L'intervista
Alemanno: “FdI ci lasci la fiamma, ormai è un partito moderato”
L'ex colonello di An: "Fu messa nel simbolo del partito soprattutto per opportunismo elettorale, toglierla adesso mostrerebbe quella che ormai è la vera natura politica di un partito conservatore e liberista, altro che destra sociale"
“Il problema che Ciriani ha posto in modo sincero a voi del Foglio esiste eccome: FdI oggi fa una politica che non ha nulla a che vedere con quella del Msi, ormai è una forza liberista e conservatrice che con quella tradizione non c’entra niente”. Gianni Alemanno, ex sindaco di Roma, ma soprattutto ex colonnello da An, ormai in rotta con Giorgia Meloni, è convinto che il superamento della fiamma da parte di FdI sia nelle cose. “Se viene interpretata con coerenza la trasformazione di FdI in un partito conservatore – dice – al posto della fiamma andrebbe messo il famoso leone dei conservatori inglesi, che infatti è anche il simbolo dell’Ecr, il gruppo europeo di FdI. Sarebbe una beffa suprema, ma sarebbe anche il destino giusto per la strada che il partito ha imboccato che oggi è incompatibile con quella destra sociale che la fiamma rappresenta”.
Non è che quella fiamma se la vorrebbe riprendere lei? “Ahah, io me la riprenderei di certo”, ride. “Scherzi a parte, da solo non ne avrei titolo. Per fare un ragionamento andrebbero coinvolte diverse persone: dalla Poli Bortone a Massimo Magliaro. Ma in ogni caso la fiamma appartiene alla fondazione di An. Non sarebbe quindi una cosa che dipenderebbe solo dalla nostra volontà. E d’altronde FdI la usa in base a una concessione specifica che fu fatta nel 2014 dalla Fondazione An. Se FdI l’abbandonasse tornerebbe nella disponibilità della fondazione”. Sta per accadere? Meloni è pronta a rinunciare alla fiamma? “Le dichiarazioni di Ciriani – risponde Alemanno – possono senza’altro essere viste come un carotaggio per testare la reazione del partito”. E come le pare sia andata? “Il dibattito che si è generato dentro FdI è stato fantascientifico. Rampelli in particolare è stato favoloso, ha detto: abbiamo cominciato senza fiamma, l’abbiamo presa per evitare che se ne appropriassero i colonnelli di An, e però ora sta là e anche se non è importantissima teniamocela. Nessuno ha fatto una difesa a spada tratta di quel simbolo, questo è molto significativo”.
Quindi la molleranno? “Guardi – dice Alemanno – Rampelli ricorda una cosa vera: FdI nasce senza la fiamma. Il problema si è posto quando qualcun altro volevano utilizzarla. A quel punto si capì che la fiamma non poteva semplicemente morire. E così per evitare di consegnare ad altri una presunta rendita di posizione è stata messa nel simbolo del partito, un po’ per effettiva tendenza ideologica, ma soprattutto per opportunismo elettorale. Non credo che Meloni ci tenga così tanto. Sono convinto che dentro FdI ci siano invece ancora tanti dirigenti che credono nella destra sociale, ma non hanno il coraggio di dirlo perché è un partito senza correnti e con una scientifica e quasi isterica cancellazione del dibattito interno. Una gestione talebana mai vista nella destra: nel Msi c’erano le correnti, congressi all’ultimo voto, in FdI non c’è mai stato un congresso vero. In ogni caso, viste queste premese, se Meloni vorrà togliere la fiamma lo farà, ma rischia di perdere voti. Quindi, salvo qualche novità politica, come una maggiore strutturazione del partito conservatore europeo, aspetterà per farlo”. Addirittura? La fiamma porta ancora tutti questi voti? “Io credo di si”, risponde Alemanno. “Non è solo un simbolo per chi è legato a quell’esperienza, toglierla sarebbe anche un segno: FdI mostrerebbe senza più ipocrisie la sua vera natura conservatrice e moderata, e questo può far perdere voti, anche oltre lo stretto cerchio di chi è legato personalmente a quel simbolo. D’altronde la politologia ci insegna che esiste il famoso catch all party, il partito piglia tutto, che cerca di mischiare ogni cosa per prendere più voti possibili. Meloni sta facendo questo. Dopo aver trasformato FdI in un partito di destra conservatrice, cerca comunque di prendere anche i voti degli elettori della destra sociale”.
Chi è rimasto secondo lei in questo schieramento? “In Europa senza’altro Orbán e la Le Pen che, nonostante abbia assunto posizioni più moderate, continua a guidare quello che di fatto è il partito degli operai francesi, mentre l’Afd tedesca ha posizioni liberiste. Fuori quello che propio non mi piace è Javier Milei, mentre per Trump le cose sono più complicate: da un lato c’è Musk che cita Milton Friedman, ma dall’altra c’è il suo vice J.D. Vance che in ‘Elegia americana’ fa un discorso da vera destra sociale: limiti al liberismo per aiutare il ceto medio impoverito. Quello che per adesso tiene ancora insieme tutti è il sovranismo: la difesa delle identità nazionali”.
La fiamma comunque è anche un simbolo neofascista: la fiaccola che arde sulla tomba di Mussolini. “Questa – dice Alemanno – è una ricostruzione molto dubbia dal punto di vista storico. In ogni caso una volta tolto il trapezio sotto, che secondo questa versione delle cose rappresenterebbe la tomba di Mussolini, FdI si è liberata da questa presunta interpretazione”.