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Dal qualunquismo del Novecento alla parabola parallela di Beppe Grillo
Ottant’anni fa Guglielmo Giannini fondava il settimanale con cui si inaugurò il populismo moderno: il turpiloquio anticipa la nascita dei 5 stelle che sono diventati il primo della Seconda Repubblica, sia pure per squagliarsi quasi subito
"Questo non è un giornale umoristico pur pubblicando caricature e vignette. Non è un giornale ‘pesante’ pur volendo onorarsi della collaborazione di grandi scrittori su argomenti di drammatico interesse; non è un giornale frivolo, pur non rinunciando alle pettegole ‘Vespe’. E’ il giornale dell’Uomo Qualunque, stufo di tutti, il cui solo ardente desiderio è che nessuno gli rompa le scatole”. Così, 80 anni fa, il 27 dicembre 1944 Guglielmo Giannini nell’editoriale spiegava il nuovo settimanale: uscito in una città che gli Alleati hanno liberato appena sei mesi e mezzo prima, e dove Roberto Rossellini stava girando “Roma città aperta”. Ma appunto in quel film i riferimenti all’attentato di Via Rasella e alle Fosse Ardeatine sono stati cancellati dopo duri scontri tra i due dei quattro sceneggiatori che lo hanno ritenuto un atto eroico e gli altri due (tra cui Federico Fellini) secondo cui era stato invece inutile e controproducente. Un tipo di polemiche già iniziato mentre ancora al Nord ci sono la Repubblica Sociale Italiana, i tedeschi e i partigiani, e che questa testata rivela in modo clamoroso.
Non c’è però solo la contestazione della Resistenza, o dei partiti del Cln che costituiranno la Prima Repubblica. Più in generale, il turpiloquio anticipa la nascita di quell’altro partito che a un certo punto diventa il primo della Seconda Repubblica, sia pure per squagliarsi quasi subito. Ma questo rapido successo ed esaurimento è un’altra somiglianza tra Uomo Qualunque e Cinque Stelle, anche se nel partito di Grillo appare tutto come potenziato. Maggiore la durata. Maggiore il risultato, fino ad esprimere addirittura un presidente del Consiglio ed a partecipare a tre governi in cui comunque finisce per allearsi con tutto l’arco politico. In compenso, appaiono anche più virulenti gli insulti. Non un difensivo “non ci rompete”, ma un aggressivo “Vaffa”. Mentre inoltre il qualunquismo appariva come un fenomeno isolato all’Italia, il grillismo si inserisce in una ondata populista che ormai ha investito tutto il mondo, fino a Trump e alla Brexit.
Altra somiglianza: come i Cinque Stelle sono stati creati da un comico genovese, l’Uomo Qualunque fu fondato da un commediografo napoletano. Anzi, di Pozzuoli, per essere precisi, anche se poi si era radicato a Roma. Era comunque di origine pugliese, e di madre inglese. Nel 1943 si era anche cimentato come regista cinematografico, facendo quattro film in un anno. Vero che oggi, in realtà, Guglielmo Giannini come uomo di spettacolo lo si ricorda solo in correlazione all’essere passato alla Storia come leader politico, e le sue opere non si rappresentano più. Al massimo, tra tv e Internet capita di imbattersi in “Fermo con le mani”: film del 1937 su suo soggetto e sceneggiatura, che fu il primo di Totò. Però all’epoca era famoso, e diede slancio a un giornale che diceva di essere sì contro il fascismo “rompiscatole”. Ma ancora di più contro l’antifascismo ufficiale: minoranza di “vociatori, scrivitori, sfruttatori, iettatori ritornati alla vita pubblica con la vittoria angloamericana, come le mosche tornano alla stalla sulle corna dei buoi. Costoro pretendono, come a suo tempo i fascisti, di fare epurazione, ossia il diritto di sopprimere gli Upp o uomini politici professionali loro concorrenti o chiunque altro sia di impaccio e di fastidio. Contestiamo rivendicazione e pretesa; il fascismo ha offeso e ferito tutta la massa degli italiani”.
Né a destra, né a sinistra né al centro, insomma. Giannini in guerra aveva perso un figlio, e a Indro Montanelli in uno dei suoi famosi “Incontri” raccontò che il tutto era nato nel vedere una fila di gente che faceva la coda per attingere l’acqua alla fontana. “’Na coda che pareva ‘nu reggimento. Ma ‘nu reggimento non di soldati, ma di donne, di vecchi, di bambini, che sono stati i veri reggimenti combattenti di questa guerra. Stavano lì da ore, nel freddo, ognuno col secchio in mano, per procurarsi l’acqua di cui i signori Hitler, Mussolini, Churchill, Roosevelt e altri consimili strofinacci li avevano defraudati, come hanno defraudato me di mio figlio”. “Così mi nacque in testa l’idea dell’Uomo qualunque, questo povero defraudato che ha maturato nella guerra degli strofinacci Hitler, Churchill eccetera i suoi sacrosanti diritti”.
Attenzione, però! Gianni era stato combattente volontario in Libia, poi nella Grande Guerra: e lì aveva fatto il suo dovere di cittadino. Prima di lamentarsi per la morte del figlio Giannini, però, non aveva mancato di dare il suo contributo alla propaganda bellicista, scrivendo un “Inno dei sommergibilisti” o “Canzone dei sommergibili” dai toni a volte truci, anche se tuttora in uso nella Marina della Repubblica democratica. “Andar / pel vasto mar / ridendo in faccia a Monna Morte ed al Destino! / Colpir / e seppellir / ogni nemico che s’incontra sul cammino”.
Il fatto che per quel testo Giannini non si sia firmato col suo nome ma con lo pseudonimo di “Zorro” lascia intuire che in effetti lui stesso avesse percepito una certa incongruenza tra la sua immagine di allegro commediografo e quel testo, compilato evidentemente per ragioni alimentari. I nostalgici del fascismo al Sud comunque si rivolsero a lui, visto che non avevano altra possibilità di fare opposizione. In realtà, personalmente Giannini era di radici mazziniane, e più volte offrì il movimento nato attorno al giornale come base di massa a un asse risorgimentale Pli-Pri: una proposta respinta con fastidio sia da Benedetto Croce che da Randolfo Pacciardi. Insomma, l’antesignano del populismo aveva avuto come suo primo progetto un terzo polo liberaldemocratico! Il successo del settimanale è comunque attestato dal passaggio dalle 25.000 copie nel primo numero alle 80.000 nel secondo e alle 200.000 già nel primo anno: in un’epoca in cui la carta era razionata e la gente doveva trovare i soldi per mangiare.
L’Uomo Qualunque si fa partito il 18 febbraio del 1946, dopo appunto che Giannini si era visto rifiutare le avances fatte a Benedetto Croce. Ma peraltro ne aveva fatte anche al Pci: “no, questo comunismo che tiene i piedi per terra, senza aver perso la testa fra le nuvole, non può e non deve fare paura a chi è abituato a guardare bene in faccia la realtà e a non temere i fantasmi. Sarà necessario però che il comunismo ci dica esattamente quello che vuole”. Perfino Stalin era stato da lui definito “uno degli uomini più intelligenti che siano mai apparsi nella storia dell’umanità”. Anche ciò, se vogliamo, anticipa le giravolte dei Cinque Stelle: dal governo giallo-verde a quello giallo-rosso e all’unità nazionale. Ma presto le invettive sopravanzano le aperture, e Giannini rivela un gusto particolare nello storpiare i cognomi degli avversari. Il capo della Resistenza, leader del Partito d’Azione e Presidente del Consiglio Ferruccio Parri diventa così “Fessuccio Parmi”. Il capogruppo del Partito d’Azione alla Costituente Piero Calamandrei, “Caccamandrei”. Lo storico e pure esponente del Partito d’Azione Luigi Salvatorelli, “Servitorelli”. Lo storico e presidente della commissione dell’albo dei giornalisti di Roma Mario Vinciguerra, “Perdiguerra”. I Dc, i Demofradici Cristiani: con cui peraltro lo stesso Giannini di candiderà nel 1953, senza essere eletto. Anche ciò evoca Grillo: Psiconano per Silvio Berlusconi; Azzurro Caltagirone per Pier Ferdinando Casini; Coniglione Mannaro per Angelino Alfano; Gargamella e Non Morto per Pier Luigi Bersani; Rigor Montis per Mario Monti; Pdmenoelle al Pd, per cui aveva chiesto la tessera.
Pure alla stregua dei Cinque Stelle, che si definiranno MoVimento e definiranno Facilitatori quelli che in altri partiti sarebbero semplicemente i responsabili e che sono fondati da Grillo, l’Uomo Qualunque per sottolineare che si tratta di un “partito non partito” si autodefinisce Fronte. Simbolo: un omino sotto un torchio che gli spreme denaro, con le lettere U.q. Alle Amministrative 1946 l’Uomo Qualunque ottenne il 4 per cento in media al Nord ma il 15-20 al Centro-Sud. In quelle che si tengono tra marzo e aprile ottiene il 29 a Matera, il 27,4 a Siracusa (assieme al Pli), il 23,3 a Campobasso, il 22,5 a Catanzaro, il 21,42 a Potenza, il 17,5 a Caltanissetta, il 14,1 a Sassari, l’11,8 a Cagliari, l’11 a Trapani, il 9,2 a Reggio Calabria, l’8,4 a Ascoli Piceno, il 7,9 a Enna, il 6,5 a Perugia, il 6,3 a Pescara, il 5,7 a Rieti, il 4,8 a Chieti, il 4,7 a Viterbo e a Venezia. Già il 2 giugno al voto per la Costituente appare in ripiegamento: il 5,3. 30 seggi ne fanno il quinto partito nazionale, ma stanno nettamente al di sotto dell’ottantina cui avrebbe potuto sperare basandosi sul dato amministrativo.
I Costituenti qualunquisti in effetti sono anche loro artefici della Costituzione, come i partiti “ciellennisti”. Tra loro, Ottavia Penna Buscemi fu il 28 giugno 1946 la prima donna a essere candidata alla presidenza della repubblica, ottenendo 32 voti contro i 396 di Enrico De Nicola e i 42 del repubblicano Cipriano Facchinetti. Nella prima fase della Costituente, però, sembra esaltarsi la collaborazione tra i partiti del Cln, e ciò esalta il ruolo di opposizione dell’Uomo Qualunque in un modo che porta a suoi successi clamorosi all’ulteriore turno amministrativo dell’ottobre-novembre. Primo partito a Palermo (24,53) e a Messina (30,6), dove ottenne il sindaco, e anche a Lecce (46,8), e a Salerno col Pli (30,6). Secondo a Roma col 20,69, dietro al blocco di sinistra ma prima della Dc. E poi anche il 24,8 a Benevento, il 24,77 a Taranto, il 24,39 a Avellino, il 21,1 a Ragusa, il 19,82 a Napoli, il 15,8 all’Aquila, il 13,8 a Firenze, il 10 a Mantova, il 9,3 a La Spezia, l’8,4 a Torino, il 6,4 a Livorno (col Pli), il 5,74 a Genova. Il 14 dicembre 1946 il nome diventa Fronte Liberale Democratico dell’Uomo Qualunque, e il 20 aprile 1947 alle Regionali siciliane il partito di Giannini fa una lista con i liberali che arriva terza, con il 14,7 per cento. Ma il 31 maggio 1947 la Dc di De Gasperi rompe con i social-comunisti, già il 26 dicembre 1946 la fondazione del Movimento Sociale Italiano ha permesso ai nostalgici di trovare una nuova casa politica definita, e il 14 novembre 1947, 14 dei 30 Costituenti fanno scissione e costituiscono il nuovo gruppo dell’Unione Nazionale, contestando il tentativo di Giannini di avvicinarsi a De Gasperi nel nuovo clima di fronte anticomunista che appunto favorisce la confluenza di voti sulla Dc.
Giannini, peraltro, non manca di tentare anche una nuova intesa con il Pci. Ma infine per le cruciali elezioni del 18 aprile 1948 fa una lista con il Pli in cui il partito è triturato: 4 deputati sui 19 eletti, e 3 senatori su 7. L’8 maggio 1949 alle regionali sarde l’Uomo Qualunque arriva ultimo, con lo 0,84 per cento. E a quel punto il partito chiude. Spiegherà Giannini a Montanelli: “L’uomo qualunque, una volta diventato assessore comunale di Rocca Priora, ha cessato di essere uomo qualunque e ha preteso di mettersi a fare quello che hanno fatto gli strofinacci Mussolini, Roosevelt eccetera… E’ umano, e non lo condanno. Ma non sono io che ho perso, è isso. Peggio pe’ lui”.
Forse un po’ semplicista. O qualunquista: appunto il termine che è poi passato nel linguaggio politico italiano per indicare quel tipo di atteggiamento. Più semplicemente, chiuso nelle sue polemiche qualunquiste, l’Uomo Qualunque era rimasto al di sotto del grande scontro epocale tra Dc filo-Usa e Fronte popolare filo-Urss. Comunque deputato per tutta la prima legislatura, il 24 giugno 1952 in un intervento alla Camera Giannini confessa di avere inventata di sana pianta una cifra di 300.000 fascisti uccisi dopo il 25 aprile. “Fui io a diffondere la notizia dei 300.000 morti. Avevo lo stesso giornale che ho adesso”. “E diffusi la notizia di questi 300.000 morti, - fascisti o presunti tali -, con tutti gli effetti politici che una notizia di tale gravità poteva comportare. Questo può suggerire ironiche considerazioni sulla fortuna dei giornali che fino a quando pubblicano panzane trovano lettori a centinaia di migliaia e quando pubblicano invece la verità vedono calare il numero dei loro lettori”. Giannini come ricordato avrebbe riprovato nel 1953 a ricandidarsi con la Dc, e nel 1958 con i monarchici. Trombato entrambe le volte. Morirà a Roma il 13 ottobre 1960, il giorno prima di compiere 69 anni. Aveva allora 10 anni Sabina Ciuffini: figlia di sua figlia Yvonne, e futura famosa valletta del Rischiatutto di Mike Bongiorno.
“L’uomo qualunque che sta pagando da seimila anni le colpe e gli errori dei suoi capi, diffida di tutti i Capi, passati, presenti e futuri. E’ stato trascinato, contro la sua volontà, in guerre inutili e stupide, in agitazioni sociali animose e improduttive; e tutto e solo per l’idiozia, l’egoismo, l’arrivismo dei Capi, Sottocapi e Aspiranti Capi in lotta fra loro per decidere chi dovesse tosare il gregge e vendersi la lana” è un manifesto di Giannini, da confrontarlo con la definizione del politologo olandese Cas Mudde sul populismo come “ideologia sottile” basata sulla contrapposizione tra “popolo puro” e “élites impure”. Volgarizzata, la si può equiparare a una spezia fortissima, che però fa sembrare di sapore uguale anche piatti in realtà di ingredienti e valori nutritivi diversissimi. “Casta”, ad esempio, è stato un insulto egualmente utilizzato da Beppe Grillo in Italia e da Javier Milei in Argentina. Il primo, però, in nome di un progetto statalista che è l’esatto opposto, rispetto all’anarco-liberismo del secondo.
Giannini, in effetti, quando espresse il suo ideale di governo se ne uscì con una famosa metafora: “basta un buon ragioniere che entri in carica il primo gennaio e se ne vada il 31 dicembre. E non sia rieleggibile per nessuna ragione”. Insomma, un tecnico. Questa del divieto al cumulo dei mandati è una cosa che hanno avuto anche i Cinque Stelle, fino al rottura tra Conte e Grillo, mentre al contrario populisti come Chávez, Maduro, Daniel Ortega, Evo Morales e anche Donald Trump hanno dato battaglia sul diritto ad essere rieletti ad oltranza. Grillo, però, in un comizio che fece a Pisa nel gennaio del 2013 disse che come ministro delle Finanze lui voleva non un ragioniere, ma “una signora che ha tirato su tre figli”. “Queste persone sanno cos’è l’economia, non i bocconiani”. Insomma, mentre oggi la crisi della politica ha visto spesso una ascesa di tecnocrati cui ha risposto ulteriore populismo contro i “poteri forti e non eletti”, per Giannini erano invece proprio gli “uomini politici professionali” i difensori dell’Uomo Qualunque. Insomma, pare di capire che sarebbe stato a favore di Ciampi, Dini, Monti e Draghi.
Curioso notare che il movimento di Giannini ispira il nome del politico populista Cetto La Qualunque di Antonio Albanese, che poi però in “Come un gatto in tangenziale” e sequel fa proprio la parte di un tecnocrate onesto, Giovanni, intento a spiegare ai poveracci che devono cessare di fare i qualunquisti e fidarsi invece dei tecnici per risolvere i loro problemi. Un inconsapevole ritorno al Giannini doc?