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Il caso

Difendere le schifezze di Raimo, per difendere il nostro diritto di parola

Carlo Stagnaro

Stiamo parlando della manifestazione di un pensiero espresso da un cittadino nei confronti di chi detiene pro tempore il potere. E tra gli oneri del potere, c’è anche quello di essere occasionalmente insultati, a torto o a ragione

Solidarietà a Christian Raimo, sanzionato con la sospensione per tre mesi e il dimezzamento dello stipendio da docente nella scuola pubblica per aver espresso critiche dure, volgari e a tratti violente vero il ministro della Pubblica istruzione, Giuseppe Valditara. Persino il mio amato Foglio casca nel tranello di vederla come una faccenda legata “a quel linguaggio d’odio sempre denunciato e stigmatizzato dalla sinistra, ma evidentemente solo se a usarlo sono altri, ‘le destre’, i Vannacci”. In un certo senso l’analisi è corretta, ma le conseguenze da trarne sono diametralmente opposte: gli epiteti rivolti da Raimo a Valditara – “cialtrone, lurido, repressivo e pericoloso” – sono certamente offensivi; il paragone con la Morte Nera da annientare suona minaccioso.

 

Ma non stiamo parlando di un alterco tra vicini di casa: è la manifestazione di un pensiero, magari odioso, espresso da un cittadino (per giunta attivo in politica, e intervenuto in un contesto politico quale un evento di partito) nei confronti di chi detiene pro tempore il potere. E tra gli oneri del potere, c’è anche quello di essere occasionalmente insultati, a torto o a ragione, specie se i cittadini lo fanno al di fuori della propria sfera professionale (cioè, nel caso di specie, fuori dalla scuola). Pretendere di tracciare una linea tra gli insulti ammissibili e quelli inammissibili è pericolosissimo, perché il compito di farlo spetta proprio a chi occupa posizioni di autorità.

 

E’ troppo facile difendere la libertà di parola solo quando riguarda opinioni con cui concordiamo o personaggi per cui proviamo simpatia. La libertà di parola è invece importante, necessaria e fondamentale soprattutto per gli altri: per chi ci è più distante. Per esempio, quanti dei crociati per la libertà di parola di Raimo hanno alzato un dito per il professor Marco Bassani, sanzionato dalla sua ex università per aver condiviso su Facebook un meme contro Kamala Harris? Il loro silenzio allora li rende poco credibili oggi. Nello straordinario film dedicato alla vicenda dell’editore pornografico Larry Flynt, il regista Milos Forman fa dire al protagonista: “se il primo emendamento protegge uno schifoso come me, allora proteggerà anche tutti voi, perché io sono la feccia”. Se non abbiamo il coraggio di difendere la libertà di uno come Raimo di pronunciare parole schifose come quelle che ha detto, allora stiamo rinunciando, senza accorgercene, al diritto di difendere la libertà di parola di tutti noi.

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