L'editoriale del direttore
L'isolamento di Schlein in Europa
La distanza con la nuova Commissione sulla politica estera. La distanza con i socialisti europei su immigrazione e Difesa. L’Ucraina ma non solo. C’è un rischio orbanismo anche a sinistra. Un guaio da risolvere per il futuro del Pd
Ma qual è, in Italia, la vera svolta orbaniana? Sono passati sette giorni dalla nascita della nuova Commissione europea e sette giorni dopo il voto al Parlamento europeo è possibile concentrarsi su un dettaglio interessante che riguarda un ribaltamento dei ruoli tra il maggior partito della maggioranza e il maggior partito dell’opposizione. Per mesi, il Pd di Elly Schlein ha accusato il partito guidato da Giorgia Meloni di essere isolato in Europa, di essere irrilevante nel Parlamento europeo, di essere un corpo estraneo all’interno delle destre di governo del nostro continente. Oggi, invece, la nuova Commissione europea, e anche il nuovo Parlamento, si presentano come un incubo più per il partito più europeista d’Italia, ovvero il Pd, che per il partito diversamente europeista guidato da Giorgia Meloni. L’incubo riguarda due dimensioni diverse, emerse con chiarezza qualche giorno fa al Nazareno durante un incontro a porte chiuse sulla politica estera convocato dalla segretaria del Pd, e in queste due dimensioni il partito guidato da Elly Schlein ha già dato segno più volte di muoversi come se fosse un corpo estraneo.
La prima dimensione, naturalmente, è quella che riguarda la Commissione europea e la verità – come lasciato intendere dalla segretaria del Pd nell’incontro al Nazareno di tre giorni fa – è che il Partito democratico non è a disagio per aver votato a favore di Raffaele Fitto alla Commissione europea ma è a disagio per aver votato a favore di una Commissione che sulla politica estera, vedi la nomina di Andrius Kubilius alla guida della Difesa e vedi la nomina di Kaja Kallas alla politica estera, ha una linea che non è quella del Pd di Elly Schlein su un fronte che è invece centrale e cruciale per la nuova Commissione: il whatever it takes, come direbbe Mario Draghi, per proteggere l’Ucraina, costi quel che costi.
La linea mostrata dal Pd di Elly Schlein nei giorni successivi alla definizione dei nuovi equilibri della Commissione europea va invece in una direzione diversa all’interno della quale la difesa dell’Ucraina viene considerata meno importante della promozione della pace e non è un caso che durante la sessione a porte chiuse sulla politica estera tenuta al Nazareno siano state particolarmente valorizzate le posizioni più pacifiste, come quelle di Marco Tarquinio, di Lucia Annunziata, di Graziano Delrio, di Matteo Ricci, di Laura Boldrini oltre a quella di Giuseppe Provenzano, responsabile esteri del Pd. Tra i partiti che hanno votato la nuova Commissione europea, il Pd è certamente quello in Europa a essere meno a proprio agio con la linea oltranzista della nuova Commissione, whatever it takes for Kyiv, e nessuno nel Partito democratico ha ancora detto in che modo voterà il Pd nelle prossime settimane quando il Parlamento si esprimerà sul decimo decreto di aiuti per l’Ucraina, decreto necessario da approvare per estendere la possibilità di inviare aiuti a Kyiv anche nel 2025.
E questo aspetto ci porta ad affrontare la seconda dimensione interessante che riguarda un isolamento europea che investe il Pd più di quanto investa il partito di Giorgia Meloni. Meloni, in Europa, ha ottenuto in risultato che le permette di giocare più parti in commedia, ha votato contro la Commissione a luglio quando è stata esclusa dai giochi e ha votato a favore della Commissione a novembre quando ha ottenuto la nomina di Fitto, nomina tutto sommato non secondaria essendo stata la ragione principale per cui l’Spd tedesco non ha votato a favore della presidenza della tedesca von der Leyen. Per il Pd, invece l’equilibrio europeo è precario anche se si osserva la traiettoria assunta dal partito all’interno del suo gruppo parlamentare. Tra i socialisti, il Pd è l’unico partito della famiglia progressista a essere contrario all’utilizzo in Russia delle armi inviate dal nostro paese all’Ucraina. E’ l’unico partito della famiglia progressista a essere contrario alla creazione, come suggerito anche dal commissario uscente Paolo Gentiloni, di Eurobond sulla difesa.
E’ l’unico partito della famiglia progressista a essere stato contrario al Patto europeo sulla migrazione e l’asilo. Ed è l’unico partito della famiglia progressista a essere stato contrario alla riforma che ha portato al nuovo Patto di stabilità europeo. Nei sogni del centrosinistra, la nuova stagione europea avrebbe dovuto mettere in luce l’isolamento dell’Italia in Europa, e in particolare quello di Giorgia Meloni. Ma nei fatti il nuovo corso europeo si presenta di fronte agli osservatori in un modo molto diverso rispetto a quelle che erano le attese successive al voto europeo. Con un risultato sorprendente. Il partito di Meloni, accusato di essere ostaggio di una sindrome orbaniana, si è avvicinato al Partito popolare europeo, mentre il partito più anti orbaniano, ovvero il Pd, su alcuni temi di politica estera si sta allontanando dal Pse e si sta paradossalmente avvicinando alla linea di uno dei due partiti orbaniani d’Italia, ovvero il M5s (l’altro ovviamente è la Lega). L’isolamento in Europa è nei fatti. Il nuovo corso del Pd in Italia, invece, è solo a parole, al momento, e la grande abilità camaleontica di Elly Schlein è quella di far capire il Pd dove sta andando senza dirtelo apertamente per lasciarti intendere che il Pd potrebbe essere una cosa ma anche il suo contrario.
Un Pd scettico sul Patto di stabilità e sul Patto sulla migrazione e l’asilo è un Pd che troppi danni non li può fare. Ma un Pd che scegliesse di dare concretezza alla sua posizione sull’Ucraina allontanandosi dalla difesa senza se e senza ma e con molte armi di una democrazia aggredita e ferita come quella ucraina sarebbe un Pd che pericolosamente potrebbe abdicare alla sua identità antifascista offrendo irresponsabili sponde a tutti coloro che in Italia sognano di lavorare per far sventolare a Kyiv la bandiera più della resa che della pace. Vigilare sulle svolte orbaniane dell’Italia è importante. Vigilare sulle possibili svolte orbaniane degli anti orbaniani forse lo è ancora di più.