il colloquio
Giordano (FdI) spiega il network di Meloni: "Non c'è solo Trump. Con il Ppe valori comuni”
"La premier ragiona da europeista e sta creando un rete molto più ampia: oltre al prossimo presidente americano ci sono Modi e Milei. Il riconoscimento di Politico? C'è un’attenzione sempre più importante nei nostri confronti", dice il deputato meloniano e segretario generale di Ecr
Roma. “Ci sono evidenze che non si possono nascondere”, sorride Antonio Giordano. Deputato di Fratelli d’Italia e segretario generale di Ecr, che la scorsa settimana era in missione a Washington, in compagnia di Forza Italia e di Manfred Weber, il capo dei popolari europei. Parla di Politico, il giornale brussellese che ha definito Meloni la politica “più potente” d’Europa, la vera interlocutrice di Donald Trump. L’Italia avrà un ruolo privilegiato? E’ questo l’obiettivo? “Più che un obiettivo, è un percorso che la premier porta avanti da mesi, vedendo accrescere di giorno in giorno il riconoscimento per il suo lavoro”. Ma attenzione: “Non c’è solo Trump. Ci sono anche Modi e Milei”.
“Politico è un giornale autorevole, sebbene sia chiaramente orientato. E non nella nostra direzione. Anche loro hanno preso atto di un fatto evidente. Anche se io – dice Giordano al Foglio – non parlerei di potere, ma di riconoscimento. Per anni qualcuno ha insistito nel dipingerci come isolati, invece c’è un’attenzione sempre più importante nei confronti di Meloni”. Il deputato si riferisce all’incontro avvenuto a Parigi con Trump e poi alla tela di relazioni che la presidente del Consiglio continua a tessere fra Roma, Bruxelles e il resto del mondo. “Non bisogna soffermarsi solo sugli Stati Uniti. Meloni sta creando un collegamento molto più ampio. Da una parte c’è Trump appunto, ma dall’altro ci sono per esempio il primo ministro indiano Narendra Modi e il presidente dell’Argentina Javier Milei. Se lo immaginiamo sulla mappa, se uniamo i puntini, ecco che viene fuori un network molto interessante”. Tutto questo, prosegue il deputato meloniano, avviene in un’ottica europeista. “Meloni è una team player”. Che intende? “Ragiona sui vantaggi per l’Italia. Ma prima ancora sui benefici e sulle opportunità per l’Europa. Ovviamente senza recar danno al nostro paese”.
Qualche giorno fa Giordano era a Washington, in occasione del Forum annuale dell’Idu – International democracy union – che raduna circa 80 partiti della destra moderata mondiale. E’ stata anche l’occasione per stringere i rapporti con esponenti repubblicani che potrebbero far parte della prossima amministrazione trumpiana e con cui presto ci sarà da discutere. “E’ un lavoro che stiamo facendo, non solo io. Ci sono tanti altri colleghi, in particolare i capi della nostra organizzazione europea. Il nostro obiettivo – dice Giordano – è creare un terreno umido, fertile, che ci permetta di coltivare relazioni e ottenere risultati”. E d’altra parte la politica economica, i dazi annunciati da Trump non possono essere presi alla leggera. “Una questione da gestire con attenzione, ma senza allarmismo”.
Con Giordano a Washington, c’erano anche la responsabile Esteri di FI, Deborah Bergamini, e il leader del Ppe Manfred Weber. E’ un altro segnale d’avvicinamento tra popolari e conservatori? “Sicuramente lo è. Ma il primo esempio di questo dialogo – ricorda Giordano – è proprio l’Italia, dove governiamo insieme a FI e a una forza più marcatamente sovranista come la Lega. Con FI, con i popolari, facciamo già un lavoro eccellente a Roma. Negli Stati Uniti ho partecipato a gran parte degli appuntamenti proprio con Bergamini. Non è stato un caso ma una scelta”. Anche a Bruxelles, qualche settimana fa, con il voto a favore di Ursula von der Leyen abbiamo assistito a un avvicinamento tra Ppe e conservatori. Vedremo presto lo schema italiano anche in Europa? “L’esempio del nostro governo dimostra che possiamo lavorare bene con i popolari”, risponde il segretario generale di Ecr, prima di fare una precisazione: “In Europa non c’è stato un allargamento della maggioranza iniziale. Il nostro sì a von der Leyen si deve al fatto che la presidente ha costruito una Commissione che in buona parte, adesso, riflette il risultato delle urne. E – avverte Giordano – anche se ora c’è un italiano in Commissione, Raffaele Fitto, noi continueremo a fare il nostro mestiere. Va distinto il riconoscimento all’Italia, come nazione, dalla dimensione politica. Poi è ovvio che sui singoli provvedimenti, tra partiti che condividono gli stessi valori, potranno nascere intese e maggioranze diverse, è del tutto fisiologico per la struttura del Parlamento europeo”.
L’ultima battuta è sulla presidenza di Ecr, che oggi è in capo a Meloni. Da mesi si parla di un avvicendamento a favore dei polacchi del PiS: andrà cosi? “Era stata la stessa Meloni a chiedere un avvicendamento al vertice già lo scorso anno, ma coralmente le avevano chiesto di rimanere almeno fino alle europee, compito portato a termine con lode. Di certo la carica di presidente non è eterna e dentro Ecr ci sono moltissime anime e personalità all’altezza. Ma – conclude Giordano – non c’è ancora una data o una scadenza”.