Il racconto

La metalmeccanica Meloni invita Stellantis ad Atreju. Salvini fa l'anti Elkann. La fronda per averlo in Aula

Carmelo Caruso

Fa abbassare i toni a FdI e lascia chiedere l'audizione di Elkann in Parlamento alle altre forze politiche. Di intesa con Giorgetti, Urso e La Russa vuole stanare Stellantis. Salvini fa il gemello diverso di Landini e monta la campagna sulla buonuscita di Tavares

John Elkann ha imparato, Salvini no. Meloni cambia approccio con Stellantis, che ora chiama “multinazionale”, chiede a FdI di controllare i toni, e il 14 dicembre invita, ad Atreju, il capo del personale di Stellantis. Vuole mandare in cassa integrazione la lingua in rivolta di Landini. Al telefono con Elkann ha lasciato intendere che non le importa nulla se si presenta o meno in Parlamento, le importa solo che non chiuda fabbriche, che non delocalizzi, gli suggerisce “vai avanti”, presentaci un piano industriale vero. Elkann ha Imparato che in Italia deve trattare con Meloni, Salvini dice invece a Elkann: “Porta l’assegno”. E’ il gemello diverso del leader Cgil, il vicepremier con la tanica.


In televisione, a Mediaset, da Nicola Porro, il liberale, Meloni ha dissimulato per il bene dell’Italia. Ha detto che lei da due anni chiama Elkann (le stava crescendo il nasino di Carlo Collodi) che le dimissioni dell’ad di Stellantis, Carlos Tavares sono merito dei sindacati francesi e tedeschi e non della Cgil, il sindacato “afono”. Meloni dice che adesso va “separata la lotta politica dalla questione industriale Stellantis”. Lascia chiedere al capogruppo delle Attività Produttive del Senato, De Carlo, di FdI, di far convocare Elkann in Parlamento, ma solo per consentire a lei di indossare la tuta blu. C’è una crisi dell’auto, che è una crisi d’epoca, europea, e come tale vuole gestirla. In Germania chiudono fabbriche, in Inghilterra anche e in Francia sta per cadere il governo. Meloni vuole mostrare all’estero che il presidente di una multinazionale come Elkann, che opera in America, che può arrivare facilmente a Trump, in Italia non chiude fabbriche. Nella telefonata con la premier italiana, Elkann ha spiegato che c’è la volontà di trovare soluzioni, che non è il momento dei piromani, dei leader che hanno interessi particolari, elettorali, alla Salvini. Gli avrebbe garantito che non c’è nessuna ipotesi di fusione con Renault, che semmai lo scopo è consolidare l’esistente. Elkann ha motivato il suo no, il rifiuto di presentarsi in Parlamento, e Meloni lo ha ascoltato. Non le importa di vederlo in catene, non le importa, ora, di rinfacciare gli incentivi della Fiat del nonno. Non sa che farsene. Che venga, o meno in Aula, per Meloni è ininfluente, perché lei vuole solo “il piano”. A chiedere che Elkann riferisca, in realtà,  sono rimasti Landini, Calenda, Pd, M5s e Salvini, il vicepremier che ha fatto partire una campagna contro la buonuscita di Tavares, i famigerati 100 milioni. Prima cosa: la buonuscita di Tavares non sarebbe di cento milioni, fa sapere Stellantis. Seconda: la liquidazione di un manager di una multinazionale è una questione di una multinazionale. Terzo: che siano tanti o meno non lo stabilisce Salvini, ma i cda di una società privata. L’ad di Enel, Flavio Cattaneo, indicato da Salvini, una delle poche cose buone che ha fatto Salvini, ha lasciato Telecom con 25 milioni di buonuscita, e, nel suo caso, garantisce il mercato, “Cattaneo se li meritava tutti”. Fare una battaglia sulla buonuscita di un manager privato, riflette Meloni, può andare bene per i moralisti che sognano la collettivizzazione sovietica ma non per un paese del G7, tanto più un partito come la Lega che esprime il ministro dell’Economia, e che ha la sua base al nord. Oltre alla telefonata con Meloni, l’altro interlocutore di Elkann è Giorgetti, leghista che non vuole la caccia alle streghe contro Elkann, o altri investitori stranieri, tanto più dopo il caso Unicredit e l’ipotesi di usare il golden power. A Roma, ieri, di fronte alla Camera, il governatore della Puglia, Michele Emiliano, uno che di populismo se ne intende, irrideva Salvini e dichiarava: “Ormai solo Salvini e Landini parlano della buonuscita di Tavares. Salvini si è iscritto alla Cgil”. Elkann ha Imparato e non solo come funziona con Meloni. Il  responsabile di Stellantis per l’Europa è Jean-Philippe Imparato, si pronuncia all’italiana, ed è  incaricato a trattare con Urso e  Urso dice di “essere fiducioso”. Anche Ignazio La Russa ha detto la sua. Alla domanda, “Elkann deve venire in Parlamento?”, La Russa ha risposto: “Non è importante dove va, ma cosa fa”. Il 14 dicembre, ad Atreju, la festa di FdI, c’è un appuntamento da tuta blu, da partito che si vuole mostrare adulto. Si confrontano sul palco Urso, Orsini, presidente di Confindustria, il governatore di FdI, Marsilio, e Giuseppe Manca, capo del personale di Stellantis in Italia. L’evento sarà moderato da Mario Sechi, il direttore di Libero che ha titolato ieri su Landini. Il Giornale di Alessandro Sallusti ha fatto passare che “Meloni blinda i lavoratori”. Il 17 dicembre è convocato il tavolo sull’Automotive, per la firma del piano, e Meloni vuole farsi il regalo di Natale, il regalo paese, anche a costo di mordersi la lingua. Con Elkann sta applicando la lezione di Baltasar Gracián, il gesuita spagnolo che nel suo Oracolo manuale (Adelphi) consiglia: “E’ molto importante il come, in ciò che si fa. Il garbo è il baro dei giusti, il bel portarsi, l’ornamento del vivere”.

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  • Carmelo Caruso, giornalista a Palermo, Milano, Roma. Ha iniziato a La Repubblica. Oggi lavora al Foglio