Il caso

Il Colle chiede modifiche al ddl Sicurezza: si va verso la terza lettura. No di Salvini

Simone Canettieri

Nel testo sono da modificare le parti che riguardano le sim ai migranti e il carcere per le donne in gravidanza. La Lega si oppone, Fratelli d'Italia e Forza Italia fanno asse. Nuova crisetta all'orizzonte

Lo chiede il Quirinale, Giorgia Meloni è d’accordo, il ministro per i rapporti con il Parlamento Luca Ciriani lo annuncia, la Lega si mette di traverso. Con la classica avversativa, da seconda riga dei titoli dei giornali. Tipo: “Il governo fa questo, ma Salvini frena, stoppa...”. Succede così anche per la più che possibile terza lettura del Ddl Sicurezza, evento unico capitato finora a un disegno di legge  in questa legislatura. Nel testo che doveva essere licenziato dal Senato sono spuntati dettagli incostituzionali e forse discriminatori come negare la sim del telefono a chi non ha il permesso di soggiorno o il regime del carcere per le donne incinta o con un figlio di meno di un anno. Urgono migliorie, anzi sono dovute, ed ecco il solito cortocircuito.

La decisione è arrivata ieri dopo pranzo al temine di un vertice di maggioranza. E subito ecco la reazione di Riccardo Molinari, capogruppo della Lega a Montecitorio: “A me risultava chiuso. Io sapevo che doveva passare al Senato senza modifiche anche perché qui alla Camera è stato esaminato per un periodo lungo, sono state accolte tante richieste. Mi auguro non ci sia una terza lettura”. Così non sarà, pare.  Il governo ha aperto alla terza lettura sul ddl Sicurezza, il provvedimento approvato dalla Camera dei deputati a settembre e ora in Commissione al Senato che introduce una serie di modifiche al codice penale, tra cui nuovi reati e pene più severe. “Alcuni aspetti possono essere eventualmente migliorati”, ha spiegato Ciriani dopo aver incontrato, fra gli altri, i sottosegretari della Lega con la delega alla Giustizia (Ostellari) e all’Interno (Molteni). Senza escludere appunto la possibilità di una terza lettura per il disegno di legge, che a questo punto è destinato a tornare alla Camera. Con il rischio che l’iter per le modifiche volute dal Colle vadano a impattare con i lavori in corso per la manovra. Intanto ieri sera sono ripresi  i lavori in commissione a Palazzo Madama.

 

Le opposizioni hanno presentato circa 1.500 emendamenti e stanno sfruttando tutti i margini offerti dal regolamento per fare ostruzionismo. Tanto che l'esame è arrivato all’articolo 10 sui 38 complessivi. Pd, M5S, Avs e +Europa hanno aderito alla manifestazione nazionale indetta per sabato prossimo dalla Rete nazionale “A Pieno Regime”. Sono sul piede di guerra anche gli operatori del settore della canapa contro la norma, caldeggiata dal sottosegretario alla presidenza del consiglio Alfredo Mantovano, che la equipara alla cannabis. L'ipotesi di riaprire i giochi sul provvedimento è stata accolta dal Pd con la richiesta “che, per una volta, vi sia la disponibilità da parte della maggioranza a un confronto vero che porti alla riscrittura del testo, e prevalgano le ragioni del diritto e della ragionevolezza su quelle dell’ideologia e della propaganda”. Sullo sfondo il solito schema. Forza Italia prova a evitare l’ennesimo scontro con il partito di Matteo Salvini. E da Antonio Tajani, dopo la nota della Lega che invita gli alleati ad approvare subito il provvedimento “senza perdite di tempo”, arriva la linea ufficiale per deputati e senatori azzurri: non forniamo pretesti per aprire un ulteriore fronte nella maggioranza (il voto sul canone Rai ancora brucia). Tra i temi al centro della riflessione, caldeggiata dal Quirinale, ci sono la stretta sulle sim ai migranti senza permesso di soggiorno e la norma sulle madri detenute. Su entrambe le questioni Forza Italia non ha mai nascosto le sue perplessità, presentando degli emendamenti per correggere il tiro. Per quanto riguarda le madri detenute, per esempio, con il deputato Paolo Emilio Russo FI aveva firmato un emendamento che chiedeva di ripristinare l’obbligo di differimento della pena per le madri con figli fino a un anno: emendamento che è stato poi trasformato in un ordine del giorno che prevede una sorta di “monitoraggio” tra un anno. Un’altra piccola bega è all’orizzonte.  

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  • Simone Canettieri
  • Viterbese, 1982. Al Foglio da settembre 2020 come caposervizio. Otto anni al Messaggero (in cronaca e al politico). Prima ancora in Emilia Romagna come corrispondente (fra nascita del M5s e terremoto), a Firenze come redattore del Nuovo Corriere (alle prese tutte le mattine con cronaca nera e giudiziaria). Ha iniziato a Viterbo a 19 anni con il pattinaggio e il calcio minore, poi a 26 anni ha strappato la prima assunzione. Ha scritto per Oggi, Linkiesta, inserti di viaggi e gastronomia. Ha collaborato con RadioRai, ma anche con emittenti televisive e radiofoniche locali che non  pagavano mai. Premio Agnes 2020 per la carta stampata in Italia. Ha vinto anche il premio Guidarello 2023 per il giornalismo d'autore.