Lo sbancato
Salvinicredit, attacca Unicredit, Bankitalia, Consob. Ma il suo è problema è la Lombardia
Insieme a Giorgetti se la prende con Unicredit e Paolo Savona di Consob (vecchio faro della Lega). La collera di Attilio Fontana contro gli emendamenti della Lega sud. Zaia fa il botto da Fazio. Al congresso lombardo ipotesi Molteni segretario
Salvincredit: è sbancato e si occupa di banche. Luca Zaia sta per chiudergli il fido e lui fa guerra ai banchieri. Prosegue il viaggio ad alta infiammabilità di Salvini: a Tajani toglie gli Esteri, a Meloni il riposo e a Giorgetti l’impiccio. Va a Milano e parla della Milano-Laghi, dell’esame della patente e si mette poi a spiegare il mestiere a Panetta, il governatore di Bankitalia, e al presidente di Consob, Savona, che ricordiamo grandissimo precettore di Giorgetti. CommerzSalvini dice che Unicredit non deve acquistare Banco Bpm, perché “Unicredit non ha più nulla di italiano”, che Bankitalia è un’accolita di perdigiorno, tanto da domandare: “Bankitalia esiste? Vigila? Sono tra i più pagati d’Italia”. Anche i pendolari si domandano: il ministro dei Trasporti esiste? In Lombardia studia come pataccare il congresso, cerca il terzo uomo, Nicola Molteni, la Salvinimastercard.
Zaia ospite da Fabio Fazio, su Nove, gli fa capire che la sua bussola è guasta, dice chiaro, a due milioni di spettatori (è il terzo programma più visto della serata, ha fatto il botto) che Salvini ha scambiato il sud per il nord, che, ormai, in Italia, chi cerca gli sfasciati-fasci pensa alla Lega, che non gli piace Valditara, che vuole parlare di nord, nord, e lui, Salvinicredit, invece, lancia la sua intemerata a Orcel, l’ad di Unicredit. Per una volta bisogna dire che il duo, CommerzSalvini e Giorgetticredito di Cazzago, si muove in complicità: ce l’hanno con Orcel perché cerca di portargli via la Castagna, Banco Bpm, la banca dell’ad Giuseppe Castagna che insieme a Mps deve far nascere il Terzo Polo bancario. Inizia Salvini, a Milano, alla Triennale, e prosegue Giorgetti, a Roma, tanto da anticipare il futuro utilizzo della golden power, come se Unicredit fosse una banca di Wuhan. Grazie a Salvini si scopre che la Lega ritiene Savona (era il loro faro) una specie di nonno con la coperta di lana, appisolato, e Panetta, il governatore voluto da Meloni, un crucco, un italiano che aiuta i crucchi. Riportiamo in maniera esatta le parole di Salvini: “Non vorrei che qualcuno volesse fermare l’accordo Bpm-Mps per fare un favore ad altri. A me le concentrazioni e i monopoli non piacciono mai”. Lo dice un noto liberale, uno che per salvare la sedia da segretario Lega non sa che inventarsi per mandare a male il congresso lombardo, per ostacolare il candidato, dato dai militanti per vincente, Massimiliano Romeo. C’è un’ulteriore novità, riguardo a questo congresso che rischia di decidere buona parte delle sorti della Lega e di Salvini. Le regole per votare sono più fasulle di quelle che si inventava Grillo buonanima, elevato e decaduto del M5s (ora chiede la ripetizione del voto. Ma non era a favore del sorteggio?).
In Lombardia, il 15 dicembre, votano 290 delegati su 6.000 militanti ma come si scelgono i delegati? Ogni provincia lombarda, avrà il 5 per cento dei delegati, ma poi si stila un elenco dei più votati provincia per provincia. A Gallarate sta scoppiando una disputa perché tutti vogliono fare i delegati. Il perfezionista di questo sistema di voto, dei regolamenti, è Fabrizio Cecchetti, il segretario uscente della Lega lombarda, un Calderoli minore, il notaio del Cecchettum, il sistema ossobuco: a Romeo il buco, a Salvini, e il suo candidato (Luca Toccalini) la carne. Cecchetti è un arcinemico di Romeo ed è pure deluso dal suo datore di lavoro. Ha puntato tutto su Toccalini ma Salvini nicchia perché ha tutta la Lombardia contro, oltre il Veneto. E’ sbancato. L’eventuale sostituto di Romeo, capogruppo al Senato, sarebbe il senatore Marti, il leghista frisella, di Lecce, che ha presentato un emendamento per istituire un “programma di rilancio e sviluppo del sud di durata quinquennale”. Sono incentivi a scapito del nord. Un altro, sempre a firma Marti, ha fatto esplodere Attilio Fontana. Il governatore lombardo era a Varese, la scorsa settimana, e di fronte a Romeo, che pure sostiene, ha chiesto di smontare un altro emendamento Marti, che sposta fondi di trasporto pubblico locale da Lombardia a Veneto alle regioni del sud. Altri 350 milioni, sempre per il sud, per nuove palestre, li ha appena destinati il ministro dell’Istruzione Valditara, lo studioso che urla in faccia alle inviate parlando di patriarcato, uno che riesce a litigare anche in fila al supermercato, quando fa la spesa. Dunque, in ordine: i veneti sono inferociti perché Zaia non può avere il terzo mandato (a ore potrebbe essere impugnata la legge contro Vincenzo De Luca) i lombardi sono incolleriti con i leghisti del sud che mettono mano alla borsa di Giorgetti.
In tutto questo pure Cecchetti è avvelenato con Salvini perché non tira la volata a Toccalini, che sta per essere scaricato. Salvinicredit dice adesso che in Lombardia “possiamo arrivare a un nome unitario”. Il nome è quello di Nicola Molteni, sottosegretario all’Interno, di Cantù, che Salvini ha sempre premiato a scapito di Stefano Candiani, altro lombardo, che è sempre rimasto in silenzio, mandato a fare il commesso viaggiatore, il commissario, in giro per l’Italia e mai lamentato. Candiani non è al governo, ma Molteni sì. Salvini ha esaurito il plafond: i lombardi non vogliono che Romeo lasci la carica di capogruppo alla Lega frisella, idi Marti; in Veneto lucidano gli stivali per marciare contro Salvini. La sua banca è ormai il Conto zucca.