il colloquio

Padellaro: "Da francescani a gesuiti? Grillo è fuori fuoco ma geniale. Molti ex grillini sono solo ingrati"

Ginevra Leganza

Il co-fondatore del Fatto quotiano commenta, da ex allievo dei gesuiti, la battuta di Beppe Grillo contro Giuseppe Conte. 

“Da francescani a gesuiti: un’affermazione tanto geniale quanto fuori fuoco”, dice al Foglio Antonio Padellaro, già direttore dell’Unità, co-fondatore del Fatto quotidiano ed ex allievo dei padri gesuiti al Massimiliano Massimo di Roma (lo stesso istituto che conferì la maturità a tre curiosi compagni di classe: Mario Draghi, Luca Cordero di Montezemolo, Giancarlo Magalli). 


Un’affermazione fuori fuoco, argomenta la firma del Fatto, giacché quello di Beppe Grillo sarebbe un tentativo, “anche colto”, di sminuire un fenomeno (il M5s) non meno che l’insegnamento della Compagnia di Gesù. Un pungolo a mezzo WhatsApp, dove il comico e (ormai ex) garante del Movimento, giusto un attimo dopo il parricidio (come il giornale di Padellaro ha definito ieri l’esito dell’assemblea costituente del M5s), scriveva: “Da francescani a gesuiti”. Ovvero da probi, puri, pauperisti a ipocriti, trasformisti, compromessi. Coi venerabili Francesco d’Assisi e Ignazio di Loyola a dismettere saio e tunica per calzare panni politici. “Eppure – dice Antonio Padellaro – quello in cui cade Grillo”, il detto falso come un gesuita, “è un null’altro che un luogo comune”. 

Un cliché antico e tuttavia efficace, almeno in punta di ironia. “Altroché. Questo sì. E aggiungo che quando Grillo smette di fare il politico e torna a fare il comico, allora è veramente grande, direi straordinario. Come quando posta sui social la foto in treno seduto accanto all’uomo che sembra un militare giapponese e motteggia Giuseppe Conte. Che da Mago di Oz diventa Onoda: ‘l’ultimo dei giapponesi’”. E cioè il militare che dopo trent’anni dalla fine della Seconda guerra mondiale viene arrestato nella giungla dell’isola filippina di Lubang perché si rifiuta di credere che la guerra sia finita. “Un altro pianeta rispetto ai comici di questi anni… E sa perché?”. Perché? “Perché Grillo – che poi è il vero Onoda del M5s – è comunque libero. Non risponde a nessuno. E la libertà, a proposito, è un insegnamento dei miei padri gesuiti”. Grillo gesuita, dunque. Altro che francescano. “Sì. Anche se la simpatia del WhatsApp di Grillo è più nell’evocazione nostalgica di quella prima fase del Movimento”. Della serie: vestivamo alla francescana. “Direi che quello è il cuore della battuta. Vestivamo alla francescana e dunque eravamo giovani, entusiasti, eravamo lontani dalla casta e dai beni terreni. Eravamo distanti, ancora, dal terzo mandato”. E invece… “Eravamo ebbri  – continua Padellaro – di uno ‘stato nascente’, nel pieno del sacro fuoco”. 


Insomma, eravamo incendiari e siamo morti pompieri. È così che dobbiamo leggere il dualismo francescano-gesuita? “Tra i francescani è rimasto Alessandro Di Battista”. Assai pimpante. “Beh, è da lui che dovrebbe ripartire chi mai volesse tornare alle origini”. In tema di origini, abbiamo detto che a dispetto di Beppe Grillo, Blaise Pascal e chiunque nel corso dei secoli abbia polemizzato con la Compagnia di Gesù, ipocrita e gesuita non sono sinonimi. Epperò – talare a parte – dell’ipocrisia ci dev’essere. Almeno in chi, come Paola Taverna o Alfonso Bonafede, dopo aver osannato il garante adesso lo disconosce. “In questi casi, più che di ipocrisia parlerei di ingratitudine. E non mi riferisco di preciso a Paola Taverna”. A chi si riferisce? “A tutti i senza volto, ai senza nome. A tutti loro che, né gesuiti né francescani, in un batter d’occhio sono stati catapultati nel cuore del potere”. Il discorso vale anche per il fu francescano (o cappuccino, devoto a Padre Pio) Giuseppe Conte? “Se non fosse stato dei Cinque Stelle, certo, anche Conte avrebbe continuato a fare l’avvocato. Per quanto la sua popolarità sia comunque meritata e guadagnata sul campo”. Guadagnata nel corso dei governi I e II? “L’ex premier ha dimostrato coraggio e nervi saldi, sopratutto nella guida del paese durante la pandemia”. 


Ma Padellaro, davvero il trasformismo pentastellato non ha attinenza con la postura del gesuita? Davvero quella di Grillo era solo una battuta? “L’attinenza c’è se non parliamo di ‘trasformismo’ ma di fisiologico compromesso. Caratteristica propria della politica leaderista. E cioè della grande politica”. E del gesuita pronto a parlare con tutti? “Un insegnamento all’Istituto Massimo era: ‘io non voglio sapere da dove vieni, voglio sapere chi sei”.