Il retroscena
Altro che canone Rai. Forza Italia manda a picco la Lega da nord a sud
Veneto, Toscana, Calabria. Amministratori soffiati, scontri politici e programmatici: così il partito di Tajani sta tagliando le gambe a Salvini e a chi gli sta attorno
Più che canone, cannone. Quello puntato da Forza Italia contro la Lega (e viceversa). Mica soltanto in Parlamento. Ormai succede dappertutto. Da nord a sud. E la dinamica è quasi sempre la stessa: il partito di Tajani pazienta, fa il sornione, lascia che i toni li alzino gli altri. Poi piazza la zampata. Un candidato alla volta. Un amministratore dopo l’altro. Roma è soltanto la punta dell’iceberg. Si fa fatica a trovare una regione – tolte quelle fresche di voto – senza tensioni nel centrodestra.
In Piemonte, Forza Italia pochi giorni fa ha fatto il pieno nel Vercellese: ben trenta fra sindaci ed esponenti locali della Valsesia, storico feudo del Carroccio, hanno compiuto il cambio di casacca. “Un onore, segno del nostro grande rilancio politico”, esulta il governatore Cirio. Passiamo in Lombardia, dove più del capitano va di moda il mito del Cavaliere: l’anno scorso due nuovi consiglieri, alle Europee il venerando endorsement di Bossi, oggi l’allarme del leghista Garavaglia. “L’attacco di FI-FdI contro la nostra sanità regionale è incomprensibile”. In Veneto, se non altro, fa scudo il fattore Zaia. Ma l’esodo verso i tricolori è iniziato da tempo, sotto l’astuta regia di Flavio Tosi. Fino alla rottura definitiva, annunciata in estate e ora in via di consumazione, con Forza Italia contraria all’aumento dell’Irap approvato dal resto del centrodestra nella variazione di bilancio 2024-2026. “Se quelli votano contro, saranno fuori dalla maggioranza”, giurano i leghisti. “Siccome Zaia non ci ha voluto assegnare alcun assessore, di fatto ne siamo già esclusi da quattro anni”, ribatte Tosi.
Scendiamo nel centro del paese, dove per il vicepremier della Lega sembra farsi sempre più dura. Un incubo la Toscana verso le urne: da un lato la pressione interna di Vannacci, che vuole imporre le prossime liste elettorali, dall’altro quella dei forzisti che invocano le primarie per la scelta del candidato di coalizione. “Quest’idea non ce l’avevano mica detta”, si è lamentato nelle ultime settimane il segretario regionale Luca Baroncini. Nel dubbio FdI ha già pronto il nome: Alessandro Tomasi, il sindaco di Pistoia appena nominato coordinatore in Toscana da Giorgia Meloni. Nelle Marche, l’ultimo acquisto dell’area Tajani è la consigliera regionale Lindita Elezi: segue il percorso di altri due colleghi, profughi dal Carroccio. Che pure nel Lazio non esiste praticamente più: se Forza Italia da mesi va chiedendo sempre più potere alla giunta Rocca, compromettendone la governabilità e arrischiandosi il ritorno al voto, è perché ormai ha i numeri per farlo. Grazie ai consiglieri soffiati alla Lega. Mentre due giorni fa era tempo di nomine, per i nuovi direttori del sistema sanitario regionale. Spartizione in piena regola: vengono assegnati due manager al Pd, due a FI, il resto a FdI. Chi è che non si vede? Salvini come i liocorni.
Si scende nel meridione, arido di consenso. Eppure è qui che il ministro dei Trasporti si ostina a spendere tutte le sue energie, a partire dal Ponte sullo Stretto. Ma perché allora i siciliani scelgono Forza Italia più del triplo della Lega? Stessa musica in Campania. Il vento è tornato a soffiare verso gli eredi del Cav., che anche qui vogliono il loro nome per le regionali: l’eurodeputato Fulvio Martusciello, comprovato campione di preferenze. Dovranno superare le resistenze dei meloniani, che guardano con favore a Edmondo Cirielli, il vice di Tajani agli Esteri. Il tutto dopo il no di Matteo Piantedosi. Mentre in Calabria divampa un altro scontro aperto, sempre con la sanità sullo sfondo: in Senato i leghisti hanno appena affossato la proposta di Forza Italia all’interno del decreto fiscale. Sarà stata la ripicca per il canone Rai. “Fatto sta che questa diatriba penalizza l’intera Calabria”. L’appello alla pace arriva da un consigliere regionale del Pd.
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