Il caso

Il governo pronto a impugnare la legge De Luca. Rebus Campania per Meloni

Simone Canettieri

Entro il 10 gennaio Palazzo Chigi può opporsi al terzo mandato del governatore. Il no apre scenari inediti e c'è chi parla di un patto Elly-Giorgia. Il rimbalzo nel Veneto di Zaia

Il conto alla rovescia è partito: il governo ha tempo fino al 10 gennaio per impugnare la legge regionale della Campania che concede al governatore in carica Vincenzo De Luca, viceré del Pd nonostante il Pd di Elly Schlein, di ricandidarsi. La decisione non è semplice perché a specchio potrebbe avere ripercussioni anche su altre regioni, a partire dal Veneto del doge Zaia, arrivato già a tre mandati e in cerca di un complicatissimo  poker. Dalle parti di Palazzo Chigi dicono che alla fine il governo per principio stopperà la norma rimettendosi alla Corte costituzionale. Il boccino è in mano alla premier Giorgia Meloni e in particolare al suo sottosegretario Alfredo Mantovano, metronomo di queste faccende.  
La questione del terzo mandato “sarà oggetto di valutazione”, ha detto una settimana fa Mantovano in quel di Pozzuoli. Nel centrodestra fonti di governo e di maggioranza la danno per acquisita. E però in questo caso i livelli di interesse, istituzionale e politico, si intreccerebbero fra di loro. Da una parte impugnare la legge di De Luca potrebbe portare a una mossa a sorpresa del presidente campano nel nome dell’azzardo e dell’ ”io speriamo che me la cavo”: il governatore in attesa del pronunciamento della Corte non esclude di dimettersi per indire nuove elezioni nel 2025, incrociando le dita su un responso favorevole. Con il rischio che poi la Consulta, a elezioni in corso gli faccia saltare tutto il banco, dichiarandolo ineleggibile. Se invece il governo non muovesse un dito, come fatto per esempio per lo statuto regionale del Piemonte made in Cirio, aumenterebbe le possibilità di successo alle urne.  Con De Luca candidato a ottobre del prossimo anno contro un nome figlio dell’alleanza Pd-M5s (come Roberto Fico, ex presidente della Camera)  le quotazioni del centrodestra in Campania salirebbero ancora di più. Cosa fare dunque: far valere il principio del no ai tre mandati oppure chiudere un occhio pensando al risultato finale? In Transatlantico nei giorni scorsi c’era anche chi alludeva a un’intesa trasversale “anti De Luca” fra Meloni e Schlein. Patto del babà:  favore a buon rendere, poi chissà. Chi attende con una certa ansia le mosse del governo su Napoli è anche Luca Zaia, l’eterno doge Veneto che in virtù del recepimento di una vecchia legge regionale ha comunque già concluso quasi il suo terzo mandato. Senza possibilità che possa ripetersi di nuovo, come fanno notare da Fratelli d’Italia, pronti alla presa del Veneto con il senatore meloniano Luca Di Carlo o in alternativa con il ministro Adolfo Urso, abbastanza contento che il suo nome giri in questo “toto prosecco”. Gli occhi rimangono fissi sulla Campania,  scintilla di nuovi fuochi. Con il centrodestra che gongola davanti al centrosinistra dilaniato senza avere un nome forte, visto il netto no del ministro dell’Interno Matteo Piantedosi. L’unico che potrebbe vincere in entrambi gli scenari, lasciando però scoperto il Viminale. Che fa gola a Matteo Salvini, come si sa, e forse anche al più moderato della Lega. Zaia, appunto.
 

  • Simone Canettieri
  • Viterbese, 1982. Al Foglio da settembre 2020 come caposervizio. Otto anni al Messaggero (in cronaca e al politico). Prima ancora in Emilia Romagna come corrispondente (fra nascita del M5s e terremoto), a Firenze come redattore del Nuovo Corriere (alle prese tutte le mattine con cronaca nera e giudiziaria). Ha iniziato a Viterbo a 19 anni con il pattinaggio e il calcio minore, poi a 26 anni ha strappato la prima assunzione. Ha scritto per Oggi, Linkiesta, inserti di viaggi e gastronomia. Ha collaborato con RadioRai, ma anche con emittenti televisive e radiofoniche locali che non  pagavano mai. Premio Agnes 2020 per la carta stampata in Italia. Ha vinto anche il premio Guidarello 2023 per il giornalismo d'autore.