Rapporti alla mano /22
Una radiografia della sanità in Italia e in Europa. Fra successi e contraddizioni
Una macchina sempre più complessa per la quale non bastano i medici a farla funzionare. La spesa e la carenza di personale sono i grandi problemi del sistema nazionale. Benché nel nostro paese si goda di buona salute
La Corte costituzionale, nella sentenza 195 del 6 dicembre 2024, ha affermato, sulla scia di precedenti decisioni, che risalgono fino al 2017, che la spesa sanitaria è “spesa costituzionalmente necessaria”: “In un contesto di risorse scarse, per fare fronte a esigenze di contenimento della spesa pubblica dettate anche da vincoli euro unitari, devono essere prioritariamente ridotte le altre spese indistinte, rispetto a quella che si connota come funzionale a garantire il ‘fondamentale’ diritto alla salute di cui all’art. 32 Cost., che chiama in causa imprescindibili esigenze di tutela anche delle fasce più deboli della popolazione, non in grado di accedere alla spesa sostenuta direttamente dal cittadino, cosiddetta ‘out of pocket’”. E’ “‘la garanzia dei diritti incomprimibili a incidere sul bilancio, e non l’equilibrio di questo a condizionarne la doverosa erogazione’ (sentenza n. 275 del 2016); da questo principio deriva che tali diritti, e in particolare il diritto alla salute, coinvolgendo primarie esigenze della persona umana, non possono essere sacrificati fintanto che esistono risorse che il decisore politico ha la disponibilità di utilizzare per altri impieghi che non rivestono la medesima priorità”.
Una radiografia eccezionalmente ricca della sanità europea
Ma che cosa si deve fare per assicurare questa “spesa costituzionalmente necessaria”, e quindi una tutela efficace del diritto alla salute? Per capire dove andare e con quali mezzi, soccorre una radiografia eccezionalmente ricca e analitica preparata dall’Organizzazione per la cooperazione e lo sviluppo economico – Ocse (Oecd/European Commission (2024), Health at a Glance: Europe 2024: State of Health in the Eu Cycle, Oecd Publishing, Paris). Redatta dall’Ocse insieme con la Commissione europea, valendosi anche di contributi dell’Eurostat (l’Ufficio statistico dell’Unione europea, una direzione generale della Commissione europea che raccoglie ed elabora dati provenienti dagli Stati membri dell’Unione europea a fini statistici, assicurando l’armonizzazione della metodologia statistica tra gli Stati membri) e dell’Organizzazione mondiale della sanità, riguarda i 27 paesi dell’Unione, ma considera anche alcuni altri dei 38 paesi dell’Ocse. Analizza sia la “macchina” sanitaria, sia le condizioni di salute della popolazione, con dati che vanno dalla disponibilità e dalla remunerazione del personale sanitario alla spesa pubblica e privata per la salute, alle cause di ricovero e di mortalità, fino ai tassi di vaccinazione.
I punti critici della sanità nell’Unione europea
Il rapporto esamina i maggiori problemi dei diversi sistemi sanitari nazionali dopo la pandemia ed è diviso in due parti. Nella prima fa un esame ampio delle carenze di manodopera sanitaria in Europa, un problema di lungo periodo che è stato accentuato dalla pandemia, e considera le strategie seguite dalle singole nazioni per risolvere questa questione. La seconda parte è relativa alle tendenze più recenti dell’invecchiamento della popolazione e delle aspettative di vita e considera le politiche dirette ad aumentare la longevità e a ridurre la domanda di assistenza sanitaria a lungo termine. Infine, il rapporto contiene un esame comparativo dei più recenti dati sui fattori di rischio per la salute.
I risultati principali, relativi alla sanità europea, mettono in luce le carenze del personale sanitario, l’invecchiamento della popolazione, la disparità tra Paesi nelle aspettative di vita, l’assenza di progressi nell’affrontare i fattori di rischio legati agli stili di vita, i punti critici nell’affrontare le infezioni e le epidemie, la desertificazione medica (e cioè la diffusione di aree non servite perché il personale sanitario si concentra nelle regioni centrali, attorno alle capitali), il minore interesse dei giovani per le carriere sanitarie, i tentativi di affrontare questi problemi allungando l’età lavorativa del personale medico, prevedendo incentivi retributivi, reclutando personale medico straniero e sviluppando ulteriori corsi di perfezionamento.
Le difficoltà della sanità italiana
Molto peggiori le condizioni della sanità italiana. Quattro indicatori lo dimostrano. In Italia il numero degli addetti, come proporzione dell’occupazione, è dell’8,2 per cento contro una media europea dell’11 per cento e punte di 20,2 per cento in paesi come la Norvegia. La spesa pro capite per la salute in Italia è di 2.947 euro, nella media europea di 3.533, in Germania di 5.317. Il personale medico italiano ha una età media di 54 anni contro una media europea di 35 anni. Gli infermieri sono 6,5 su 1.000 abitanti in Italia contro gli 8,4 nell’Unione europea.
I successi della salute in Italia
Se la funzione di un servizio sanitario è quella di assicurare la salute ai cittadini, e la loro longevità, l’indicatore relativo alle aspettative di vita degli italiani presenta un singolare contrasto con la crisi del servizio sanitario nazionale, perché l’Italia è tra i paesi con la popolazione più longeva, con una media di 83,8 anni. Quindi, la situazione presenta un singolare paradosso: da un lato, carenza di personale e spesa insufficiente; dall’altro, complessivamente buone condizioni di salute degli italiani, a cui si aggiungono i dati relativi a una percentuale abbastanza alta di allocazione della spesa per la prevenzione e un basso tasso di mortalità derivante da cause evitabili. Naturalmente, la salute dei cittadini non dipende soltanto dall’efficacia del servizio sanitario nazionale, ma anche dagli stili di vita, dal clima, dalle condizioni generali di vita. Tuttavia, questi dati presentano elementi contraddittori, che andrebbero studiati approfonditamente.
Che fare?
La radiografia presentata dall’Ocse e dalla Commissione europea non considera tutti gli elementi del servizio sanitario, in particolare quella rete spezzata che è stata prodotta da una sbagliata regionalizzazione della materia, e in particolare le carenze della sanità territoriale o di base. Tuttavia suggerisce un metodo per affrontare i problemi della sanità, un metodo articolato in due punti.
Il primo riguarda l’integrazione delle conoscenze: così come lo sviluppo delle scienze della vita ha consentito di fare passi da giganti alla medicina, vi è una necessità urgente di integrare l’analisi dei sistemi sanitari con conoscenze e metodologie di tipo economico, finanziario e manageriale, perché la “macchina” sanitaria è diventata sempre più complessa e non bastano i medici per farla funzionare. E oltre a integrare le conoscenze è necessaria, come dimostra questa indagine dell’Ocse, la comparazione. Alexis de Tocqueville ha scritto che non capirà mai nulla della rivoluzione francese chi studi soltanto la rivoluzione francese. Lo stesso si può dire dei sistemi sanitari.