il caso

Perché Landini si merita un richiamo dal Colle

Luciano Capone

Il capo della Cgil delegittima governo e Parlamento, autoproclamandosi leader di piazza della “maggioranza del paese”. Parole false nei numeri, perché i sindacati hanno una scarsa rappresentanza, ma pericolose per la democrazia soprattutto dopo l'incitamento alla "rivolta sociale" in vista dello sciopero generale

Chissà se il presidente della Repubblica Sergio Mattarella, dopo il messaggio rivolto a Elon Musk per i suoi attacchi ai giudici italiani, si sentirà in dovere di fare un richiamo anche a Maurizio Landini. L’escalation verbale del segretario della Cgil, per dare carburante allo sciopero generale del 29 novembre, continua a intensificarsi. Non più solo con l’incitamento alla “rivolta sociale”, ma con dichiarazioni che negano i princìpi costituzionali e le fondamenta istituzionali della Repubblica.

Intervistato dal Corriere della Sera, Landini dice in sostanza che il governo e il Parlamento non hanno la legittimità per fare la legge di Bilancio come vogliono: “Visto che il governo, che ha la maggioranza in Parlamento ma non nel paese, va avanti senza ascoltare chi rappresenta la maggioranza del paese, lo sciopero va esercitato”. Non solo delegittima il ruolo del potere esecutivo e legislativo, ma Landini si autoproclama rappresentante extraparlamentare della volontà generale. “Il sindacato rappresenta tutti i lavoratori e i pensionati”, dice il leader della Cgil, aggiungendo che “il governo non ha la maggioranza nel paese e non è autorizzato a mettere in discussione i diritti di lavoratori e pensionati”. A meno che non “negozi” la finanziaria con la Cgil e la Uil  che rappresentano “la maggioranza del paese”.

Le parole sono gravi sul piano costituzionale, perché mettono in discussione le istituzioni di una democrazia parlamentare, ma sono oltretutto false perché, mentre negano il ruolo del governo, sovrarappresentano il peso del sindacato nella società. La tesi di Landini, già ribadita in varie occasioni, è che il governo Meloni non rappresenta la maggioranza, perché il centrodestra ha ricevuto alle elezioni circa il 44% dei voti (12,3 milioni), per giunta con un’affluenza del 64% (29,4 milioni). Se si considera l’intero corpo elettorale (46 milioni), il centrodestra ha l’appoggio del 27% degli italiani. È un ragionamento che non ha alcun senso, naturalmente, perché la Costituzione attribuisce il potere esecutivo al governo e quello legislativo al Parlamento a prescindere dall’affluenza, per giunta specificando che “ogni membro del Parlamento rappresenta la Nazione”. Ma, soprattutto, dimostra la sua fragilità logica se viene applicato al sindacato e all’affermazione di Landini secondo cui la Cgil e la Uil, che hanno indetto lo sciopero generale, rappresentano “la maggioranza del paese” e “tutti i lavoratori e i pensionati”.

Sono due affermazioni completamente false. Gli iscritti alla Cgil, secondo gli ultimi dati disponibili, sono 5,1 milioni di cui 2,7 milioni “attivi” (lavoratori) e 2,4 milioni pensionati. Gli iscritti alla Uil sono, invece, circa 2 milioni di cui 1,45 milioni attivi e 550 mila pensionati. Vuol dire che i lavoratori iscritti ai sindacati guidati da Landini e Pierpaolo Bombardieri sono circa 4,15 milioni che, su un totale di circa 24 milioni di occupati, fa circa il 17% dei lavoratori. Mentre i pensionati iscritti a Cgil e Uil sono circa 3 milioni che, su un totale di 16,2 milioni, fa il 18,5% dei pensionati. Significa non solo che la Cgil e la Uil, contrariamente a ciò che dice Landini, non rappresentano “tutti i lavoratori e i pensionati”, ma che ne rappresentano una quota minoritaria e di gran lunga inferiore alla quota di italiani rappresentati dai partiti che in Parlamento sostengono il governo Meloni.

Ma, probabilmente, è vero il contrario: il centrodestra rappresenta non solo gli italiani in generale, ma anche nello specifico lavoratori e pensionati, più di Landini e Bombardieri. Tutte le analisi del voto, dopo le politiche del 2022 e le europee del 2024, mostrano che il partito di Giorgia Meloni è il più votato tra gli operai (39% FdI e 59% tutto il centrodestra, secondo Swg) e tra i dipendenti in generale (29% secondo YouTrend per Sky). Idem per i pensionati. Per giunta, mentre i voti dei partiti alle elezioni sono certificati, i tesserati dei sindacati sono autodichiarati. Sono pertanto numeri da prendere con le pinze. Secondo recenti studi di economisti, che hanno fatto elaborazioni sui microdati, il tasso di sindacalizzazione effettivo in Italia è di gran lunga inferiore a quello dichiarato. In base a questi numeri, usando il metro della rappresentanza di Landini, i contratti firmati da Cgil e Uil non dovrebbero avere valore erga omnes.

Se si guardano quindi i dati e la logica, le uscite di Landini sono semplicemente ridicole. Ma in realtà, se si presta attenzione al senso delle sue parole, prima con il richiamo alla “rivolta sociale” e poi alla piazza sindacale contrapposta al Parlamento come sede della volontà e sovranità popolare, sono molto pericolose. Più che da “L’uomo in rivolta” di Albert Camus, il libro che ha portato in dono a Meloni, Landini pare rifarsi al sindacalismo rivoluzionario e antiparlamentare di Georges Sorel – autore delle “Considerazioni sulla violenza”, ammiratore di Lenin e ispiratore di Mussolini – che vedeva lo sciopero generale come strumento di lotta anticapitalista e palestra antiliberale. Altro che Musk.

 

  • Luciano Capone
  • Cresciuto in Irpinia, a Savignano. Studi a Milano, Università Cattolica. Liberista per formazione, giornalista per deformazione. Al Foglio prima come lettore, poi collaboratore, infine redattore. Mi occupo principalmente di economia, ma anche di politica, inchieste, cultura, varie ed eventuali