Il racconto

C'era Beppe Sala, perde l'Anci, fa l'indignato, a Milano si scalda Majorino. L'azzardo di De Luca

Carmelo Caruso

La parabola del sindaco di Milano, da canidato a tutto, a indignato. L'Anci va a Manfredi, Lepore conquista posizioni, i riformisti si accordono con Schlein che ne fa fuori un altro. Resta solo De Luca che ragiona sulle dimissioni anticipate

Fuori un altro. C’era  Beppe Sala. L’Anci va al sindaco di Napoli, il prossimo candidato del Pd a Milano sarà il baffo di Schlein, Majorino. Il nord? Per la sinistra è Bologna. Sala, per non metterci la faccia, non sfidare Manfredi, stava per farla perdere a Lo Russo, di Torino, suo candidato alla guida dell’Anci, ritirato (con premio). Matteo Lepore, il bolognese ghostbuster di camicie nere, farà il coordinatore dei sindaci metropolitani al posto di Sara Funaro, sindaca di Firenze. Nel Pd, bis-vittorioso, Umbria ed Emilia-Romagna, vinte (complimenti), resta solo Vincenzo De Luca che vuole, idea di queste ore, dimettersi  per ricandidarsi, subito. Schlein è Mina e Franceschini, Celentano: al Pd acqua e Sala gli fa bere.


La prossima mostra della Triennale di Milano (andatevi a vedere Gae Aulenti ed Elio Fiorucci) non potrà che essere curata da Luigi Di Maio. Titolo: “Sala: architetture, paesaggi e rovine”, una retrospettiva. Si contano almeno tre partiti che il sindaco di Milano avrebbe dovuto guidare e si ricorda ancora uno scatto, alla Mapplethorpe, la fotografia d’epoca. Era il gennaio 2022 e a casa Sala, l’attico delle grandi speranze, veniva annunciato da Di Maio e Sala, con tanto di indiscrezione (veicolata): “Nasce un progetto per aggregare”. Il Sala della giovinezza era il naturale leader del partito dei sindaci, il Sala della maturità era l’indiscusso segretario del partito verde (che poi quello degli alberi non era lui, ma l’architetto Stefano Boeri) mentre il Sala dell’età adulta era il garante del Terzo Polo. L’ultimo Sala (siamo già al quarto mandato) è il sindaco che ha ingaggiato una battaglia con il monopattino: sul monopattino ha fatto salire il collega Lo Russo: “Vai, io sono con te”. Tra poche ore si elegge, a Torino, il presidente dell’Anci e Sala era il paladino dei sindaci del nord: “Basta sud”. L’ultimo a guidare l’Anci è stato Decaro che aveva  fatto sapere: “Io sto con Manfredi”. Quando Goffredo Bettini ha incoronato Manfredi, tramite intervista, Sala infuriato, con altrettanta intervista sul Corriere della Sera, si è ribellato: “Basta, la presidenza Anci non si può decidere a casa Bettini”. Orgoglio meneghino. Nel Pd, riformista, per un momento si è pensato: “Sala si candida e sfida Manfredi. Bumbum”. Eh no. Sala chiama Lo Russo, sindaco  e gli dice: “Corri, corri, tu” e Lorusso accetta di correre da hidalgo. Peccato che i numeri sono numeri e a Milano con i  numeri non si scherza. Domenica sera, quando si capisce che Lo Russo non può battere Manfredi, al punto da rischiare di essere maltrattato nella sua città, figuraccia, i riformisti del Pd si accordano. Ricevono la telefonata del Taruffi, il Fazzolari di Schlein (ed è un complimento per Taruffi) che propone l’elisir acqua e Sala. Lo Russo lo mandano in segreteria Pd, ma Schlein si prende tutto. Per cominciare chiede per Lepore, ghostbuster di camicie nere, il coordinamento dei sindaci metropolitani Anci (la carica che chiedeva Firenze, per la sua sindaca Pd, Funaro). L’altra carica, il coordinatore delle città medie Anci, di buon grado viene prenotata per Possamai, il sindaco di Vicenza, uno che ci pensa tre volte prima di parlare di vicende nazionali. L’altra carica, la più importante, la vicepresidenza di Manfredi a chi? Chi meglio di Mattia Palazzi, sindaco di Mantova, il riformista della finestra accanto di Sala? In questo kamasutra nord-sud, il sottosopra è un altro ancora. Sala, che è contro i sindaci del sud (o meglio contro Manfredi) in questa partita era alleato di De Luca che è contro l’autonomia del nord (ma contro il suo vicino Manfredi). Raccontano che De Luca abbia chiamato il leghista  Fedriga per fermare Manfredi. Peccato che la Lega da questa spartizione Anci, con Schlein, abbia solo da guadagnare. Con Manfredi, il Pd si intesta le ragioni del sud, no all’autonomia, e la Lega, con Calderoli e Attilio Fontana, che sono tornati a gridare “Padania libera!”, si prende quelle del nord. Tutti contenti. Lo è anche FdI che punta alla vicepresidenza vicaria Anci per Pierluigi Biondi, sindaco dell’Aquila. Sala, che è alla fine del suo secondo mandato, e al quarto da leader di fanta-partiti, ha pensato che il minimo che gli spetta è indicare il nome del suo successore e ha proposto Mario Calabresi. Il Pd di Milano che è il maniero di baffo Majorino (Giuli ha lanciato i basettoni, ma il Pd risponde con il baffo doppio, Majorino, Ruotolo, e con il doppio pizzo Taruffi e Gaspare Righi) dice già che “Pier è il naturale candidato sindaco” e che “l’unico grande sindaco di Milano  è stato Pisapia”. De Luca ci mette la faccia, a Sala non resta che la schiuma (dicono che, indignato, a Torino, non  andrà; anche lui fa l’Aventino). Acqua e Sala, una canzone. Il riformismo da barberia.  

 

  • Carmelo Caruso
  • Carmelo Caruso, giornalista a Palermo, Milano, Roma. Ha iniziato a La Repubblica. Oggi lavora al Foglio