Carlo Nordio (Ansa)

Tra numeri e dichiarazioni

Il Papa porta il Giubileo a Rebibbia. Nordio: “Non basta rieducare i detenuti. Bisogna aiutarli”

Ruggiero Montenegro

Il pontefice inaugura la Porta santa nell'istituto romano e lancia un messaggio di speranza ai reclusi. I buoni propositi del Guardasigilli (in attesa dei fatti): “Sport, lavoro e cultura nelle carceri, Stiamo affinando un protocollo con attori e artisti”. Intanto nel 2024 record di suicidi, mentre le condizioni dei detenuti continuano a peggiorare
 

“Questa solenne e commossa cerimonia si inserisce nel progetto del santo padre ed evita quella che lui stesso definisce la ‘cultura dello scarto”, dice Carlo Nordio. Il ministro della Giustizia ha appena partecipato alla messa pronunciata dal Papa a Rebibbia dove ieri, per la prima volta nella storia, il Giubileo ha varcato le soglie di un istituto di pena. Il Pontefice ha aperto qui la seconda Porta santa, un’iniziativa fortemente simbolica che torna a interrogare la politica sul tema delle carceri, dopo un 2024 che ha fatto segnare un nuovo record di suicidi e ancora una volta drammatici tassi di sovraffollamento. “Non basta rieducare il detenuto”, aggiunge il Guardasigilli. Che fare allora? “Porteremo nelle carceri progetti che parlino di sport e lavoro. E poi la cultura, con attori e artisti”. Annunci e buoni propositi, in attesa dei fatti.


“Ho voluto che la seconda Porta Santa fosse qui, in un carcere”, ha spiegato il ieri Papa. Ha definito l’istituto di Rebibbia “una basilica”, invitando i detenuti a tenere duro. “Nei momenti brutti uno pensa che tutto è finito, che non si risolve niente. Ma la speranza non delude mai. Perché la nostra speranza è come l’àncora sulla terra”, è stata la metafora usata dal Pontefice che poi ha avuto un colloquio con il Guardasigilli. I due – ha fatto sapere lo stesso Francesco – hanno parlato delle condizioni dei detenuti ma non di indulto, tema che ultimamente è tornato attuale come risposta, quantomeno parziale, alle criticità del sistema carcerario italiano, incontrando però le resistenze di gran parte del governo. 

Secondo Nordio, che ha consegnato al Foglio alcune delle sue riflessioni, “il messaggio del Papa è quello di una speranza concepita come ‘ancoraggio’, come corda da trattenere nei momenti bui da parte di tutti noi, consapevole della nostra fragilità”. Per il Guardasigilli, “il detenuto deve quindi essere considerato un soggetto non solo da rieducare, ma anche da comprendere come racconta il suo dramma interiore. Bisogna aiutarlo a superare i momenti difficili della privazione della libertà”. Parole che in concreto, annuncia Nordio, dovranno tradursi in specifiche progettualità, le stesse che in realtà sono mancate fino a oggi. “Dal punto di vista operativo insisto nel progetto di carceri che parlino di sport e lavoro, perché rappresentano momenti essenziali per alleviare la tensione. Inoltre – ha assicurato il ministro – intendo patrocinare anche la cultura, in alcuni istituti sono già operativi piccoli teatri e laboratori e piccole orchestre. Ora stiamo mettendo a punto protocolli per portare all’interno delle carceri attori e artisti, molti dei quali si sono offerti con generosa gratuità”. Anche il ministro degli Esteri Antonio Tajani, leader di FI, si è espresso ieri invocando “interventi sulla carcerazione preventiva e pene da scontare in comunità per i tossicodipendenti”. Annunci che arrivano in una giornata dal forte potere simbolico, grazie al Papa, rispetto a una questione che continua a essere dipinta come un’emergenza. Ma che in realtà, dati alla mano, ha assunto da anni il carattere di un problema strutturale. E non potrà certo essere risolto con provvedimenti spot, innalzamento delle pene, nuovi reati. O, ancora peggio, con dichiarazioni non esattamente garantiste alla Del Mastro, il sottosegretario alla Giustizia. 

In base all’ultimo report dell’Associazione Antigone, pubblicato pochi giorni fa, il tasso di affollamento effettivo delle carceri è al 132,6 per cento – 62.153 detenuti su una capienza di 51.320 posti, anche se di questi oltre 4 mila sarebbero non disponibili. Uno scenario in cui il numero dei suicidi ha raggiunto la cifra record di 88, mai così tanti. La denuncia di Antigone fa il paio con i dati forniti dal Garante dei detenuti (fonte Dap): i suicidi al 20 dicembre sono stati “solo” 83 (66 nello stesso periodo del 2023 e 81 nel 2022). Di questi ben 45 hanno riguardato persone con meno di 40 anni. Mentre altri 20 decessi vengono ascritti a “cause da accertare”. Scorrendo il report inoltre emerge un’altra impietosa statistica: il 38,5 dei detenuti che si è suicidato quest’anno era ancora “in attesa del primo giudizio”. Un dato che chiama in causa tutto il sistema giustizia e che dovrebbe indurre la politica ad andare oltre i soliti proclami, a mettere in campo soluzioni reali. Prima di battere l’ennesimo drammatico record.
 

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