Dal Nazareno
I parcheggiati da Elly Schlein
Zingaretti, Letta, Nardella, Gori e ora pure Orlando. La segretaria pensiona il Partito democratico, anche se dalla Campania De Luca potrebbe ostacolare l'affermarsi della sua centralità. E il supporto in questo caso potrebbe arrivare da destra
Tra ex segretari, capi corrente e dirigenti di peso, sul taccuino di Elly Schlein la lista comincia a farsi significativa. L’ultimo a defilarsi dal Nazareno è stato Andrea Orlando. L’ex ministro ha fatto una scelta di coerenza e, dopo aver perso per meno di 10 mila voti la corsa per la regione, ha deciso di tornare in Liguria. Lo spezzino Orlando ha meditato, si è preso il suo tempo, resistendo – è la versione ufficiale, ma chissà – alle richieste della segretaria del Pd che lo avrebbe preferito a Roma. Ma alla fine ha deciso di rimettersi in gioco sul territorio, a capo dell’opposizione al presidente Marco Bucci.
E non solo. Poco prima di Natale, infatti, l’ormai ex parlamentare dem ha convocato un’assemblea a Genova, al teatro Stradanuova, con l’obiettivo di riunire le liste civiche che lo avevano sostenuto a fine ottobre. Dovrebbero unirsi in un’associazione in vista delle prossime amministrative. Nel capoluogo ligure, inoltre, Orlando era andato bene, aveva battuto Bucci, ottenendo il 52,3 per cento e oltre 121 mila preferenze. Quello del 20 dicembre è stato un primo appuntamento “al quale ne seguiranno molti altri”, ha quindi spiegato Orlando – che ha lasciato i palazzi romani dopo esser stato ministro per quattro volte – dall’Ambiente alla Giustizia, fino al Lavoro.
Il candidato sindaco di Genova, almeno per il momento, non sarà lui. Lo aveva detto al Foglio settimane fa e continua a ripeterlo. Orlando sarà piuttosto il regista di questa coalizione che verrà, una sorta di garante nel percorso che dovrà individuare il profilo migliore. Ma tanto basta a Schlein per liberare altro spazio negli uffici del Nazareno: al netto di annunci e di incarichi nazionali di partito legati all’industria, il leader della corrente Dems Orlando sarà per forza di cose impegnato tra Genova e dintorni.
Un altro big sistemato e un altro passo nell’opera di rinnovamento della classe dirigente, obiettivo dichiarato di una segretaria che, a quasi due anni dal suo insediamento, può dire di aver in qualche misura rivitalizzato il Pd nei sondaggi, portando a casa anche qualche risultato elettorale. Poco prima di Orlando, a prendere un’altra strada era stato il predecessore di Schlein, Enrico Letta. Già defilato, l’ex premier a ottobre ha definitivamente abbandonato la Camera per tornare in cattedra, con un prestigioso incarico da decano della IE School of Politics, Economics and Global Affairs all’università di Madrid.
Lontano da Roma c’è poi anche un altro ex segretario come Nicola Zingaretti, che è ancora presidente della Fondazione Demo, ma di certo molto meno centrale di un tempo nella bagarre politica quotidiana. Con lui, sempre a Bruxelles, si trova Stefano Bonaccini, presidente del Pd e sconfitto alle primarie, con cui Schlein ha stabilito una sorta di pax interna. E infatti più di uno nel partito rimprovera all’ex governatore dell’Emilia-Romagna un atteggiamento fin troppo accondiscendente con lo slancio movimentista della segretaria. Rimproveri che arrivano, spesso a microfoni spenti, dall’ala riformista del partito. La stessa che a Roma, comunque, ha smesso da un po’ di fare il controcanto. Anche questo è un risultato per Schlein.
E che dire del cosiddetto partito dei sindaci? Fino a un anno fa non perdeva occasione per farsi sentire, dal terzo mandato all’abuso d’ufficio; su alcune questioni gli amministratori dem sembravano quasi giocare di sponda con maggioranza e governo. Poi sono arrivate le europee e così le polveri dei vari Dario Nardella, Giorgio Gori e Matteo Ricci si sono raffreddate in nome di una ritrovata unità d’intenti. Certamente per Schlein non tutto è risolto. Nel Pd, è noto, basta poco per far ripartire la caccia alla segretaria e i problemi non mancano. E però la leader dem è riuscita, un passo alla volta, ad affermare sempre più la sua centralità, a legittimarsi attraverso il dualismo con Giorgia Meloni e a limitare le critiche interne.
Adesso la prossima grana arriva dalla Campania, da quel Vincenzo De Luca che s’è fatto una norma per ricandidarsi ancora in aperto contrasto con la posizione del Nazareno, assolutamente contrario al terzo mandato. Ma in questo caso a dare una mano a Schlein, curiosamente, potrebbe arrivare proprio il governo della destra-destra, impugnando la nuova legge elettorale campana. La decisione è attesa a giorni; intanto Schlein dirige il traffico e parcheggia.