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L'editoriale del direttore

Antifascisti su Marte. Se al fianco degli ebrei resta solo la destra

Claudio Cerasa

Il paradosso dell’antisemitismo, combattuto sempre meno dagli antifascisti e sempre di più dai suoi nemici. Ma una sinistra che si è ridotta ad avere un’agenda politica sovrapponibile a quella di chi alimenta l’intifada non asseconda forse un nuovo fascismo?

C’è stato un tempo, non troppo remoto, un tempo dominato prima dalla grammatica pasoliniana e poi dal paradosso pannelliano, in cui le parole “fascismo” e “antifascismo” riuscivano a coesistere pacificamente all’interno di una stessa frase, di una stessa espressione, grazie a una formula magica tanto efficace quanto abusata nel tempo: il fascismo degli antifascisti. Il fascismo degli antifascisti sapete tutti cos’è: è l’utilizzo di strumenti, di metodi, di approcci e di idee illiberali per provare a combattere ogni traccia di fascismo presente nella nostra società in nome della difesa della libertà. “In tutta questa vostra storia antifascista – disse Marco Pannella nel gennaio 2004 – non so dove sia il guasto maggiore: se nel recupero e nella maledizione di una cultura violenta, antilaica, clericale, classista, terroristica e barbara per cui l’avversario deve essere ucciso o esorcizzato come il demonio, come incarnazione del male; o se nell’indiretto, immenso servizio pratico che rende allo Stato d’oggi e ai suoi padroni, scaricando sui loro sicari e su altre loro vittime la forza libertaria, democratica, alternativa e socialista dell’antifascismo vero”.

     

Anni dopo, anni dopo grandi e sofisticati dibattiti sul tema reale del fascismo dell’antifascismo, vi è un’altra combinazione tra due parole apparentemente incompatibili che meriterebbe di essere messa a fuoco ed è una combinazione non meno inquietante e non meno imbarazzante della prima: l’antifascismo dei fascisti. I fascisti in questione, detto a volte in senso lato e a volte in senso più letterale, hanno l’immagine, l’aspetto e il profilo di un incredibile paradosso politico che ha contribuito a creare un cortocircuito con cui prima o poi bisogna fare i conti. Il punto è semplice: in giro per il mondo, quando si parla di lotta contro l’antisemitismo, capita con sempre maggiore frequenza di trovare sempre meno antifascisti tradizionali interessati a difendere il popolo ebraico, e Israele, e sempre più nemici degli antifascisti tradizionali, sempre più politici di estrema destra pronti a difendere in modo netto la causa di Israele, la causa del popolo ebraico e le guerre combattute in medio oriente da Israele contro il terrorismo islamista.

   

E’ stato Geert Wilders, in Olanda, il primo a usare parole molto forti per denunciare il pogrom olandese, grazie al cielo poi denunciato non solo dall’estrema destra ma da tutto l’arco costituzionale europeo. E’ stato Donald Trump, negli Stati Uniti, ad aver mandato in visibilio il governo israeliano, anche se poi la percentuale di ebrei americani che ha votato per Harris (78 per cento, secondo la Nbc) è stata molto più alta di quella che ha votato per Trump (22 per cento) e anche se poi lo stesso Trump assecondando il suo complottismo ha scelto per la carica di procuratore generale Matt Gaetz, così amico di Israele, e del popolo ebraico, da aver invitato nel 2018, da membro del Congresso, un negazionista dell’Olocausto come ospite al discorso sullo stato dell’Unione, tale Charles Johnson, mesi dopo che lo stesso  Johnson dubitò del fatto che sei milioni di ebrei fossero stati uccisi nell’Olocausto. E la stessa Marine Le Pen, il cui partito anche nel recente passato è stato un ricettacolo di fascisti antisemiti, ha provato a mettere in imbarazzo l’estrema sinistra francese partecipando già a novembre del 2023 a una grande marcia contro l’antisemitismo.

 

Il paradosso è evidente. Alla base dell’antifascismo più genuino c’è il tentativo di combattere politicamente tutti coloro che possono rappresentare una minaccia per gli ebrei e fino a qualche tempo fa la narrazione antifascista per inchiodare un fascista cercava un modo utile per dimostrare che quel fascista è così fascista da essere oltre che razzista anche antisemita.

 

Oggi la sinistra antifa non considera più come un tempo la difesa degli ebrei come un elemento prioritario nell’agenda dell’antifascismo – i giovani democratici, in Italia, tanto per fare un esempio, hanno appena accusato Liliana Segre di non essere una vera antifascista per via della sua difesa di Israele – e dal Sette ottobre a oggi non sono stati pochi i casi in cui i difensori autoproclamati degli ebrei di ieri si sono trasformati nei persecutori degli ebrei di oggi. Il risultato è il cortocircuito di fronte a cui ci troviamo oggi. L’odio nei confronti di Israele coltivato da un pezzo rilevante dell’internazionale progressista, odio che deriva dalla trasformazione miope di Israele non in un avamposto dell’occidente ma in un simbolo dei peccati dell’occidente, ha reso la difesa degli ebrei, in tutto il mondo, un valore sempre più negoziabile (se sei un ebreo e vieni picchiato è perché con la tua difesa di Israele un po’ te la sei cercata) e il disinteresse mostrato da un pezzo importante della sinistra rispetto al tema della difesa degli ebrei ha offerto così all’estrema destra qualche argomento solido per impossessarsi all’interno del dibattito pubblico di un argomento che dovrebbe essere caro a ogni categoria di antifascista.

   

E’ un effetto ottico, naturalmente, è una maschera, è un’impostura, ed è evidente che a un estremista di destra non basta dirsi a favore di Israele e degli ebrei per potersi dire antifascista, e nella maggior parte dei casi gli estremisti di destra che difendono Israele, e anche gli ebrei, lo fanno non perché considerano Israele il simbolo di tutto ciò che l’occidente dovrebbe difendere, per proteggere se stesso, ma solo perché Israele combattendo il terrorismo islamico è anche il più grande nemico giurato dell’islam fondamentalista, e l’amore dell’estrema destra nei confronti di Israele deriva da questo elemento, non da altro, deriva dalla volontà di trasformare Israele in un simbolo di ciò che non è, ovvero della lotta contro l’immigrazione, della lotta contro l’islam, della lotta contro l’invasione degli arabi in Europa.

   

Il caso dell’AfD, per dire, è clamoroso: un partito ostaggio ancora di un pensiero nazionalsocialista, a volte persino marcatamente nazista, a volte persino marcatamente antisemita, che sceglie di aderire alla battaglia in difesa di Israele, solo ed esclusivamente per trovare giustificazioni creative per sostenere la legittimità della propria agenda islamofoba e anti immigrazione e solo ed esclusivamente per demonizzare gli arabi e gli islamici che vivono in Germania. Ma l’effetto ottico esiste, esiste in giro per il mondo, e vedere schierati in giro per il globo a difesa degli ebrei e contro i nemici dell’intifada globale i partiti di estrema destra dovrebbe spingere l’internazionale democratica e progressista a porsi una domanda semplice: ma una sinistra che si è ridotta a difendere gli ebrei solo quando sono minacciati dall’estrema destra, una sinistra che si è ridotta ad avere un’agenda politica sovrapponibile a quella di chi alimenta l’intifada, è una sinistra che difende il vecchio antifascismo o è una sinistra che asseconda un nuovo fascismo? Diceva Filippo Turati, storico socialista, che le libertà sono tutte solidali: non se ne offende una senza offenderle tutte. Valeva per la libertà ieri, vale per l’antifascismo oggi.

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  • Claudio Cerasa Direttore
  • Nasce a Palermo nel 1982, vive a Roma da parecchio tempo, lavora al Foglio dal 2005 e da gennaio 2015 è direttore. Ha scritto qualche libro (“Le catene della destra” e “Le catene della sinistra”, con Rizzoli, “Io non posso tacere”, con Einaudi, “Tra l’asino e il cane. Conversazione sull’Italia”, con Rizzoli, “La Presa di Roma”, con Rizzoli, e "Ho visto l'uomo nero", con Castelvecchi), è su Twitter. E’ interista, ma soprattutto palermitano. Va pazzo per i Green Day, gli Strokes, i Killers, i tortini al cioccolato e le ostriche ghiacciate. Due figli.