Tra Trump e Draghi
“Sulla Difesa serve più Europa. Giorgia può mediare con gli Usa”. Parla il meloniano Procaccini
Il presidente del gruppo Ecr all'Europarlamento risponde all'invito di Mario Monti: "Dalla difesa, alla politica estera, al contrasto all’immigrazione fino all'industria serve maggiore integrazione". E però sullo stop al diritto di veto per la politca estera frena: "Non siamo d'accordo"
“Meloni può senz’altro essere la mediatrice giusta tra Europa e gli Stati Uniti, anche per quello che dice Mario Draghi. Può esserci un’interlocuzione privilegiata perché la premier è la guida conservatrice di uno dei paesi più importanti di Europa”. Nicola Procaccini, eurodeputato di Fratelli d’Italia e copresidente del gruppo Ecr, non si lascia andare al pessimismo. “L’agenda politica di Trump – dice – ha della affinità con la nostra: dal contrasto all’immigrazione clandestina al sostegno ai ceti medio-bassi, fino alla difesa dell’interesse nazionale”. E però a spaventare l’ex premier è proprio quest’ultimo punto: per difendere l’industria tradizionale americana, dice Draghi, Trump potrebbe danneggiare le nostre aziende esportatrice con i dazi. “E’ proprio in questa mediazione – dice Procaccini – che il governo italiano può avere un ruolo, e però mi lasci dire una cosa…”. Ci dica. “Non mi aspetto che ci saranno gli incredibili sconvolgimenti di cui sento vagheggiare da prima della vittoria. La storia ci insegna che la politica estera anche con l’alternanza dei governi non cambia dalla sera alla mattina. Dall’Ucraina al Medio oriente, fino alle politiche commerciali. I dazi spaventano, ma sono diventati una questione negli Usa già con Biden. Al Parlamento europeo ho passato almeno due anni a combattere contro la volontà dell’amministrazione americana di mettere i dazi all’agroalimentare europeo”. Ma con Trump la questione rischia di peggiorare, e di toccare l’industria. Al Foglio diversi imprenditori hanno confermato queste paure. “Sicuramente su questo la politica americana ha già cominciato un percorso e penso andrà avanti, noi dobbiamo cercare di trattare, d’altronde già l’Inflation reduction act di Biden non ha avuto effetti positivi sull’Europa”.
Per affrontare questa situazione, dice Draghi, serve “non posticipare più decisioni importanti”. Anche un altro ex premier e commissario europeo, Mario Monti, in un’intervista al Corriere della Sera si rivolge direttamente a Meloni. Dice che sta a lei spiegare a sovranisti e patrioti perché oggi urge un’Europa più forte. E’ d’accordo? “Per citare uno strafalcione dal mondo del calcio – risponde Procaccini – sono pienamente d’accordo a metà con quello che dice Monti. Non c’è dubbio che su alcune cose, dove gli stati nazionali sono meno performanti, serva più Europa. Penso alla difesa, alla politica estera, al contrasto all’immigrazione e alla difesa della nostra industria. Noi ad esempio, come destra italiana, abbiamo storicamente una posizione favorevole all’esercito europeo. Ma non so se ci si arriverà mai. Intanto si potrebbe cominciare con l’omologazione degli armamenti e dei sistemi di comunicazione. Spendere insieme ci farebbe spendere meno e meglio E però bisogna capire che invece su alcune cose serve una deregolamentazione europea. Sull’industria invece è necessario al più presto un cambio: le scelte accecate dall’ideologia green stanno distruggendo la nostra competitività: lo dice timidamente anche il rapporto Draghi. Noi lo dicevamo già in tempi non sospetti e con un sovrappiù di coraggio”.
Monti dice anche che c’è “una cartina tornasole” per dimostrare se fate sul serio o no: superare il diritto di veto sulle scelte di politica estera. “Ecco – dice Procaccini – su questo non possiamo essere d’accordo con lui. La sua è un’idea federalista, rispettabile, ma che non condividiamo. Sulle scelte importanti bisogna essere tutti d’accordo, costa fatica, ma è giusto così: l’Europa è una confederazione di popoli, tutti devono essere rappresentati dalle decisioni prese. Anche perché penso si contino sulle dita di una mano le scelte che questo meccanismo dell’unanimità ha ostacolato. Anche sulle sanzioni alla Russia, sono saltati due consigli europei, ma al terzo anche Orban ha votato con tutti”