Il caso
Salvini, luci e ombre per Meloni: Santanchè torna in bilico, ma niente scontro con il Colle
Dalla Lapponia la premier tira un sospiro di sollievo attacca i pm siciliani a difesa dell'alleato. Ma l'assoluzione rimette in bilico le sorti della ministra del Turismo e del sottosegretario Delmastro
Giorgia Meloni si era preparata a entrambi gli scenari. E in caso di condanna di Matteo Salvini aveva auspicato dall’alleato reazioni contro la magistratura che non le mandassero di traverso il messaggio di fine anno del presidente della Repubblica, capo del Csm. Alla fine il leader della Lega è stato assolto e dalla Finlandia – in un paesino sopra il circolo polare artico - la premier ha tirato in questo senso un respirone di sollievo. Meloni ha accolto – “con grande soddisfazione” – questa notizia mentre si trovava a cena con gli omologhi di Svezia, Grecia e Finlandia. Nemmeno a farlo a posta il vertice in Lapponia è proprio sulla sicurezza e i migranti. Meloni tra renne e slitte – accompagnata dalla figlia Ginevra – trova dunque un bel regalo di Babbo Natale. Ma, volendo, l’assoluzione di Salvini le porta anche del carbone.
Salta l’automatismo che salvava Daniela Santanchè dalle dimissioni così come Andrea Delmastro in caso di condanna. Una sentenza avversa per il leader del Carroccio avrebbe blindato i destini politici della ministra del Turismo e del sottosegretario alla Giustizia. Visto che Salvini dal primo momento aveva annunciato che davanti a una condanna mai e poi mai avrebbe mollato. Ora, anche se sono fattispecie diverse, torna di nuovo tutto precario. Con Santanchè, si sa, l’accordo è che davanti a un rinvio a giudizio per truffa ai danni dell’Inps nell’utilizzo della cassa Covid il passo indietro sarà d’obbligo. Con Delmastro idem: è stato rinviato a giudizio per rivelazione di segreto d’ufficio in merito alle visite in carcere dei parlamentari del Pd all’anarchico Alfredo Cospito. Sono due esponenti di Fratelli d’Italia su cui Meloni ha potere di vita e di morte (politica). Questo è un effetto collaterale della decisione di Palermo di ieri sera che in un certo toglie un enorme palcoscenico a Salvini e anche la possibilità di rilanciarsi all’interno del suo partito. La sua leadership torna contendibile. E ora dovrà trovare nuove parole di battaglia per cercare di rosicchiare consensi nel centrodestra e soprattutto a Fratelli d’Italia. Inoltre con l’assoluzione la legge per la separazione della carriere va ancora più spedita e non altera un dibattito già molto acceso con quel pezzo di magistratura contraria (ieri ha comunque stigmatizzato le accuse “infondate e surreali” dei pm siciliani).
Circondata dal bianco della Lapponia, Meloni mette sul piatto i pro e i contro di questa sentenza attesa a Roma, in Parlamento, con una certa ansia. Visto che la Camera era alle prese con la manovra. E non sono mancati i cortocircuiti. Come l’ordine del giorno, poi ritirato, presentato dalla Lega a proposito della norma “anti Renzi”. L’odg chiedeva di adottare “iniziative normative volte ad escludere dal divieto le attività professionali regolate da albi previsti per legge, limitatamente ai compensi derivanti esclusivamente dall’esercizio di tali attività”. Per FdI una mossa ispirata dalla senatrice e regina del Foro Giulia Bongiorno, legale di Salvini e non solo. Poi da Palazzo Chigi è arrivato lo stop. Il bottone pare che sia stato spinto dal sottosegretario Giovanbattista Fazzolari.