 righe di giornale. L’America, dunque. La Lega ha spedito l’appassionato d’arte (è bravissimo, credeteci) Claudio Borghi Aquilini come Evelyn Waugh, Un Turista in Africa (Adelphi). Buona maratona. E’ davvero tutto previsto tranne Pier Silvio Berlusconi con Salvini che come Cocciante, dice piano, piano: “Io non lo amo, non lo amo”.

 

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  • Carmelo Caruso, giornalista a Palermo, Milano, Roma. Ha iniziato a La Repubblica. Oggi lavora al Foglio