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L'intervista

“La farsa in Lombardia non salverà Salvini: la sua Lega ha i giorni contati”. Parla Grimoldi

Francesco Gottardi

Secondo l’ex segretario regionale, fresco di espulsione dal Carroccio, il congresso del 15 dicembre “finirà con un candidato unico: l’ottimo Romeo, che il vicepremier sbandiererà per dire che tutto va bene. Ma lo sa anche lui che con Zaia segretario saremmo sopra il 10 per cento”

C’era una volta il congresso della Lega lombarda. “Adesso invece si preferisce pensare al Ponte sullo Stretto”. Alle espulsioni. “Non dal Carroccio, ma dalla ‘Salvini premier’”, puntualizza al Foglio Paolo Grimoldi, storico segretario regionale, purgato da Via Bellerio all’indomani delle elezioni europee. “Oggi prendo atto della dichiarazione di Invernizzi”, il candidato outsider che ha rinunciato alla corsa congressuale. “Dopo un divieto lungo quasi dieci anni, quantomeno potevano dare una parvenza di organizzazione”. Manco lo sforzo. “Oltre le lacune logistiche, questo però doveva essere un momento di confronto: invece sarà la solita farsa. Vedrete, adesso si ritirerà anche Toccalini”. Ma come, lo yes man di Salvini? “Certo. Pur di evitare il dibattito interno, il ministro obbligherà il suo uomo a farsi da parte. Nella seconda metà della prossima settimana, prevedo io. Così resterà un candidato unico”. Il senatore Massimiliano Romeo. Un leghista pensante. “Ottimo, il migliore. Il problema però non è avere un buon segretario in Lombardia. Ma chiarire gli aspetti politici della ‘Salvini premier’, che versa in stato confusionale assoluto”.

 

Grimoldi è comprensibilmente pignolo a riguardo. Quando per un attimo ci sfugge la parola “Lega”, lui subito ci interrompe: “La Lega era un’altra cosa”. Lapsus linguae, pardon. Andiamo avanti. “Per Salvini, accettare Romeo è l’unico modo di salvare capra e cavoli: cucire le bocche e insistere che tutto va bene. E se un domani il nuovo segretario dovesse imporsi un po’ troppo, c’è sempre l’arma del commissariamento”. Una spada di Damocle su tutto il Carroccio. “È per questo che ne ho fatto le spese anch’io: quando mi chiedevano di candidare gente che con la Lega e la Lombardia non c’entrava nulla, rispondevo con chi ha amministrato questi luoghi per trent’anni. Fatti, voti, risultati. Quelli che l’operazione Salvini ha completamente dilapidato”. Con tutte le intenzioni di continuare a farlo. “A partire da un programma politico suicida: scegliendo di finanziare stupidaggini, vedi l’emendamento sui forestali siciliani, mancano i fondi per la metropolitana Milano-Monza. Ma dove siamo finiti? La pedemontana lombarda, cruciale per l’intero export italiano, non può venire dopo il Ponte sullo Stretto. I siciliani stessi aspettano nuovi acquedotti”. Il bossiano di ferro sbuffa. “Una volta queste erano le proposte dell’Udeur di Mastella. Ora il fu partito del territorio asseconda l’assistenzialismo del sud”.

 

E il tanto atteso congresso lombardo, cronache alla mano, non dà segni di luce. “Su questo sarei cautamente ottimista”, ribatte invece Grimoldi. “Chiunque parli in privato, anche chi a favor di microfoni incensa il segretario federale, non fa mistero che la priorità dev’essere togliere dal simbolo quel ‘Salvini premier’. Fa ridere i polli, è controproducente, Salvini è politicamente finito. E al prossimo giro, più di un parlamentare su due starà a casa: i nodi verranno presto al pettine”. Aritmetica di metà legislatura. “L’hanno già deciso gli elettori, al più tardi saranno loro a fornire la soluzione. Ovunque il consenso crolla, spariscono i sindaci, perdiamo roccaforti come Pontida. Così dal prossimo marzo deputati e senatori inizieranno a guardarsi in giro, senza farsi scrupoli per il cambio di casacca: Salvini sarà costretto a farsi da parte o a sparire. Perché l’emorragia in corso è un problema per tutto il centrodestra. Lo abbiamo visto con l’astensionismo record delle ultime regionali”. In passato la vecchia Lega aveva percentuali simili. “Ma concentrate nella locomotiva del paese: ormai qui non c’è più una forza politica di riferimento. E così la sinistra può perfino rischiare di vincere”.

 

Alternative? “Ne abbiamo tante di valide: qualsiasi capogruppo o governatore cambierebbe la partita”. Soprattutto uno. “Se domani mattina ci svegliassimo con Zaia segretario, torneremmo subito sopra il 10 per cento. Lo sanno tutti. Anche Salvini”. Che finge di non vedere. “È un egoista totale. Magari ha svuotato il congresso lombardo della sua funzione, ma è soltanto questione di tempo. E sapete perché? Io e la Lega è dal 1991 che non cambiamo idea. Lui?” Dall’altro ieri, forse.

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