La giornata in piazza

La scuola, i cortei, la violenza. Parla l'ex ministra Fedeli

Scontri, agenti feriti, mani e manifesti raffiguranti premier e ministri imbrattati si sangue

Marianna Rizzini

Esiste un antidoto al clima d'odio? Nelle scuole "si sta abbandonando lo studio della storia contemporanea, antidoto contro la semplificazione e la mancanza di complessità", dice la dirigente del Pd,

Una giornata di sciopero docenti e cortei studenteschi, questi ultimi dal doppio titolo evocativo di “No Meloni day” e “Vogliamo potere”, con un innesto di manifestazioni pro Pal e un bilancio preoccupante: a Torino un ordigno artigianale urticante è stato lanciato dagli studenti contro la polizia, ferendo diciannove agenti, quindici dei quali sono finiti in ospedale con un’intossicazione da cloro. E ancora: mani imbrattate di rosso e manifesti con volti insanguinati di premier e ministri, un fantoccio raffigurante il ministro dell’Istruzione Giuseppe Valditara bruciato in piazza e slogan come “Valditara a testa in giù”. E le rivendicazioni studentesche più pacifiche della vigilia – “istruzione pubblica gratuita e accessibile, svincolata da interessi privati”; “tutela del benessere psicologico nelle scuole”; “sistema di rappresentanza che dia agli studenti reali possibilità di decidere” – ieri annegavano nelle polemiche su scontri e slogan.

 

E se è vero che la segretaria del Pd Elly Schlein esprimeva “solidarietà e vicinanza agli agenti” e condanna della “violenza intollerabile”, è anche vero che, una settimana fa, a Bologna, andavano in scena in piazza scontri e contrapposizioni verbali d’antan (“zecche rosse” e “camicie nere”). Ci si chiede se si possa fare qualcosa per riportare la contrapposizione di idee nell’alveo della dialettica democratica. La scuola e i corpi intermedi, partiti in primis, hanno un ruolo nel prevenire e nell’impedire degenerazioni e semplificazioni aggressive? Ne parliamo con Valeria Fedeli, ex ministra dell’Istruzione nel governo Gentiloni, già sindacalista e già senatrice dem. Premettendo che “la protesta deve essere pacifica e non deve mai tollerare episodi di violenza e sopraffazione”, dice l’ex ministra, “fa riflettere intanto, nei giorni in cui in Parlamento si discute la legge di Bilancio, la quasi totale assenza, nei cortei, di rivendicazioni di tipo per così dire economico, in favore di altri temi e altri slogan”. Slogan spesso rivolti alla politica estera, slogan tranchant, con derive antidemocratiche e antisemite (intanto a Milano si assiste al rifiuto di un esercente di proiettare il film sulla vita di Liliana Segre, per paura di ritorsioni). “La cosa preoccupante, anche causa di molte semplificazioni pericolose nei cortei studenteschi”, dice Fedeli, “è l’abbandono diffuso dello studio della storia contemporanea. Uno può pensarla come vuole, ma la conoscenza approfondita della Shoah e di come è nato lo stato di Israele, e quindi anche delle questioni che riguardano i diritti dei palestinesi, è imprescindibile, se si vuole fermare questa deriva. Bisogna ridare valore alla conoscenza oggettiva della storia. La scarsa conoscenza porta all’intolleranza della diversità e alla perdita di complessità – principio cardine della cultura democratica. E, come ha scritto Massimo Gramellini sul Corriere della Sera, a proposito dell’albergatore del Cadore che ha cancellato la prenotazione di una coppia israeliana, come se i comuni cittadini fossero personalmente responsabili degli atti del governo,  ‘tira una brutta aria’. E questo è anche frutto di ignoranza, mentre la scuola dovrebbe essere il luogo dove l’ignoranza lascia spazio all’approfondimento, allo scambio di idee, allo studio dei fatti, prima di tutto”.

 

L’ex ministra Fedeli ha anche l’impressione che “a scuola si legga sempre meno la nostra Costituzione”, e che sempre meno ragazzi “abbiano davvero a mente l’articolo 3, base del principio di non discriminazione”. La confusione e il clima di odio, dice Fedeli, “sono alimentati anche dalla grande superficialità e ambiguità nel dibattito pubblico. La polarizzazione nei talk-show, spesso pregiudiziale e senza approfondimento, quindi senza conoscenza, è figlia di questa brutta abitudine. Bisognerebbe invece invadere il web e la tv di buona informazione, contrastare ogni singola sparata sui social, che sono poi i canali dove si informano gli studenti. A volte la famiglia supplisce, fornendo strumenti di conoscenza che possano aiutare a sviluppare una mentalità critica, spesso no”. Ci sono anche i partiti, tra i corpi intermedi: “I partiti”, dice Fedeli, “mi paiono lontani, purtroppo, dalla comprensione del reale e dalla promozione di  approfondimento, studio e dibattito tra i cittadini che si avvicinano alla vita politica”. Le conseguenze le vediamo in piazza: “Contrapposizione violenta tanto per schierarsi, e ondate di intolleranza anche dentro quello che dovrebbe essere il tempio della conoscenza, l’Università”. 

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  • Marianna Rizzini
  • Marianna Rizzini è nata e cresciuta a Roma, tra il liceo Visconti e l'Università La Sapienza, assorbendo forse i tic di entrambi gli ambienti, ma più del Visconti che della Sapienza. Per fortuna l'hanno spedita per tempo a Milano, anche se poi è tornata indietro. Lavora al Foglio dai primi anni del Millennio e scrive per lo più ritratti di personaggi politici o articoli su sinistre sinistrate, Cinque Stelle e populisti del web, ma può capitare la paginata che non ti aspetti (strani individui, perfetti sconosciuti, storie improbabili, robot, film, cartoni animati). E' nata in una famiglia pazza, ma con il senno di poi neanche tanto. Vive a Trastevere, è mamma di Tea, esce volentieri, non è un asso dei fornelli.