L'intervista
“Conte attento, Grillo è entrato nella fase vietcong”. Parla Borrè, professore di “grillismo”
L'avvocato spiega come il fondatore può logorare l'ex premier chiedendo fino a tre nuove ripetizioni del voto per farlo fuori. "E se chiede a chi ha votato per non cancellare il garante di non farlo, questa volta il quorum può saltare e l'esito può essere invalidato"
“Penso che Beppe Grillo si stia divertendo molto. Ormai è entrato nella fase Vietcong, spara un colpo per vedere quello che succede, con Conte sarà per lui una guerra di logoramento”. Lorenzo Borrè, avvocato storico dei dissidenti grillini, massimo esperto di statuti e codici etici del M5s, ormai professore emerito di “grillismo”, commenta così con il Foglio la scelta del fondatore Beppe Grillo di chiedere la ripetizione del voto sui quesiti, 14 su un totale di 63, che servono a modificare lo statuto del Movimento. Al centro ovviamente c’è quello che ha cancellato il ruolo del garante, ovvero ha fatto fuori lui, Beppe Grillo, da quella che fu la sua creatura politica, oggi nelle mani di Giuseppe Conte. E ora, avvocato, che succede? “Adesso – spiega Borrè – si dovrà ripetere la votazione, ma il bello è che non finisce qui”.
Ci dica meglio avvocato. “Quello di domenica rappresenta l’esito di una consultazione, ma non modifica direttamente lo statuto che altrimenti rimarrebbe in alcune parti monco. Per modificarlo, recependo il voto sui singoli quesiti, sarà necessario approvare un nuovo statuto, con un nuovo voto. Poi, anche su quello, Grillo potrà chiedere una nuova votazione”. Insomma alla fine ci potrebbero essere ancora altri tre voti: quello chiesto oggi da Grillo, quello sul nuovo statuto e la ripetizione di quest’ultimo? “Esattamente”, dice Borrè. “E la cosa divertente è che già dalla prossima volta Grillo – mandando indubbiamente a quel paese tutti le vecchie battaglie sui referendum senza quorum e la democrazia partecipata – potrebbe invitare quel 29,1 per cento che ha votato per non cancellare il garante dallo statuto, a evitare di farlo questa volta. Se i numeri rimanessero gli stessi in questo modo sarebbe certo di invalidare il voto”. E in effetti il ragionamento dell’avvocato Borrè è corroborato dai numeri delle consultazioni della costituente 5 stelle: un Grillo in versione Craxi “italiani andate al mare” potrebbe davvero rendere impossibile il raggiungimento del quorum. Domenica per i quesiti relativi alle modiche dello statuto hanno votato 54.452, il 61,23 per cento degli iscritti al Movimento, circa 10 mila in più di quelli che servivano per raggiungere il quorum. Quelli che hanno votato per non abolire il ruolo del garante sono stati invece quasi 16 mila (il 29,1 per cento), se questa volta non si esprimessero sarebbero sufficienti invalidare il voto e a fermare il nuovo corso voluto per il M5s da Giuseppe Conte.
C’è già chi comincia a dire che finirà che Conte si farà il suo partito e arrivederci Grillo il vietcong. “La vedo molto complicata”, dice Borrè. “Chi dice ‘vedrete che Conte alla fine si farà il partito suo’, non guarda con sufficiente attenzione alle questioni sostanziali: tenere l’attuale associazione consente all’ex premier di ricevere i finanziamenti pubblici, con un nuovo partito non gli rimarrebbe nessuna cassaforte con la quale fare attività politica. Piuttosto sarà costretto anche lui a continuare questa guerra di logoramento con Grillo che per lui, che poi deve raccogliere i voti della gente, è decisamente più scomoda”.
Ma cosa vuole davvero il fondatore? “Bene non lo sa nessuno” , ammette Borrè. “Di certo – racconta – c’è un paradosso che riguarda il nome e il simbolo del Movimento”. Proprio su quest’ultimo Conte ha ottenuto dall’assemblea il mandato a valutare una proposta di modifica. Grillo, che ormai parla attraverso il suo commercialista, Enrico Maria Nadasi , chiede a Conte di farsi il suo partito “Oz e i 22 mandati” e lasciare che il vecchio logo e il vecchio nome possano finire, ormai ben compostati, dentro la teca di un museo, lasciando all’ex premier la possibilità di fare come la sua nuova alleata tedesca Sahra Wagenknecht, che ha un partito che porta il suo nome. “Eppure – dice Borre – il fatto che il Movimento conservi nome e simbolo è per Grillo una garanzia personale. Se ci fidiamo di quanto raccontanto dal parlamentare del M5s e notaio Alfonso Colucci, Grillo ha rinunciato ai diritti su entrambi che avrebbe in forza di una sentenza della Corte d’Appello di Genova in cambio di una manleva sulle sue spese legali. Dal punto di vista patrimoniale personale insomma non gli converrebbe affatto un cambio di nome e simbolo, ma forse, anche perché le carte di questo accordo non le conosce nessuno, il fondatore ha un interesse politico diverso che può spingerlo anche alla rinuncia a quella manleva. Di una cosa sono certo: ne vedremo delle belle”.
L'editoriale dell'elefantino