Il caso

Foti per Fitto, Bignami per Foti: Meloni scopre di avere la panchina corta

Simone Canettieri

Il capogruppo di Fratelli d'Italia prende il posto del ministro diventato commissario Ue. A capo dei deputati della Camera ecco Bignami, che si dimette da vice di Salvini alle Infrastrutture 

La panchina è corta, la fiducia è a chilometro zero, i tecnici sono una categoria dello spirito contro la ragione sociale di Fratelli d’Italia. E così il dopo-Fitto diventa una carambola  di nomi che entrano ed escono, ma sempre all’interno dello stretto perimetro del partito della nazione. Giorgia Meloni premia Tommaso Foti promuovendolo  ministro con tutte e quattro le deleghe fittiane: Pnrr, Sud, Coesione e Affari europei. Al posto di Foti diventa capogruppo di Fratelli d’Italia alla Camera Galeazzo Bignami (lo anticipa il Foglio.it) viceministro delle Infrastrutture, nominato due anni fa al dicastero di Porta Pia anche per marcare a uomo – in modalità Claudio Gentile – Matteo Salvini.  Quest’ultima casella resta vuota. La premier non ha fretta: al Mit serve una figura – tipo talpa dell’Alta velocità – in grado di scavare nel salvinismo di governo.  

 

Si chiude così una pratica andata avanti per settimane fra retroscena e fughe in avanti. Schemi e geometri variabili. Salta l’ipotesi di spacchettare le deleghe di Fitto, da ieri a tutti gli effetti vicepresidente esecutivo della Commissione Ue, cedendole ai sottosegretari alla presidenza del Consiglio, Alfredo Mantovano su tutti, già di per sé molto oberato da tutto ciò che ha a che fare con la Giustizia e l’Interno, oltre alla gestione del pre Consiglio dei ministri.

 

Così come finisce la suggestione di una nuova vita di Elisabetta Belloni, sherpa di Meloni per la presidenza italiana del G7 ormai terminata praticamente e soprattutto direttrice del Dis, seppur a fine mandato (non rinnovabile). Una figura che, ad ascoltare i ragionamenti delle viscere meloniane, è considerata “troppo ingombrante”.  

 

Dunque viene impalmato Foti, che se non avesse avuto un procedimento giudiziario ancora pendente nel 2022, avrebbe fatto il ministro per i Rapporti con il Parlamento. Una medaglia alla carriera – dal Msi al Pnrr – ma anche all’exploit ottenuto alle ultime regionali in Emilia-Romagna nella sua Piacenza (con il centrodestra vincente e FdI al 37 per cento). 

 

Tutto è accaduto con una certe velocità ieri mattina intorno alle 12. Mentre Foti, radioso, giurava nelle mani del capo dello stato Sergio Mattarella e davanti a una sorridente Meloni, in via della Scrofa Bignami si incontrava con Arianna Meloni e Giovanni Donzelli. Rispettivamente capa della segreteria politica e responsabile dell’organizzazione (ora alle prese con la festa di Atreju dove è atteso, per il 13 dicembre, come super ospite il presidente argentino Javier Milei). 

 

Nella testa della premier e  leader di FdI se non ci fosse stato Bignami, sarebbe toccato a Donzelli.  Impossibile fuggire da questo schema. Il via libera all’operazione è avvenuto venerdì scorso al termine dell’ultimo Consiglio dei ministri di Fitto. E tutte le parti in causa sono state informate con la consegna del silenzio. Senza strepiti e con tutte le smentite del caso, intorno al sostituto di Foti nel gruppo dei deputati di FdI si sono scatenati appetiti e gelosie, speranze e scongiuri. Sicché sono entrati e usciti i nomi di Augusta Montaruli, generazione Atreju in purezza, vicecapogruppo alla seconda legislatura. E’ circolato anche il nome di Manlio Messina, vicario di Foti, ma al primo giro in Parlamento e protagonista di un battibecco con Donzelli qualche giorno fa. Chissà che non abbia fatto un pensierino anche  Alfredo Antoniozzi. Sussurri e grida (soffocate) visto che così “ha deciso Giorgia e a noi sta bene”. 

 

Oggi l’assemblea dei deputati ratificherà questa scelta, in maniera bulgara. Diverso invece per il successore di Bignami alle Infrastrutture. Meloni fa sapere di non aver fretta. E forse si occuperà di questa nomina i primi dell’anno, dopo la manovra, in una logica “a pacchetto”. Restano vuoti infatti ancora i posti di sottogoverno lasciati liberi dai dimissionari Montaruli (Università) e Sgarbi (Cultura).  Per il Mit girano i nomi di Mauro Rotelli (presidente della commissione Ambiente) e di Salvatore Deidda (presidente della commissione Trasporti). C’è chi tira fuori anche la questione territoriale in questo riequilibrio interno.  Anche se nessuno è pronto a scommettere che  Meloni utilizzerà tale criterio per fare le sue scelte. In questa logica, però, circolano già i nomi di Ylenja Lucaselli, pugliese, capogruppo in commissione Bilancio e relatrice della manovra per FdI (che potrebbe ambire, però, anche a una promozione parlamentare). Il protagonista del giorno resta Foti: dovrà occuparsi di Pnrr e fondi di Coesione, due deleghe che a Palazzo Chigi ritengono così ben avviate da poter marciare quasi da sole vista la struttura tecnica. Per tutto il resto ci sarà Fitto, certo.
 

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  • Simone Canettieri
  • Viterbese, 1982. Al Foglio da settembre 2020 come caposervizio. Otto anni al Messaggero (in cronaca e al politico). Prima ancora in Emilia Romagna come corrispondente (fra nascita del M5s e terremoto), a Firenze come redattore del Nuovo Corriere (alle prese tutte le mattine con cronaca nera e giudiziaria). Ha iniziato a Viterbo a 19 anni con il pattinaggio e il calcio minore, poi a 26 anni ha strappato la prima assunzione. Ha scritto per Oggi, Linkiesta, inserti di viaggi e gastronomia. Ha collaborato con RadioRai, ma anche con emittenti televisive e radiofoniche locali che non  pagavano mai. Premio Agnes 2020 per la carta stampata in Italia. Ha vinto anche il premio Guidarello 2023 per il giornalismo d'autore.