il Colloquio
Tajani: "Belloni agli Affari Europei? Non è un affare di stato"
Il ministro degli Esteri gela la direttrice del Dis e sherpa del G7, papabile al posto di Fitto dopo il via libera a vicepresidente della Commissione. "Salvini ha sbagliato a non votare Ursula. Ormai la Lega è la terza forza, noi secondi"
Dopo aver rilasciato dichiarazioni in Aula, in Transatlantico, davanti all’ascensore, fuori dai gruppi, Antonio Tajani è solo, lontano da taccuini. Il leader di Forza Italia e vicepremier, dopo aver mandato sotto il governo in commissione sul canone Rai, ostenta tranquillità. Ma non è baldanzoso. Durante una passeggiata dalla Camera alla sede del partito mette in fila un po’ di ragionamenti. Sul presente e forse sul futuro. La frase più interessante riguarda la questione Elisabetta Belloni, capo del Dis in scadenza e sherpa di Meloni al G7. Papabile ministra per gli Affari europei al posto di Raffaele Fitto dopo il via libera a vicepresidente della Commissione. “Il futuro di Belloni? Non mi sembra un affare di stato”, dice Tajani al Foglio.
Eppure, ministro, c’è chi sostiene che lei sia contrario a questa nomina perché Belloni ha un curriculum importante, così importante, da farle ombra oggi e chissà magari un giorno quando si discuterà del Quirinale. “Ma per favore. Le pare che con due guerre in atto, io mi occupo di queste cose. Al dopo Fitto ancora non abbiamo pensato, e la decisione la prenderà Meloni. C’è tempo, quanto al futuro di Belloni non mi sembra un affare di stato”. Lo dica: preferirebbe un profilo politico per gli Affari europei invece di uno tecnico visto il cursus honorum della regina dei Servizi segreti? “Io non le dico cosa preferisco. Le dico che ho le mie idee e che, senza mancare di rispetto a nessuno, adesso mi interesso di altro”. Dopo il voto dei suoi in Senato ha sentito Meloni? “Certo, sapeva che avremmo votato no. Ci siamo sentiti prima, durante e dopo il voto”. E cosa pensa Meloni di questo strappo? Pare non esserne felice. “Questo lo domandi alla premier”. Il suo amico Matteo Salvini non ha votato la commissione di Ursula von der Leyen. Se non l’avesse fatto il Pd avreste detto alla Schlein di essere anti-italiana vista la presenza di Fitto. “Certo”. Allora Salvini è anti-italiano. “Capisco dove mi vuole portare. Noi di Forza Italia abbiamo sostenuto la commissione e quindi Fitto. Fossi stato in Salvini l’avrei votato, ma apparteniamo a due famiglie politiche diverse”.
Tajani, che è stato un giornalista politico e poi il portavoce di Berlusconi, sa benissimo cosa dire e come. Conosce i trucchi del mestiere. Quindi tronca e sopisce. Parla di centrodestra che sta bene, ma anche di un partito, la Lega, che ormai è la terza forza della coalizione. “Perché noi siamo la seconda: lo dicono i numeri e le percentuali delle Europee e delle regionali”. Quindi gli equilibri interni sono cambiati. “Si dia lei una risposta: è facile”. Durante questa camminata Tajani incontra Enrico Costa, deputato ex Azione ritornato in Forza Italia. Parlano di Piemonte e di nuove manovre (in quella regione è in corso un’Opa violentissima sulla Lega con un passaggio di amministratori davvero imponente). Tajani ripete che a 70 anni non prende ordini da nessuno, che questa storia di Mediaset e quindi di Marina e Pier Silvio Berlusconi dietro a qualsiasi mossa è tutta fantasia dei giornali. “Più lo nego più voi lo scrivete: io non prendo ordini da nessuno. Lo scriverete?”. Certo.
Sulle scale che portano alla sede di Forza Italia viene rincorso da una signora napoletana che gli dice: “Scusi, ministro, può dire a Salvini se mette a posto la prima fermata della ferrovia circumvesuviana?”. Ride. Qualcuno dei suoi aggiunge: “Sicuramente Salvini non sa cosa sia”. Sullo sfondo resta il futuro di Belloni che Tajani non vuole nel governo per mille e un motivo. Compreso il Quirinale, chissà.