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L'editoriale del direttore

Meloni si allontana da Atreju e scopre che sull'Europa va d'accordo più con l'odiato Prodi che con l'alleato Salvini

Claudio Cerasa

Palco o realtà? Se si osserva con attenzione ciò che la premier ha detto in Parlamento su Ucraina, accordo Ue-Mercosur, dazi e immigrazione si avrà la netta sensazione che sui temi che contano in fondo è più vicina ad alcuni leader che ha attaccato ad Atreju che ai politici un tempo amici

Prodi e Meloni: da un lato il palco, dall’altro la realtà. La dinamica, ormai da mesi, è sempre la stessa. Quando si presenta nei luoghi in cui si decide poco o nulla, la presidente del Consiglio torna a essere un po’ più Giorgia di lotta e un po’ meno Meloni di governo. Quando si presenta nei luoghi in cui si decide qualcosa, in cui le parole si pesano, la presidente del Consiglio torna a essere un po’ meno Giorgia di lotta e un po’ più Meloni di governo. La dinamica, ormai da mesi, è sempre la stessa e il capo del governo ha recitato lo stesso spartito, mostrando le due facce, nel giro di quarantotto ore. Prima, ad Atreju, alla festa di Fratelli d’Italia, mostrando i muscoli, giocando con la retorica, alzando il livello dello scontro con gli oppositori (in primis Romano Prodi). Poi, due giorni dopo, eccola in Parlamento a cambiare registro, a cambiare tono, e a mettere in fila, lontano dalle feste di partito, lontano dai luoghi in cui si decide poco o nulla, alcune idee che forse ieri non saranno dispiaciute neppure al professor Romano Prodi. Ieri, lo sapete, la presidente del Consiglio si è presentata in Aula per le sue comunicazioni in vista della riunione del Consiglio europeo e nel corso della sua relazione alla Camera ha offerto alcune notevoli chicche di anti populismo e di anti salvinismo, non tutte ascoltate dalla Lega di Salvini che per buona parte dell’intervento della premier è rimasta fuori dall’Aula (60 parlamentari su 65) non per polemica ma per problemi tecnici legati ad alcuni treni in ritardo (serve ricordare chi è il ministro dei Trasporti?). Punto numero uno: l’Ucraina si difende e si difenderà senza se e senza ma anche il prossimo anno.

 

Punto numero due: l’Italia, al contrario di quanto chiede la Lega di Salvini, non dirà di no all’accordo Ue-Mercosur, a condizione che il suddetto accordo sia propedeutico alla presenza di “garanzie concrete e opportunità di crescita anche al mondo agricolo europeo”. Punto numero tre: rispetto alla possibilità che l’America guidata da Donald Trump possa giocare pericolosamente con i dazi, l’Italia non starà a guardare e non asseconderà quelle politiche, e “se si sta parlando del rischio di una politica economica protezionistica, è ovvio che è qualcosa su cui noi dobbiamo lavorare per evitarla”. Punto numero quattro: per cercare di prevalere nella battaglia con la magistratura sul tema delle misure d’urgenza per rimpatriare chi non ha diritto a stare in Italia, la via giusta da seguire è quella di muoversi in nome dell’Europa, “provando ad anticipare il più possibile quanto previsto dal nuovo Patto di migrazione e asilo sulla definizione di paese di origine sicuro”. Punto numero cinque: per governare l’immigrazione non serve chiudere i porti, ma serve chiedere non meno Europa ma più Europa, come dimostra il fatto che “il lavoro svolto finora per rafforzare la collaborazione dell’Ue con alcune nazioni di origine e transito ha contribuito a una diminuzione dei flussi irregolari del 60 per cento rispetto al 2023 lungo la rotta del Mediterraneo centrale”.

 

Se si confronta la Giorgia di lotta con la Meloni di governo non si avrà solo la sensazione classica di avere a che fare con una leader particolarmente disinvolta nell’essere incoerente rispetto al proprio passato populista. Ma si avrà un’impressione in più. E ci si accorgerà che quando la Giorgia di lotta lascia il posto alla Meloni di governo gli amici di un tempo diventano avversari del presente e gli avversari di sempre diventano gli alleati del presente (e non a caso, in Europa, Meloni è alleata con il Pd, e non con Salvini). E se si osserva poi con attenzione ciò che ieri ha detto Meloni su Ucraina, accordi commerciali, lotta al protezionismo americano, gestione dell’immigrazione si avrà la netta sensazione che sui temi che contano Meloni in fondo è più vicina ad alcuni leader che ha attaccato ad Atreju, come Prodi, che ai politici che si sono spellati le mani complimentandosi per gli attacchi rifilati a Prodi & Co. Da un lato il palco, dall’altro la realtà. Popcorn per tutti.

  • Claudio Cerasa Direttore
  • Nasce a Palermo nel 1982, vive a Roma da parecchio tempo, lavora al Foglio dal 2005 e da gennaio 2015 è direttore. Ha scritto qualche libro (“Le catene della destra” e “Le catene della sinistra”, con Rizzoli, “Io non posso tacere”, con Einaudi, “Tra l’asino e il cane. Conversazione sull’Italia”, con Rizzoli, “La Presa di Roma”, con Rizzoli, e "Ho visto l'uomo nero", con Castelvecchi), è su Twitter. E’ interista, ma soprattutto palermitano. Va pazzo per i Green Day, gli Strokes, i Killers, i tortini al cioccolato e le ostriche ghiacciate. Due figli.