Il caso
Grillo da fondatore della democrazia diretta a profeta dell'astensionismo contro Conte
Dal 5 all'8 dicembre si ripeteranno le consultazioni degli iscritti M5s dopo l'impugnazione del Garante: "Sono in trincea, il voto non è trasparente". Battaglia sul quorum
Contorsioni dal pianeta M5s. Il fondatore del partito nato dal mito della democrazia diretta adesso è pronto a dire che gli iscritti non dovranno andare a votare. Beppe Grillo il garante astensionista. Pronto a tutto – “ormai siamo in tricea” – pur di sbarrare la strada a Giuseppe Conte. Con tutti i mezzi possibili. Compresi appunto i codicilli dello statuto. Gli iscritti torneranno al voto dopo la richiesta di Grillo di ripetere la votazione sulle modifiche dello statuto della scorsa settimana. Conte, “al netto di qualsiasi valutazione sulla legittimità e sulla opportunità di tale richiesta”, ha convocato l’assemblea degli iscritti per la nuova consultazione in rete dalle 10 di giovedì 5 dicembre alle ore 22 di domenica 8 dicembre. Dunque il voto di 48 ore fa che tra le altre cose sopprimeva il ruolo del garante si rifarà perché quest’ultimo ha impugnato il regolamento interno. L’obiettivo adesso è semplice: fare in modo che la seconda consultazione non raggiunga il quorum e così non sia valida.
Grillo punta su coloro, sedicimila persone, che nell’ultimo voto si sono schierati a suo favore: se questi iscritti si asterranno Conte potrebbe non arrivare al quorum. Grillo sostiene che il voto sia fasullo, non certificato da un organismo terzo e con una platea scremata senza rispettare lo statuto. Danilo Toninelli, al fianco del vecchio capo in questa battaglia, spinge la base ad andare metaforicamente al mare, a non partecipare, aggiungendo inoltre che davanti a un flop Conte “dovrebbe dimettersi”. E quindi l’ex ministro dei Trasporti invita tutti a “gettare il cellulare”.
Conte al contrario è in modalità offensiva. In un turbinio di interviste e dichiarazioni attacca il garante, ex o forse non ancora, dicendogli che “il simbolo è di tutti, non è il suo”. Questo è il punto. Perché dopo la consultazione dell’Immacolata il prossimo fronte che si aprirerà è quello del simbolo. Con l’ennesima battaglia pronta a finire nei tribunali. Un film già visto decine di volte. Il M5s per certi versi è stato anche il partito degli avvocati, una pletora di legali che in questi anni hanno accompagnato il partito avanti e indietro nei tribunali fra cause degli iscritti, lotta sulle varie associazioni e via discorrendo.
Per uno strano scherzo del destino il nuovo leader del M5s è appunto un avvocato, del popolo per autodefinizione, ma sempre laureato in legge. L’ex premier si trova a gestire questo imprevisto, che forse tale non era, con il resto degli alleati, a partire dal Pd, che osservano la scena abbastanza attoniti. Nessuno, al di là dell’ideologo del governo giallorosso e pensatore del Pd Goffredo Bettini, si esprime o batte un colpo. Tutti, a partire da Elly Schlein, fanno un passo indietro e si buttano sulla manovra. Dunque contro il governo Meloni. Lasciando così Grillo e Conte duellare ancora in punta di diritto e carte bollate. Con il primo che rinfaccia al secondo la trasparenza della sua democrazia diretta, oggetto del carteggio di due mesi fa. Il mondo grillino, quello delle origini, si dice insomma in guerra, in trincea.
L’ex sindaca di Roma Virginia Raggi non si schiera apertamente ma sta “con Beppe”. Da un’altra posizione rispunta anche Davide Casaleggio che prende comunque le difese di colui che con il padre, Gianroberto, fondò il M5s. “Una scissione con un movimento guidato da me e Beppe. Il problema in Italia è l’astensionismo, quando il M5S si è presentato nel 2013 ha pescato dagli astensionisti, quella è stata la vera differenza”. Casaleggio junior ha sul gozzo Conte e non da oggi. Tanto che accarezza il progetto di provare a ricostruire qualcosa con Grillo, anche se i rapporti fra i due non sono più come quelli di una volta. Pensieri che vanno e vengono.
Di sicuro sull’ex premier non ha dubbi: “Dare a lui il M5s è come fare la Coca cola blu. Se si guardano i suoi fallimenti elettorali e il fatto che in questa gestione negli ultimi tre anni abbiamo 850 consiglieri comunali persi e si sono dimezzati gli iscritti, questo meccanismo non ha portato risultati”. In questo caos qualcosa succede anche su scala locale. Come svelato da LaPresse Antonio De Santis annuncia l’uscita dalle chat WhatsApp condivise con consiglieri ed esponenti del Movimento 5 Stelle. Già assessore al Personale nella giunta guidata dall’ex sindaca, alle ultime elezioni comunali De Santis era risultato il solo eletto con la lista civica che portava nel simbolo il nome di Raggi. “Non mi ritrovo in questo nuovo corso e registro, oramai da tempo, la mancanza di volontà nel valorizzare il progetto civico che rappresento. Senza rancore e con l’auspicio di poter in futuro collaborare”.