Pace, speranza, patriottismo. E soprattutto mediazioni. Come leggere, senza retorica, il discorso di Mattarella

Sergio Soave

"Pace non significa sottomettersi alla prepotenza di chi aggredisce gli altri, ma rispetto dei diritti umani”. Il presidente ha poi lanciato un appello per la liberazione di Cecilia Sala

Il primo pensiero espresso da Sergio Mattarella nel suo messaggio di auguri di fine anno è stato dedicato all’aspirazione alla pace. Pace, ha sottolineato, che non significa sottomettersi alla prepotenza di chi aggredisce gli altri Paesi con le armi, ma la pace nel rispetto dei diritti umani, la pace del diritto di ogni popolo alla libertà e alla dignità”. Ha poi lanciato un appello per la liberazione di Cecilia Sala. Pur in un quadro internazionale preoccupante, il presidente invita alla “speranza nel futuro, nell’anno che viene” aggiungendo che “tocca a noi tradurla in realtà”. Sottolinea il contrasto tra dati positivi, l’occupazione crescente, il livello delle esportazioni, con le difficoltà che permangono, con un’attenzione particolare la fenomeno della violenza che si diffonde tra le giovani generazioni, che sono comunque “la grande risorsa del nostro Paese”.

 
Ha poi rivolto l’attenzione al “rispetto” dovuto oltre che alle leggi e alla Costituzione, soprattutto a chi si trova in condizioni peggiori, e ha dedicato un riferimento molto sentito alla condizione dei carcerati e alla piaga dei femminicidi: “Non vogliamo più parlare delle donne come vittime. Vogliamo e dobbiamo parlare della loro energia, del loro lavoro, del loro essere protagoniste”.

 
Ha sottolineato il “patriottismo” di chi svolge con responsabilità, competenza e attenzione agli altri il proprio compito nell’economia, nella società e nella famiglia.

 
Ha ricordato che nell’anno che inizia si celebrerà l’ottantesimo della Liberazione, “liberazione da tutto ciò che ostacola libertà, democrazia, dedizione all’Italia, dignità di ciascuno, lavoro, giustizia”. Valori che “si esprimono … attraverso la partecipazione dei cittadini al voto, che rafforza la democrazia; attraverso la positiva mediazione delle istituzioni verso il bene comune, il bene della Repubblica: è questo il compito alto che compete alla politica”.

 
Lo spirito generale del messaggio è quello della speranza, che “non può tradursi solo in attesa inoperosa” e in un invito all’impegno, che consenta pur in una situazione difficile di far risaltare i valori di un Paese che è in grado di esercitare un ruolo rilevante e di affrontare i numerosi problemi che lo assillano. In sostanza un invito alla responsabilità, perché la speranza non è fuori di noi anzi, come ha detto Mattarella a conclusione del discorso “la speranza siamo noi”.

 
Quello che colpisce  anche in questa occasione, è l’equilibrio del pensiero del presidente, che non nasconde le difficoltà e i problemi ma neppure gli sforzi che vengono messi in atto per affrontarli e risolverli. In questo modo si distanzia sia dalle posizioni catastrofiste, spesso com’è naturale, caldeggiate dalle opposizioni, sia da quelle trionfalistiche altrettanto spesso esibite dalle forze dalla maggioranza di governo. Ha anche scelto di rivolgere ai cittadini un invito pacato largamente argomentato a partecipare attivamente alla vita sociale e politica e a partecipare alle lezioni, senza però fare prediche “dall’alto” che potrebbero risultare controproducenti.

 
Ha svolto la sua funzione istituzionale come sempre con rigore e senso del limite, ha invitato alla concorde accettazione e valorizzazione dei principi democratici senza fare riferimento diretto alle condizioni specifiche della dialettica politica, temi che probabilmente preferisce analizzare e sui quali intervenire in modo riservato anche per evitare possibili strumentalizzazioni. Insomma ha parlato ai cittadini e a diverse categorie benemerite, dalle forze armate a quelle dell’ordine ma anche agli anziani che continuano a dare sostegno alle famiglie e a chi si occupa seriamente di educare e orientare i giovani, non alle forze politiche, che sono chiamate nella loro autonomia e nella loro responsabilità a interpretare e orientare quegli stessi cittadini. Sono le istituzioni che devono esercitare quella che ha chiamato “positiva mediazione” verso il bene comune, e Mattarella, detentore della massima carica istituzionale, ha espresso anche in questo modo il suo rispetto delle istituzioni.

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