Legge di Bilancio

La Lotito tax. Forza Italia tassa le bigh tech, ma colpisce Mediaset. Emendamento riscritto

Carmelo Caruso

Continua l'assalto di FI alla manovra, un emendamento di Gasparri, pensato da Lotito, si rivela un boomerang per le tv. Riformulato rischia di rivelarsi un contenzioso giuridico ed europeo

Roma. Cancellano la web tax, inventano la Lotito tax. L’ultima trovata dei Milton Friedman di Forza Italia? La tassa per punire “i mostri”, le big tech, che si ritorce contro i cari amici, Mediaset. Cosa propone la Scuola di Chicago di Tajani? Una tassa sull’uso della rete. L’idea: facciamo versare un contributo ai giganti e giriamolo agli operatori telefonici per la manutenzione della rete. L’emendamento è di Gasparri, l’idea è di Lotito, e fa parte del dl Fiscale collegato alla legge di Bilancio. Problema? Quale criterio usare? Paga chi produce più traffico. E chi produce di più? I vecchi brodcaster, Rai, Mediaset. Direbbe il latinista Lotito: è un busillis, ma mutatis mutandis si può expedire quaestionem.


Siamo in tempi di manovra, di emendamenti e Forza Italia è il partito della pecetta. La deputata Erica Mazzetti, propone il ritorno al super-ecobonus del 65 per cento, l’altro emendamento certo riformula la web tax, la tassa ammazzagiornali. Era la tassa voluta da Giorgetti, anche questa, per punire i colossi, Amazon, Google, ma scritta con tanta fretta, troppa, al punto che avrebbe penalizzato i quotidiani di Angelucci (ne ha scritto il Foglio) i giornali web. A destra ognuno ha i suoi mostri, i suoi adorabili nemici. Salvini ha “le zecche”, Meloni i giudici che le smontano i decreti albanesi, ma a Forza Italia cosa resta? Restano i colossi del web che sono più imprendibili dei neuroni di Musk, lo svalvolato.

 

Il Milton Friedman di FI è il senatore Lotito. Il ministro per i Rapporti con il Parlamento, Ciriani, un friulano rigoroso che la sera legge Musil, quando lo vede arrivare, quando deve trattare con lui, sbianca e inizia a cantare sottovoce: “Fischia il vento, arriva la bufera”. Lotito per partito preso ce l’ha con tutte le televisioni (a eccezione di Mediaset) che non sganciano denari alla sua Lazio. Direbbe sempre Lotito: il metodo è sinestesia. Quando sente big tech dice: Famoje pagare tutto.

 

Ecco fuori questa leggina, sotto forma di emendamento che gli operatori chiamano “network tax”. Non è la prima volta che ci si prova. E’ un vecchia questione che va avanti da 12 anni. Gli operatori telefonici, fra cui Tim, lamentano di dover farsi carico dei costi di manutenzione dell’infrastruttura. I giuristi ribattono: e però gli investimenti destinati alla rete sono pubblici e li ricevete in forma diretta e indiretta. Ed ecco la successiva obiezione: se si introduce una tassa sull’uso della rete, il passo successivo è la fine della neutralità della rete. Insomma, un cortocircuito. A generare maggior traffico è lo streaming. Significa piattaforme, ma significa anche Dazn e significa anche Rai e Mediaset. Nel 2022-2023 c’è stata una consultazione della Commissione europea per ragionare sull’introduzione della tassa ed è finita con un nulla di fatto. I

 

n Italia, un altro sodale di Lotito è il ministro Urso, il ministro delle Imprese e del Made in Italy, il ministro dell’italianità (ricordiamo sempre alla posterità che ha chiamato il suo cane in inglese, Ice, ghiaccio e che guida un’automobile straniera). Urso che è più sottile di Lotito, che chiede la Lotito tax, pensa: con la tassa aiutiamo Tim. Peccato che il principale azionista di Tim sia la francese Vivendi (Fazzolari, dove sei? Ti vogliamo bene, credici. Bacetto).

 

L’arciamico di Urso, il sottosegretario di FdI, Butti, con delega all’Innovazione, ha già spiegato che la network tax è tema superato. Ma Lotito è un uomo all’antica, vir illustris. Forza Italia ha bisogno di vendersi qualcosa in campagna elettorale. Cosa c’è di meglio che dire: “Abbiamo spezzato le reni alla Silicon Valley”? Nasce la pecetta. La prima, al dl Concorrenza, l’ha presentata il deputato di FI, Squeri (insieme a Dara della Lega, e Milani di FdI) ma è stata dichiarata inammissibile per incompatibilità di materia. A quel punto è scesa in campo l’accademia. E’ intervenuto Gasparri che ha presentato l’emendamento al dl Fiscale. Ammissibile. Non solo. Segnalato, ovvero non si tocca. Per fortuna qualcuno, a Cologno Monzese, avrà sgranato gli occhi. Se l’unità di misura è il traffico generato, a pagare devono essere anche le tv. Ahi. Ahi. La soluzione? L’emendamento Gasparri viene riformulato con questa preziosa nota: dalla tassa sono esclusi i fornitori dei servizi media audiovisivi e radiofonici. Le tv. Come è già accaduto con la web tax, che verrà riscritta, si fa presto a dire tassiamo.

 

Per alzare l’aliquota alla big tech serve l’accordo dell’America, mentre la Lotito tax apre una serie di domande: chi si abbona agli operatori telefonici acquista anche il diritto di vedere contenuti in streaming, articoli, video. Quei contenuti chi li ha prodotti? Si passa alla grande questione del diritto d’autore. Se lo stato destina un contributo agli operatori telefonici, gli operatori telefonici non dovrebbero a loro volta remunerare chi ha generato i contenuti online? Busillis di Lotito, l’Angelo Rizzoli della Cassia, il protoeditore, che desidera rendere edotta l’Italia con i giornali e che ricorda: “Io non sono tecnologico: io sono amanuense”. Lotito tax: la tassa scritta con l’inchiostro simpatico.

 

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  • Carmelo Caruso
  • Carmelo Caruso, giornalista a Palermo, Milano, Roma. Ha iniziato a La Repubblica. Oggi lavora al Foglio