Il Foglio Weekend
Svalvolati di tutto unitevi. Il carnevale che da Trump in giù ha preso la politica
Da Trump a Milei, passando per la sgangherata politica italiana di Bandecchi, il mondo è ormai dominato dalla "svalvolatezza". Un catalogo
E’ un grande momento per gli svalvolati, ammettiamolo. Per svalvolati intendiamo personaggi fuori dalle righe, istrionici, bizzarri, barocchi, autentici suonati o che magari non sono ma ci fanno; che magari un tempo si tenevano e ora invece si lasciano andare. E’ il loro tempo, il mondo è loro. La vittoria di Trump alle elezioni americane è un gigantesco Pride di svalvolati di ogni genere e tipo, che partendo dalla Casa Bianca si riverbera ad ogni latitudine nelle colonie, dove ogni paese anzi nazione ci mette il suo. Così il cast (meglio chiamarlo così) per la squadra di governo americana sembra ogni giorno una puntata della Corrida, con nuovi concorrenti strampalati che vanno e vengono in un alone sberluccicante tra la fantascienza e la commedia, tra un Telegatto e Bunuel. Sappiamo che ha appena lasciato la corsa Matt Gaetz, che doveva essere l’Attorney General cioè ministro della Giustizia, travolto dallo scandalo per incontri sessuali con minorenni, in realtà abbastanza composto (forse si è ritirato perché non abbastanza svalvolato). Rimangono innanzitutto Musk, di cui si sa tutto, e che sembra rappresentare un nuovo tipo di svalvolato, lo svalvolato simile a un cattivo di James Bond, con ciuffo e saltelli, e tutto il corollario hollywoodiano di razzi, auto elettriche, treni magnetici, insomma l’immaginario di un ragazzino cresciuto con Jules Verne e Asimov. Suo sodale nel nuovo costituendo “Dipartimento per l’efficienza governativa” è un altro personaggione, un milionario del settore farmaceutico che si è fatto da sé. Vivek Ramaswamy ha origini indiane ed è ovviamente complottaro (sostiene che gli Stati Uniti si siano fatti da soli l’attentato dell’11 settembre, che il cambiamento climatico sia una truffa, che le elezioni del 2020 furono vinte da Trump, insomma tutto il kit del candidato trumpiano in cui probabilmente non crede per niente ma che serve per gli elettori gonzi). Un aristo svalvolato è Robert Kennedy Junior, figlio dello scomparso Bobby, e che sarà ministro della Sanità. Ambientalista, nemico di “big pharma” ma anche no vax conclamato, e portatore di vermi nel cervello, così ha detto. Una svalvolata femmina notevole è Linda McMahon, trumpiana della prima ora, che nel primo mandato di Trump è stata Direttrice dell’Agenzia per le piccole imprese. Ma le sue imprese più celebri sono altre; McMahon è spesso ripresa su un ring mentre fa a botte con strani maschioni: ma tranquilli, non siamo nella defatigante questione sui pugili uomini e donne. La signora è stata anche a capo della World Wrestling Entertainment (Wwe), la più grande organizzazione di combattimenti di quello sport reso celebre da Hulk Hogan (pure un altro grande sostenitore di Trump per cui si è speso molto in campagna elettorale, strappandosi magliette sui palchi dei comizi, ma per ora non ha ottenuto alcun incarico. Ambasciatore presso la Santa Sede?).
A proposito, la pugile Angela Carini ora è stata nominata non dall’amministrazione Trump (seppure il presidente eletto americano l’abbia lodata più volte, “that beautiful italian, ha preso un pugno, bum, è crollata giù”), ma da quella Meloni, a dirigere il centro sportivo di Caivano, come dicevano le malelingue al momento dell’incontro con Imane Khelif, che sembrava più coreografato di quelli di Hulk Hogan). Intanto, al Colosseo combatteranno non Musk contro Zuckerberg (vi ricordate tutta la questione? Un grande momento di svalvolatezza) bensì dei turisti selezionati da AirBnb in accordo col comune di Roma.
Il libera tutti trumpiano sullo svalvolamento sembra avere effetti sistemici, insomma: dai primi di novembre c’è un’aria, un’arietta, come se anche quei già deboli freni inibitori si fossero allentati, come se tutti titillassero quello spiritello un po’ folle sopito a lungo. O non abbastanza liberato. Che dire dello svalvolatissimo Stefano Bandecchi, il sindaco di Terni che in campagna elettorale per la regione Umbria si è scatenato, alzando ancora il livello di sgangheratezza già alto del suo brand politico, culminato in un post: “io ho elemosinato la f***, e ne ho avuta molta”, che è una versione umbra del “grab them by the pussy” dell’originale Donald. E il Donald di Terni non è da meno, sostenendo che “I voti non li elemosino di certo, al massimo li compro o li prendo di prepotenza” – lui “grab” anche i voti, oltre che la pussy, boh, mettetevi d’accordo. Proprietario dell’università telematica Cusano, da dove ha seguito lo spoglio elettorale (come Kamala Harris alla università di Howard, Washington), Bandecchi poi è rimasto molto deluso dall’esito delle regionali.
Lui era già noto per aver polarizzato l’Umbria anche esteticamente, perché l’Umbria non è l’Ohio, non è swing state, ma il territorio storicamente noto per Giotto, Don Matteo, e pure per Brunello Cucinelli, il cantore del cachemire francescano col suo borgo. L’Umbria coi suoi “Borghi più belli d’Italia”, insomma un’Italia più bella del vero, Colin Firth e Mario Draghi col suo bracco “vinaccia”. Immagine così angelicamente costruita (un simil-Cucinelli è immortalato anche nell’ultima stagione di “Emily in Paris”) che Bandecchi invece ha riportato agli antichi animal spirits, quelli di Monica Bellucci che scende dal treno ne “I mitici” e in pieno accento di Città di Castello declama: “che me stai a scippà er culo?”.
Eterni ritorni? Ma ci si chiede se il nuovo barocco espressivo della politica risponda a qualche logica, qualche visione che noi non cogliamo. E’ pura improvvisazione, istinto, è un ritorno a caratteri tipici culturali che non cogliamo? Se la pòra otolitica Giorgia Meloni nella sua missione argentina è stata accolta da un Javier Milei – personaggio di primissimo livello nella classifica degli svalvolati internazionali – che le ha donato una statuina di lui medesimo armato di motosega, le foto d’agenzia riproducono il volto di lei, che pure ne ha viste, di cose, turbato. Perché sì, anche lei ha dato il suo contributo all’espressionismo politico (pensiamo al celebre video del distributore di benzina, dove improvvisava un siparietto con un fantomatico benzinaio, e un’entità fantasma, il fisco, a cui andava buona parte dell’incasso, ai bei tempi dell’opposizione. Oppure dal fruttivendolo con due bei meloni e l’occhio strizzato, famo a capisse. Ma erano tempi ancora acerbi - non come i meloni, vabbè - per l’epoca della svalvolatezza).
Dicevamo, Meloni, quando accoglie il dono del discusso presidente argentino, diventato celebre per le sue apparizioni con motosega, a significare l’opera di disboscamento che sta compiendo sulla pubblica amministrazione del suo paese, sul viso melonico si è dipinta un’espressione quasi di costernazione. Invece l’”anarco capitalista”, come si è autodefinito il basettone, è perfettamente a suo agio (o finge di esserlo) in ogni contesto, come quando si è messo a ballare sulle note degli YMCA insieme a Trump e Musk nella residenza floridiana di Mar a Lago dopo la vittoria elettorale.
Anche lì, Trump aveva un’aria perplessa, come se si sentisse quasi scavalcato dalla svalvolatezza dei suoi. Forse perché anche lui è stato completamente normalizzato. Lasciando per un attimo perdere la politica: ma nelle chiome e nei consumi, l’aereo nero a lettere dorate, gli hamburger, i cappellini, Mar a Lago che ha sostituito la Trump Tower, gli stucchi e i famigli, il trumpismo come mondo estetico un tempo era epitome di cafonaggine globale, oggi invece è completamente accettabile e anche desiderabile. Oggi i trumpini (non solo politici ma estetici) sono tra noi, hanno vinto. Oggi le mamme sognano per le figlie non più mariti notai o medici ma un trapper come Tony Effe (peraltro grandissimo personaggio sordiano, rapper pigro, rapper romano, che non gli va di sbattersi molto, si vede quando è sul palco, e fa il minimo, è strepitoso), con le catene e i tatuaggi del dollaro e la mutanda a vita bassa.
Ci si chiede se la svalvolatezza cafona, in politica come altrove, non sia una scelta precisa: forse Tony Effe in segreto legge MicroMega e il Financial Times; di sicuro nella politica, un business ormai proletarizzato, sputtanatissimo, dove i politici durano meno degli stilisti, un mondo dove ormai non va a votare più nessuno (tranne in Umbria e Emilia-Romagna), dove soprattutto i giovani sono sempre più restii a comprare nuovi brand, trasformarsi in personaggi, anzi meme, è l’unica soluzione. Non più dunque l’uomo forte ma la parodia dell’uomo forte. Il politico oggi arriva con la sua versione “parody” già incorporata. Anche gli imitatori sono in crisi, ne nascono sempre di nuovi, ma non incidono come un tempo. Tra il De Luca originale e Crozza che fa De Luca, è molto più comico l’originale. Così Milei con le basettone e la motosega e l’aria indiavolata farà paura a chi non lo vota ma piace ai suoi, e forse qualcosa sta facendo: l’inflazione scende. E del resto Milei non è un pupazzo da reality show, lo fa solamente. E’ laureato in economia, con vari master, e ha insegnato per anni la materia. Però oggi chi mai voterebbe un serio economista, quando puoi avere invece un pagliaccio da TikTok? Oggi, se tornasse Mario Draghi, lo troveremmo tutti moscio. Ma come, non canta neanche? Non balla?
Si fa tutti un gran parlare della sobrietà di Berlinguer e di Aldo Moro in spiaggia col cappotto, ma oggi non lo farebbero, senza un paio di ciabattoni Balenciaga e un tatuaggio almeno sugli occhi, nemmeno sindaco di Terracina (tra l’altro, sulla spiaggia di Terracina celebre per la foto del cappotto, si andò qualche anno fa, sorge uno stabilimento totalmente Tony Effe, con la musica tunz tunz e il tatuaggio de rigueur).
Così se Milei ama travestirsi da General Ancap (contrazione di “anarcocapitalista”), un supereroe da lui inventato con la missione – dichiara agitando un bastone da mago – “di prendere a calci nel culo keynesiani e collettivisti”, se urla il suo slogan “viva la libertad, carajo”, in una versione Saludos Amigos del trumpismo più espressionistico, lo svalvolamento è necessario. Lo svalvolamento funziona. Poi ognuno lo adatta alle sue latitudini. Se Hollywood ha definitivamente vinto nell’immaginario globale (i prossimi anni, con la squadra di “bros” al governo americano, saranno un grande sequel alla George Lucas), da noi è già pronta la versione pezzotta, come negli anni Settanta c’erano quei film tipo “Ultimo tango a Zagarol”, “Ku Fu dalla Sicilia con furore”. Qualche tempo fa, sempre per le elezioni regionali, capitò di assistere a Salvini che teneva banco in un’osteria romagnola, con una “scaletta” perfettamente trumpiana, un po’ mangiando, un po’ declamando a caso, poi mettendosi infine a cantare “Romagna mia”. Non si sa se era imitazione appunto del più potente americano o repertorio salviniano, ma si era come ipnotizzati. Poi sotto i meme ci sono i memini: e il sottosegretario Delmastro con le sue intemerate contro i carcerati, la sua passione penalistica, la sua tonitruante retorica che ricorda quegli onorevoli che si vedevano nei film della commedia all’italiana, come Raimondo Vianello nel sublime “Sua eccellenza si fermò a mangiare. Ma anche a sinistra non si scherza: l’altro giorno Angelo Bonelli dei Verdi si è messo a declamare, più che cantare, “Il ragazzo della via Gluck” alla Camera, per manifestare tutta la sua contrarietà alla cosiddetta norma “Salva Milano”, che sblocca la situazione dell’urbanistica, in particolare quella milanese, in stallo a causa delle inchieste sui presunti abusi edilizi, e che secondo lui favorirebbe la speculazione edilizia. “Là dove c’era l’erba, ora c’è una città. E quella casa in mezzo al verde ormai dove sarà?”, ha recitato Bonelli davanti agli altri deputati stravolti. Fabio Rampelli, roccioso vicepresidente della Camera, già Gabbiano di Colle Oppio, uno insomma che ne ha viste pure lui, e per di più architetto, lo prega più volte di non andare avanti. E quando Bonelli finalmente obbedisce, esclama: “Per fortuna che è intonato”. “Un mezzo tono l’ho sbagliato, chiedo scusa”, replica subito il portavoce di Avs.
Di fronte ai nuovi svalvolati, i vecchi, i nativi svalvolati, quelli che un po’ pazzerelli lo sono sempre stati, sono come stupiti, non li hanno visti arrivare, diventano normali. Si sono imborghesiti. Così uno svalvolato doc come il presidente del Senato Ignazio La Russa sembra perdere colpi, è da un po’ che non ne fa una delle sue. E che dire di Alessandra Mussolini, ormai composta e pure libertaria come una Merkel della Nomentana? Anche Vannacci, ormai allontanato nelle trincee europee di Bruxelles, non buca più lo schermo.
E’ interessante peraltro un altro fenomeno: che nell’epoca del percepito “non si può dire più niente”, gli svalvolati dicono tutto. Ma proprio tutto. Se media e audiovisivo sono tenuti ancora a qualche norma di comportamento, poi da tutti esecrato come “Politicamente corretto”, i politici vogliono dire e dicono la qualunque, allo stesso tempo lamentandosi dello spettro del “woke”. Se Trump in campagna elettorale dice che i giornalisti dovrebbero essere sparati, che Kamala Harris doveva essere passata per le armi, che gli immigrati irregolari sono “criminali viziosi e assetati di sangue” e mangiano cani e gatti, poi alza i pugnetti e balla YMCA. Tutto è perdonato, tutto il resto è meme. Questa surrealtà sconfina poi anche al di fuori della politica. Svalvolamenti minori, innocenti, ma che segnalano un clima. Se Flavia Vento viene chiamata a sciorinare il suo vasto mondo immaginifico tra Ufo e reincarnazioni a “Belve”, se anche giornalisti di vaglia come Tommaso Cerno oggi direttore del “Tempo” prendono una deriva fantasista sui social e in tv, è come se ci fosse qualcosa nell’aria, un friccicore, un carnevale, forse una festa. Festa un po’ funebre, per non pensare all’oggi.
Ecco, forse siamo davvero nell’epoca del carnevale perenne, un carnevale postmoderno dove tutto vale e nulla ha più conseguenze reali. Lo svalvolamento è diventato una strategia politica e comunicativa, una forma d’arte e di marketing che trasforma i leader in meme, i programmi in slogan, i dibattiti in performance. Ma come ogni carnevale, arriva anche il giorno delle ceneri. La domanda è: quando si spegneranno le luci del circo, cosa resterà? Un pubblico esausto o semplicemente assuefatto al caos? O magari un elettorato che, stufo di clown e spade laser, tornerà a chiedere sobrietà, competenza, un po’ di noiosa normalità? Intanto sulla spiaggia di Terracina si trappa fortissimo.