L'intervista
Luigi Zanda (Pd): “Felice per Renzi. Le inchieste finite in nulla sono troppe”
"Quando non è meritato, il discredito della politica fa molto male all’Italia", dice l'ex senatore dem secondo cui anche l'informazione ha le sue responsabilità: "Vige la vecchia regola dello ‘sbatti il mostro in prima pagina’. I media trattano le inchieste sin dall’inizio dando credito all’istruttoria quando tutto è ancora nebuloso"
“Sapere che le accuse contro Renzi e altri ex dirigenti del Pd sono state giudicate infondate mi ha fatto piacere non solo per loro, che sono amici, persone con cui ho collaborato. Ma soprattutto perché, quando non è meritato, il discredito della politica fa molto male all’Italia. La politica quando è onesta è l’attività umana più nobile, non può vivere senza rispetto dell’opinione pubblica. Il discredito la danneggia in misura irreparabile”. L’ex senatore del Pd Luigi Zanda lo legge in questo modo il proscioglimento di Matteo Renzi e degli altri imputati nel processo Open.
Una vicenda giudiziaria che si è protratta per oltre cinque anni e che forse è stato il colpo di grazia definitivo per l’affossamento di una carriera politica come quella dell’ex presidente del Consiglio. Questo tipo di indagini, finite nel nulla, pongono forse il problema dell’invasione della magistratura nei destini della politica, quasi a poter cambiare il corso della storia e il percorso dei leader? “Renzi si è dimesso da segretario quando ha perso le elezioni, e da presidente del Consiglio quando ha perso il referendum, non per le inchieste giudiziarie”, dice Zanda. “Detto questo, sono sensibile all’aspetto personale, credo che tutti abbiano il diritto a vedere tutelata la propria dignità e a una maggiore attenzione da parte dei giudici su questo aspetto". Ma le questioni aperte, sul fronte della magistratura, vanno pure oltre. “Lasciamo perdere lo spaccato che emerge dalla famosa inchiesta Palamara. O anche il tema della separazione delle carriere. Mi sembra più che altro che il numero di casi clamorosi di istruttorie che non finiscono bene stia crescendo un po’ troppo. Non c’è solo il caso Open, penso a quello che ha coinvolto l’ex senatore Esposito, la condanna di Davigo, del pm De Pasquale. E quindi penso che siano questi avvenimenti che arriveranno a determinare alcuni chiarimenti legislativi. Credo nell’indipendenza della magistratura, che deve rimanere inviolabile, e che si debba lavorare sulla formazione culturale e civile dei giudici”. Più in generale, ragiona l’ex senatore dem, “in una società ideale i giudici non sbagliano mai e i politici sono tutti onesti. Ma noi viviamo in una democrazia notevolmente imperfetta nella quale la cultura della giustizia è il risultato dei comportamenti di quattro protagonisti: politica, magistratura, giornalisti e opinione pubblica”.
Le responsabilità, quindi, sono condivise. Quelle della politica sono evidenti: “Il tema è cosa significa garantismo: è vero che da un punto di vista giudiziario non si è colpevoli fino a sentenza definitiva. Ma è anche vero che la politica dovrebbe proteggere la propria onestà senza aspettare i pronunciamenti della Cassazione. Il problema è che troppo spesso la politica è opportunista. Quando parte l’istruttoria sono tutti contro l’indagato, quando viene assolto quelli stessi diventano accusatori del pm che ha fatto partire l’indagine”. Dal lato dell’informazione, invece, sostiene ancora Zanda, “vige la vecchia regola dello ‘sbatti il mostro in prima pagina’. I media trattano le inchieste sin dall’inizio dando credito all’istruttoria quando tutto è ancora nebuloso. L’informazione non tiene conto che il suo potere è diventato enorme. Orson Welles il suo film oggi lo chiamerebbe “Primo potere”, non più “Quarto potere”. E quindi è l’impasto dei vizi della magistratura, della politica, del giornalismo e dell’opinione pubblica, in un tempo in cui il populismo domina la cultura politica nazionale, a determinare i danni che stiamo vedendo”. Ma allora perché, in casi come questo, il proscioglimento di Renzi degli altri ex dirigenti del Pd, la politica non si ferma a riflettere per un attimo cercando di darsi delle regole di convivenza condivise? “In una società ideale su alcune grandi questioni come le norme che regolano il rapporto tra politica e magistratura si dovrebbe cercare di lavorare insieme, maggioranza e opposizione”, dice ancora Zanda. “Renzi ha sbagliato quando ha voluto costruire la riforma costituzionale senza coinvolgere le opposizioni. E lo stesso sta facendo ora Meloni. Anche per questo trovare una normativa equilibrata è quasi impossibile”.