FACCE DISPARI

Renzo Caramaschi: “Dopo la pensione diventai sindaco e romanziere”

Francesco Palmieri

Il primo cittadino di Bolzano racconta la sua passione per la scrittura: negli ultimi dodici anni ha scritto undici romanzi. Una passione matura, come quella per la montagna

Un’ora al giorno, dalle undici e un quarto a mezzanotte e un quarto, Renzo Caramaschi sindaco di Bolzano si chiude nel suo studio a scrivere romanzi. È all’undicesimo pubblicato in dodici anni, ne ha settantotto d’età ed è di quelli che imprimono tardi le tracce più importanti sulla propria biografia. Fu eletto sindaco la prima volta con una coalizione di centro-sinistra nel 2016, sette anni dopo essere andato in pensione; ora s’avvia a concludere il secondo mandato con il bilancio comunale più felice d’Italia e la città al secondo posto per qualità della vita. Il Comune non ricorre ai mutui da otto anni, registra un avanzo costante di amministrazione e l’addizionale Irpef è pari a zero.

 

Le mancherà la poltrona?

Per nulla. Terminerò a maggio 2025 e anche se potessi non avrei intenzione di proseguire fino a 84 anni. In generale però ritengo sbagliato il veto sui mandati e mi infastidisce che lo proclamino parlamentari rieletti per una vita alla Camera o al Senato, il cui vero obiettivo è far fuori certi sindaci o governatori sgraditi.

 

Perché sarebbe positivo il terzo mandato anche per i sindaci dei Comuni più grandi?

L’azione amministrativa è talmente complessa che spesso occorrono tre mandati per avviare un progetto, finanziarlo e portarlo a realizzazione. I meccanismi normativi cambiano continuamente e ora bisognerà adeguare la contabilità alle nuove regole europee. Ho lavorato trentacinque anni nella macchina comunale fino alla pensione nel 2009 e so quanto sia difficile gestirla.

 

Come si mantiene l’equilibrio di bilancio?

Sorvegliando le uscite di parte corrente e attingendo con accortezza le risorse dai contributi Ue, dai fondi dello Stato e del Pnrr. È complicato ma ci si è riusciti. Siamo la città italiana che investe di più in rapporto agli abitanti. Senza fare debiti.

 

Ammetterà che a Bolzano è più agevole rispetto ad altri Comuni.

È una città dove non c’è mai stata molta evasione. I cittadini pagano.

 

Per cosa vorrebbe essere ricordato?

Per il rimodernamento delle infrastrutture: impianti idrici, del gas, fibra ottica e il teleriscaldamento, che ha ridotto del 30 per cento le emissioni di CO2. È come avere piantato un bosco esteso quanto mezza città. Con il termovalorizzatore c’è la fonte energetica più pulita ed economica e una continuità di fornitura. Quando non serve per il riscaldamento, produce elettricità. E ovviamente le tariffe sono più basse. Sono venuti dalla Cina per studiarci.

 

Altrove sui termovalorizzatori sono divampate annose diatribe.

È da ridere. Con la raccolta differenziata resta comunque un trenta per cento di rifiuti non riciclabile che va bruciato. E la misurazione delle emissioni del nostro impianto è costantemente riportata su internet. Basta guardare. 

 

Come diventò scrittore?

Non pensavo di diventare sindaco e non avrei mai pensato di scrivere, ma quando andai in pensione lessi in un romanzo di Nabokov la descrizione di una finestra: una pagina perfetta. M’ispirò la voglia di emularlo raccontando la serratura di un maso che portava incisa la data del 1465. Qualcuno mi suggerì di farne tutta la storia. Cominciai così. Mursia prese il romanzo e poi mi ha pubblicato gli altri. L’ultimo è stato tradotto anche in tedesco.

 

E se fosse ricordato più come romanziere che come sindaco?

Non mi dispiacerebbe, in fondo scrivo per disintossicarmi dal lavoro.

 

Come passa dalla lettura diurna del burocratese alla scrittura notturna?

Tornato a casa prendo un classico qualunque, Maupassant, Dostoevskij, Prévert, ne leggo due o tre pagine e mi depuro dal linguaggio della pubblica amministrazione. Poi comincio a scrivere. I miei sono romanzi storici, la fantasia è inquadrata in un’epoca precisa e racconta la piccola umanità ansimante dell’Alto Adige, percorsa dai grandi avvenimenti europei che subisce e su cui non può incidere. Come del resto oggi accade anche a noi.

 

Cosa farà da maggio?

Riprenderò le escursioni in montagna. Ho pubblicato anche due guide sulla Valle Aurina, ma per gli impegni istituzionali riesco ad andarci solo una volta ogni mese e mezzo.

 

Anche questa è una passione matura?

Scoccò a cinquantatré anni, anche se da militare avevo fatto la scuola ufficiali degli alpini. Un giorno guardai attorno e mi dissi: che meraviglia queste montagne. Invidio i camosci che non fanno fatica a salire tra panorami stupendi e la luce che cambia con la corsa delle nuvole. Poi la vita civile ti reclama, ridiscendi e provi tristezza.

 

Quali saranno le priorità del suo successore?

Già spendiamo 90 milioni, un terzo del bilancio, per interventi sociali, case di riposo, asili nido, mense, recupero tossicodipendenze. Bisognerà adeguarsi ai nuovi stili di vita: il 44 per cento dei nuclei bolzanini è unifamiiliare, contro il 4-5 per cento del 1971. Contiamo 107 mila abitanti, gli stessi di allora, ma su uno spazio territoriale cresciuto del 42 per cento. Ci saranno tanti anziani soli cui badare. Sono i risvolti di un mondo più egoista: fare un figlio comporta costi e responsabilità. I giovani preferiscono sciare.

 

Quanti bolzanini di domani saranno figli di migranti?

I migranti sono il 16 per cento della popolazione, da 101 nazioni diverse. La destra mi attacca come se li avessi chiamati io, ma la Confindustria locale dice che avremo bisogno di 30 mila lavoratori nei prossimi anni. Già oggi se i migranti se ne andassero Bolzano chiuderebbe, perché sono impiegati nei servizi di base, nelle cliniche, nelle scuole. Naturalmente c’è pure chi spaccia droga, ma il potere di espellere i delinquenti non è mio. Si muova lo Stato.

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