Il retroscena

La guerra di Grillo a Conte passa da uno show nei teatri sulla fine del M5s

Simone Canettieri

Non solo tribunali, il fondatore del Movimento è pronto a tornare con uno spettacolo. E intanto agli amici confessa: "Meloni? E' una tosta"

Il video dell’altro giorno, quello in cui guida un carro funebre per ribadire la morte del M5s per mano di Conte, non è che uno spinoff. Beppe Grillo si è molto piaciuto in quegli otto minuti e 55 secondi di umorismo nero e graffiante. Al punto che è pronto ad annunciare per il 2025 un nuovo tour per teatri. L’ennesimo show. Solo che questa volta il garante userà il palco alla sua maniera: demolire l’ex premier e tutti quei figli ingrati che, dice, gli hanno voltato le spalle per un altro giro in Parlamento e che gli danno anche lezioni su quali siano i valori del Movimento che fondò con Gianroberto Casaleggio. Grillo ha 76 anni. E dice che vuole divertirsi, e incassare. E’ sicuro – al di là della ripetizione del voto online del fine settimana –   che riuscirà a ottenere simbolo e nome, sfrattando Conte. Per farsene cosa ancora non lo sa.  

 

Grillo si fida di Virginia Raggi, ex sindaca di Roma che gli ha messo a disposizione diversi avvocati romani esperti di diritto societario, ma non di Alessandro Di Battista. Che reputa uno molto bravo con le parole, ma poco propenso all’impegno e a prendere una decisione. O meglio per usare una perifrasi al posto di una parola molto usata nello slang giovanile: un millantatore di presunte capacità, virtù e successi. Dibba è neutrale e in equilibrio, nonostante l’associazione che ha fondato si chiami, ironia del caso, “Schierarsi”. Di Battista ha un contratto con La7 con la trasmissione “Dimartedì” di Giovanni Floris e pubblica i suoi libri con “PaperFirst”, la casa editrice del Fatto quotidiano. Grillo non fa affidamento su di lui. Chi conosce il Che Guevara di Roma nord sa che magari a ridosso delle elezioni proverà a scendere in campo, come indipendente, a sostegno forse di chi avrà vinto questa battaglia. Ma prima occorre che qualcuno la porti avanti.

 

Conte sa che il simbolo e il nome valgono sul mercato elettorale almeno 3 punti percentuali. Un piccolo consenso che per un partito che non se la passa benissimo è un appiglio da non mollare. Anche Grillo sa questo, ed è pronto a portarlo per tribunali pur di non farglielo più usare convinto che nelle matrioske di associazioni che si sono succedute sia la prima, quella che ha fondato, ad avere la meglio davanti a un giudice. Il suo essere fuori dagli schemi gli fa fare con gli amici commenti a briglia sciolta sui leader italiani e internazionali. Per esempio di Giorgia Meloni dice che “è tosta” e che “sa parlare agli italiani”, pur non condividendo certo molte politiche della premier. Non gli dispiacciono nemmeno Donald Trump e Javier Milei, anche se è lontano da quest’ultimo su tutto ciò che riguarda il cambiamento climatico. A Grillo per esempio non piace il Pd e nella sua strategia di logoramento c’è anche questo: far sì che alla fine Conte non sia il migliore degli alleati per Elly Schlein. La stoccata dell’altro giorno a Roberto Fico – “il ‘che aggia fa’ con l’autobus e la scorta...” – va proprio in questa direzione: l’ex presidente della Camera punta a diventare governatore in Campania con il via libera del Pd (Vincenzo De Luca permettendo). Il M5s di Giuseppe Conte vive questo travaglio con una certa preoccupazione. Stefano Patuanelli, capogruppo in Senato, dice: “La prima volta avevo votato contro l’abolizione del garante, ma a favore di una riduzione delle sue prerogative. Adesso rivoterò, certo, ma per l’eliminazione del Garante”. La ripetizione del voto che inizierà domani fino a domenica si gioca sul raggiungimento del quorum affinché i quesiti più importanti siano validi (devono votare più di 44 mila iscritti). Un fatto che nasce dalla scrematura effettuata dai vertici contiani rispetto alla platea passata da 159 mila a 88 mila. Una decisione, anche questa, che Grillo vuole impugnare. Tanto che ieri sera, sempre su consiglio degli avvocati, ha fatto comparire questo messaggio sul suo blog: “Ti è stato negato l'accesso alle votazioni della Costituente M5s del 21 e  24 novembre? Scrivilo al garante! Manda una mail a: [email protected]. Serve una descrizione dettagliata di quello che ti è successo. Facciamo valere la democrazia diretta contro il taglio degli iscritti al MoVimento!”. L’ex ministro Danilo Toninelli anche ieri ha fatto capolino per annunciare che comunque vada ci sarà un contenzioso in tribunale per invalidare questa surreale assemblea costituente. Ormai è un groviglio di carte bollate che minacciano di volare di qua e di là. Con il Pd, appunto, sempre più imbarazzato e inerme davanti a questa situazione. Schlein si è data la consegna del silenzio. Matteo Renzi, che con i grillini ha una vertenza aperta da quasi dieci anni, osserva molto divertito. Il deputato di Iv Francesco Bonifazi: “Quando fate un bello streaming Conte-Grillo?”. Il garante che non vuole essere smacchiato si ritrova a surfare su questo marasma. E intanto ascolta e si sfoga con gli amici. Gli stessi a cui annuncerà la prossima settimana per la consueta festa di Natale a casa che è pronto a ripartire con uno spettacolo. Sulla morte del M5s.
 

Di più su questi argomenti:
  • Simone Canettieri
  • Viterbese, 1982. Al Foglio da settembre 2020 come caposervizio. Otto anni al Messaggero (in cronaca e al politico). Prima ancora in Emilia Romagna come corrispondente (fra nascita del M5s e terremoto), a Firenze come redattore del Nuovo Corriere (alle prese tutte le mattine con cronaca nera e giudiziaria). Ha iniziato a Viterbo a 19 anni con il pattinaggio e il calcio minore, poi a 26 anni ha strappato la prima assunzione. Ha scritto per Oggi, Linkiesta, inserti di viaggi e gastronomia. Ha collaborato con RadioRai, ma anche con emittenti televisive e radiofoniche locali che non  pagavano mai. Premio Agnes 2020 per la carta stampata in Italia. Ha vinto anche il premio Guidarello 2023 per il giornalismo d'autore.