Il colloquio

"Su Fitto il Pd sbaglia, Schlein ascolti Mattarella". Parla Casini

Gianluca De Rosa

“In un momento cruciale per l'Europa così i socialisti spingono Ecr verso gli estremisti di destra e bloccano la svolta Ue", dice il senatore

 “Non condivido la posizione del Pd che dice: Fitto può fare il commissario, ma non il vicepresidente perché rappresenta Ecr. In realtà lui è stato ineccepibile dicendo: io non rappresento né un partito, né uno stato, rappresenterò l’Europa”. Pier Ferdinando Casini, vecchia volpe democristiana e senatore indipendente del Pd, invita Elly Schlein a ragionare sullo stallo alla messicana che si è creato a Bruxelles sui vicepresidenti esecutivi della nuova Commissione von der Leyen. “Con questa posizione – spiega – i socialisti da un lato rischiano di spingere Ecr tra le braccia dell’estrema destra, dall’altro rischiano di costringere il partito popolare a gestire davvero una maggioranza variabile che li rende meno rilevanti, esattamente quello che vorrebbero evitare. In entrambi i casi perdono: è una soluzione lose-lose, un fallo di reazione autolesionista”.


In qualche modo anche il presidente della Repubblica Sergio Mattarella ha mandato un segnale. Ieri sera ha ricevuto Fitto al Quirinale e gli ha fatto gli  auguri per, citiamo la nota del Colle, “l'affidamento dell'incarico – così importante per l'Italia – assegnatogli dalla Presidente von der Leyen nell'ambito della Commissione dell'Unione europea”.Un invito al Pd. Lo ascolteranno? “Ancora una volta Mattarella ha svolto con grande autorevolezza un ruolo di supplenza. Speriamo tutti gli diano retta”, dice Casini. “Purtroppo – aggiunge il senatore – finora hanno prevalso logiche nazionali: in Italia, anche per colpa della maggioranza ossessionata dalla sindrome di un assedio che non c’è, il clima è talmente avvelenato che in questo momento difficilmente si fanno scelte istituzionali corrette. Sul tema di Fitto però c’è poco da fare diplomazie: o lo si vota o no, cosa vuol dire voltarlo come commissario ma non come vicepresidente?”.


Speculare al veto socialista su Fitto, a completare lo stallo bruxellese, c’è quello dei popolari sulla  vicepremier spagnola Teresa Ribera, vicepresidente esecutiva incaricata con deleghe alla Transizione e alla Competitività. “Non c’è dubbio infatti che su questo stallo la responsabilità sia condivisa”, riconosce Casini. “Anche nel caso di Ribera prevalgono logiche interne sbagliate: i popolari spagnoli vorrebbero che sia prima ascoltata dal loro Parlamento dove vorrebbero metterla sotto accusa per quanto accaduto a Valencia. Sbagliano loro come i socialisti su Fitto,  il rischio è un cataclisma generale, anche perché in Europa è difficile immaginare un governo tecnico all’italiana. Le variabili impazzite sono talmente tante che, come capita quando si gioca troppo, si riparte dal punto di partenza: qui ormai non è più in discussione Fitto o la Ribera, è in discussione tutta la Commissione. O il puzzle si compone e la von der Leyen, che ha fatto una squadra a sua immagine e somiglianza, riesce a garantire i voti ai vicepresidenti oppure si riparte da zero, si azzera anche la sua guida”. Tutto questo mentre il ritorno alla Casa Bianca di Donald Trump pone diverse incognite nel rapporto tra Usa ed Europa. “Esatto – conferma Casini – siamo in una fase nella quale l’Europa sarebbe chiamata a dare prova di maturità: con il ritorno di Trump, non solo sotto il profilo militare, ma anche sotto quello commerciale, vedi i dazi, o  usciamo da una fase di infantilismo oppure non sopravviviamo. Come dice Macron ‘in un mondo di carnivori non c’è spazio per gli erbivori’”. Nel suo rapporto sulla competitività europea lo dice anche Mario Draghi: è il momento di scelte non più rinviabili. “E’ così, siamo in un momento clou: io sono sempre un ottimista e spero che dai rischi per l’Europa che l’amministazione Trump genera l’Unione sia spinta a una maggiore unità sulla politica estera e di difesa che sprigioni le sue virtù. Purtroppo però se il buongiorno si vede dal mattino… O si chiude questa vicenda della commissione o a crisi potenziali se ne aggiunge una immediata. In passato poi le audizioni dei commissari avevano lo scopo di valutare le persone, questa volta contano solo le logiche politiche. E così invece di andare avanti andiamo indietro come i gamberi. Anche Meloni rischia di pagare i suoi tatticismi. Con il non voto alla von der Leyen guardava Oltreoceano… E da quel punto di vista è stata abile, ma allo stesso tempo ha aperto una contraddizione europea”.