Il caso
Commissione, Ucraina e perfino migranti: perché Meloni e Orbán sono quasi amici
Il premier ungherese a Palazzo Chigi. Distanze e punti d'incontro. Tajani: sulla guerra la pensiamo in maniera diversa
Un baciamano, un caffè, un’ora e 45 minuti d’incontro, ma nessuna dichiarazione pubblica alla stampa, al contrario della volta precedente. Meglio evitare incidenti diplomatici. Dopo la visita in Vaticano, il premier ungherese Viktor Orbán ha bussato alla porta di Palazzo Chigi per incontrare Giorgia Meloni, accolto dalle proteste di +Europa.
La nuova Commissione europea li ha portati a essere quasi amici. Il leader del gruppo dei Patrioti, di cui fa parte la Lega di Matteo Salvini, continua a essere distante anni luce da Ursula von der Leyen, nonostante l’ingresso nella squadra di governo del conservatore italiano Raffaele Fitto. Su tanti argomenti, al di là della nota ufficiale sfornata a fine serata da Palazzo Chigi, restano le distanze. Su tutti la guerra in Ucraina.
A dire le cose in chiaro ci ha pensato il vicepremier e ministro degli Esteri Antonio Tajani. Perché “loro non vogliono continuare a inviare armi, non vogliono continuare a spendere per la guerra, noi abbiamo una posizione diversa”. Non a caso il governo italiano è pronto al decimo invio di materiale bellico a Zelensky, vincolandolo per tutto il 2025 (con il sì del Parlamento). Sui migranti, altro piatto forte della casa, Meloni vuole spingere affinché Bruxelles modifichi a febbraio la direttiva rimpatri. In generale il leader ungherese contesta l’impianto della maggioranza della commissione. Orbán e Meloni hanno l’ambizione di diventare un ponte con Donald Trump in un’ottica di grande alleanza delle destre mondiali: ad Atreju ci sarà il presidente argentino Milei.