Matteo Piantedosi (Ansa)

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No di Piantedosi alla candidatura in Campania: "Resto al Viminale"

Simone Canettieri

"Le possibilità di un mio impegno sono pari a zero”, dice il ministro dell'Interno. In molti nel centrodestra lo ritengono l'uomo ideale per strappare la regione al Pd e dopo le sconfitte in Umbria ed Emilia-Romagna  sono tornati a chiedergli di candidarsi. Lui per ora respinge l'assalto

Tutti lo vogliono governatore in Campania, tutti lo cercano affinché si candidi. Tuttavia Matteo Piantedosi, primo prefetto dall’unità d’Italia a diventare in attività ministro dell’Interno, è costretto a ribadirlo: “Resto al Viminale, le possibilità di un mio impegno sono pari a zero”. 

L’idea piace ai ras campani del centrodestra: Fulvio Martusciello, Edmondo Cirielli, ma anche Mara Carfagna e Clemente Mastella. Interviste, dichiarazioni, mezzi retroscena: “Sarebbe l’uomo ideale per strappare la regione al Pd”. E magari – e qui si va di malizia – anche per liberare una casella, quella del ministero dell’Interno, rimasta nei sogni proibiti di Matteo Salvini che scelse il suo ex capo di gabinetto nell’ottobre del 2022 non potendo più occuparla dopo l’esperienza gialloverde. Anche Giorgia Meloni sa che Piantedosi potrebbe essere l’uomo giusto per l’impresa, come sa – sempre la premier – che poi si aprirebbe un risiko complicato per sostituirlo.

Eppure il ventitolare, dopo le sonore sconfitte del centrodestra in Emilia-Romagna e in Umbia, è ripartito.  L’indiscrezione è arrivata fino al Quirinale e  continua ad autoalimentarsi. Piantedosi ha già smentito in tutte le occasioni in cui è stato interpellato a proposito di una sua possibile candidatura. 

E non è una questione di importanza o caratura del ruolo di governatore rispetto a quello di ministro. Chi rappresenta un territorio – anche se c’è di mezzo la sua amata Irpinia dove si rifugia appena può e vi ha organizzato anche il G7 come tributo – merita ogni considerazione. E qui però scattano i “ma”.  Il Viminale, dice sempre, è la sua casa e le tematiche relative alla sicurezza nazionale sono quelle in cui si sente di poter dare il “miglior contributo”. Inoltre, continua a spiegare chi gli sta vicino,  “in considerazione del suo background è convinto di poter essere maggiormente utile, anche alla sua terra, proprio come ministro dell’Interno”. L’assalto per ora è respinto. E con forza.

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  • Simone Canettieri
  • Viterbese, 1982. Al Foglio da settembre 2020 come caposervizio. Otto anni al Messaggero (in cronaca e al politico). Prima ancora in Emilia Romagna come corrispondente (fra nascita del M5s e terremoto), a Firenze come redattore del Nuovo Corriere (alle prese tutte le mattine con cronaca nera e giudiziaria). Ha iniziato a Viterbo a 19 anni con il pattinaggio e il calcio minore, poi a 26 anni ha strappato la prima assunzione. Ha scritto per Oggi, Linkiesta, inserti di viaggi e gastronomia. Ha collaborato con RadioRai, ma anche con emittenti televisive e radiofoniche locali che non  pagavano mai. Premio Agnes 2020 per la carta stampata in Italia. Ha vinto anche il premio Guidarello 2023 per il giornalismo d'autore.