“Meglio Vannacci di Schlein”. Solo il Pd poteva scambiare Fedez per un eroe dei diritti civili

Salvatore Merlo

Alla Zanzara l'influencer ammette: "Tra la segretaria e il generale, scelgo il generale". E il Pd casca dal pero

Giuseppe Cruciani non è una zanzara, è una iena. “Tra Vannacci e Schlein chi sceglieresti?”, gli chiede. E quello, Fedez, che non è Carlo Marx ma vende canzoni su Spotify, gli risponde: “Scelgo Vannacci. Sì dai, chi voterebbe la Schlein”. Ora a noi di cosa pensa Fedez non ce ne importa un fico secco, sia detto con tutto il rispetto. Ma poiché a quanto pare invece importa alla sinistra che lo aveva trasformato, insieme all’ex moglie Chiara Ferragni, nel gran visir di tutti i diritti civili, insomma nel pensati-felice-fai-beneficenza-e-bacia-in-bocca-Rosa-Chemical, ecco ora qualche domanda ce la dobbiamo fare pure noi. Ma non su Fedez, sia ben inteso: sul Pd. Fedez è assolto a prescindere. Egli è infatti un abilissimo e simpatico uomo d’affari come la signora Ferragni. Entrambi sono trapezisti con la rete sotto: se cascano, cascano in amministrazione. E’ semmai il Pd che invece casca e basta, dal pero. E si fa male come al solito.

  

Nel 2022, durante Sanremo, leggevamo articoli di Repubblica che magnificavano il compagno Fedez eroe dei diritti omosessuali. In pratica era diventato il fratello omozigote di Alessandro Zan perché aveva simulato un atto sessuale in diretta tv seduto in prima fila al teatro Ariston di Sanremo. Ci mancava poco che lo mandassero in Parlamento con Soumahoro. Era peraltro il momento in cui chissà perché a sinistra avevano deciso che il benedetto e mitologico federatore del campo largo era all’incirca Amadeus.   Solo Vincenzo De Luca, al solito brusco ma abbastanza lucido, diceva: “Un Festival di sinistra? No, di cafoni e di imbecilli”. Ecco. Gli altri invece erano felici. Tutti. Avevano sostituito la Balabanoff con  Ferragni e Togliatti con Fedez.  “Censurano Fedez? Manco il Minculpop”, dicevano.

 

Dopo le prove fornite in passato – la trasformazione di Zerocalcare in Pasolini e quella di Ghali in Che Guevara – i medici avevano già severamente proibito al Pd le carni grasse e la ricerca di eroi e modelli, tutte cose  giudicate decisamente e pericolosamente aggravanti di uno stato confusionale già reso cronico dallo smodato consumo di scarpe Adidas e armocromiste. Certo può accadere a chiunque di sbagliarsi, di cominciare da Rousseau per arrivare al boia di Parigi, di partire con D’Annunzio per ritrovarsi con Farinacci, ma forse accade solo alla sinistra italiana di partire  da Adorno e di arrivare a Fedez. Che poi, ovviamente, a un certo punto essendo un ginnasticatissimo businessman dice: “Preferisco Vannacci”. Insomma, getta il cuore – ginnasticamente – oltre l’ostacolo. E non è certo lui quello confuso.

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  • Salvatore Merlo
  • Milano 1982, vicedirettore del Foglio. Cresciuto a Catania, liceo classico “Galileo” a Firenze, tre lauree a Siena e una parentesi universitaria in Inghilterra. Ho vinto alcuni dei principali premi giornalistici italiani, tra cui il Premiolino (2023) e il premio Biagio Agnes (2024) per la carta stampata. Giornalista parlamentare, responsabile del servizio politico e del sito web, lavoro al Foglio dal 2007. Ho scritto per Mondadori "Fummo giovani soltanto allora", la vita spericolata del giovane Indro Montanelli.