Enigma Fitto

Le idee di Meloni per il dopo Fitto (che si fa il team per l'Ue)

Simone Canettieri

Giorgia Meloni ha in mente diversi schemi per il nome del successore del ministro per gli Affari europei. Esclusa Belloni, ipotesi Siniscalchi. La squadra del neo vicepresidente della Commissione europea

Dice che le sue deleghe finiranno “in ottime mani”. Tuttavia fino a questa sera Giorgia Meloni non sapeva in quali. O meglio: la premier ha in mente diversi schemi per il nome del successore di Raffaele Fitto, diventato vicepresidente esecutivo della Commissione europea. Ci sono quattro deleghe da distribuire (Pnrr, Sud, Coesione e Affari Europei) e un ministro da sostituire con diverse opzioni che vanno dallo spacchettamento fino al cambio alla pari. Da questa decisione dipendono anche i tempi. La nuova nomina potrebbe essere imminente come arrivare a gennaio del prossimo anno. In questo incastro non ci sono alcune certezze.

   
Elisabetta Belloni, sherpa della presidenza italiana del G7 e soprattutto direttrice del Dis non andrà agli Affari europei. Di questa possibilità si è scritto molto, così come della possibile irritazione del vicepremier e ministro degli Esteri Antonio Tajani davanti a questa eventualità. Se da una parte dentro Fratelli d’Italia fanno sapere che nessuno fra gli alleati può mettere veti, dall’altra arriva la netta smentita a questa ipotesi. E non è una questione di mancanza di stima nei confronti di Belloni. Meloni vuole un politico e non un tecnico. Se così fosse potrebbe affidargli solo una parte dell’eredità di Fitto, lasciando il Pnrr e la Coesione a Palazzo Chigi al sottosegretario Alfredo Mantovano. Ipotesi però che venerdì sera perdeva consistenza. Sono in corso valutazioni. Così come sembra remota la possibilità che scenda a Roma un europarlamentare di Fratelli d’Italia. Uno scenario che riguarderebbe al massimo due figure all’interno della pattuglia meloniana: Carlo Fidanza, attuale capo delegazione, e Nicola Procaccini, copresidente del gruppo Ecr e vicinissimo alla premier. Dovrebbero dimettersi, entrare nel governo ma senza essere parlamentari. Uno scenario non proprio allettante, e per ora di terz’ordine.

  

Meloni sfoglia la margherita? In un certo senso sì. Perché questa nomina deve in qualche modo tener conto anche dei consigli o forse delle raccomandazioni che rimbalzano dal Quirinale dopo il pranzo fra la premier e il capo dello stato Sergio Mattarella. Ecco perché la fretta potrebbe essere cattiva consigliera: la possibilità che le deleghe di Fitto, oggi dimissionario, siano assunte per il momento da Meloni è concreta. Almeno per qualche settimana. Salvo che non si convinca a procedere con un blitz. “Per fare uno come Raffaele servono tre ministri”, ha sempre detto la presidente del Consiglio del suo braccio destro pronto a trasferirsi a Bruxelles.

  

Oggi è stato il giorno dei saluti. Sul palco di Bari, dove è arrivata per la firma dell’ultimo accordo di coesione con le regioni, Meloni si è commossa e ha mimato anche il gesto del pianto quando ha salutato e ringraziato il suo ministro, presente all’evento. Poi tornati a Roma, c’è stato l’ultimo Cdm insieme e a seguire il Cipess e la cabina di regia del Pnrr, per il “passaggio di consegne”. La premier ha rassicurato che l’azione del governo sui fondi europei “proseguirà senza soluzione di continuità, lavorando incessantemente per portare a compimento, nei tempi previsti, tutti gli investimenti e le riforme del Piano”. Con una certa sicurezza a Palazzo Chigi sono convinti che la struttura Pnrr funzioni così bene che potrebbe marciare da sola senza un ministro o un sottosegretario ad hoc. La struttura è gestita dal capo di gabinetto Ermenegilda Siniscalchi che potrebbe assumere le deleghe Coesione e sud (se il Pnrr venisse spacchettato e finire nelle competenze di Mantovano. Il fine settimana porterà consiglio. E lunedì si capirà se si andrà verso un blitz oppure se si andrà verso un periodo iniziale di interim.

  

Intanto Fitto è al lavoro sulla squadra che lo seguirà nella nuova avventura a Bruxelles. Come capo di gabinetto ha scelto Vincenzo Matano, vicesegretario generale dell’Ecr, sua ombra dal 2014 (è il fratello di Alberto, giornalista Rai). L’advisor del futuro vicepresidente della commissione sarà Alessandro Scuncio, altro fittiano purissimo cresciuto dal big di FdI (iniziò a lavorare per lui come stagista, diventando poi assistente). Nel gabinetto ci sarà anche Marco Canaparo, attuale capo dipartimento degli Affari europei (diplomatico con la qualifica di ministro plenipotenziario) e prima ancora consigliere diplomatico di Fitto. Il quale come portavoce sta pensando a una figura junior. Anche perché per quante interviste concede potrebbe lavorare davvero poco.
  

  • Simone Canettieri
  • Viterbese, 1982. Al Foglio da settembre 2020 come caposervizio. Otto anni al Messaggero (in cronaca e al politico). Prima ancora in Emilia Romagna come corrispondente (fra nascita del M5s e terremoto), a Firenze come redattore del Nuovo Corriere (alle prese tutte le mattine con cronaca nera e giudiziaria). Ha iniziato a Viterbo a 19 anni con il pattinaggio e il calcio minore, poi a 26 anni ha strappato la prima assunzione. Ha scritto per Oggi, Linkiesta, inserti di viaggi e gastronomia. Ha collaborato con RadioRai, ma anche con emittenti televisive e radiofoniche locali che non  pagavano mai. Premio Agnes 2020 per la carta stampata in Italia. Ha vinto anche il premio Guidarello 2023 per il giornalismo d'autore.