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“limpia, segura e escalable”

Il governo Meloni prenda appunti dal piano di Milei sul nucleare

Giuseppe Zollino

Il presidente argentino illustra un ambizioso piano di rilancio energetico dando grande spazio agli Small Modular Reactor. Una lezione di pragmatismo per il governo italiano, nella speranza che reintroduca nel mix italiano questa fonte pulita, sicura e competitiva

Nei giorni scorsi il presidente argentino Javier Milei, in una conferenza stampa insieme a Rafael Mariano Grossi, direttore generale dell’Agenzia internazionale dell’energia nucleare, ha illustrato il suo ambizioso piano di rilancio, ai fini della crescita economica dell’Argentina, dell’energia nucleare, fonte “limpia, segura e lo mas importante escalable”, pulita, sicura e soprattutto scalabile. Ma prima di parlare dei piani futuri, vediamo da dove si parte. 

 

             

       
Diciamo subito che l’Argentina ha quasi 70 anni di solida tradizione in fatto di scienza e tecnologia nucleare. In Argentina sono oggi attivi tre reattori nucleari, due nella centrale di Atucha, a cento chilometri da Buenos Aires, uno nella centrale di Embalse, a cento chilometri da Cordoba. Sono tutti e tre ad acqua “pesante”, cioè acqua nelle cui molecole l’idrogeno è sostituito con il suo isotopo più pesante, il deuterio, soluzione che consente di utilizzare come “combustibile” nucleare uranio naturale (senza necessità di arricchimento). I reattori di Atucha sono uno da 340 Mw, in esercizio dal 1974 (il primo reattore nucleare del Sudamerica), uno da 690 Mwe, collegato in rete nel 2014, entrambi costruiti da Siemens. A Embalse è in funzione dal 1983 un reattore da 630 Mw, di tipo Candu, costruito da un consorzio italo-canadese, (Italimpianti e Aecl); nel 2016 esso è stato sottoposto a diversi interventi di aggiornamento e sostituzione di componenti, ottenendo tre anni dopo l’estensione di vita di trent’anni. In Argentina sono inoltre in funzione diversi reattori di ricerca e un impianto di produzione dell’acqua pesante necessaria ai tre reattori (l’impianto è sovradimensionato e una parte della produzione è destinata all’export). Infine l’Argentina è uno dei principali produttori mondiali di Cobalto-60, un radioisotopo molto usato in medicina nucleare, che viene prodotto nell’impianto di Embalse.

I 1.660 Mw nucleari complessivi, nel 2023 hanno prodotto 10 TWh (miliardi di kWh), pari al sei per cento della domanda elettrica (che è la metà di quella italiana). Il resto è stato generato per il 60 per cento da fonti fossili (48 per cento a gas, 11,3 a olio pesante, 0,4 a carbone), il 22 per cento da idroelettrico, il 9,5 per cento da eolico, il 2 per cento solare. Il che significa che oggi poco più dell’88 per cento dell’energia elettrica argentina viene da fonti modulabili, quelle che è possibile regolare a piacimento in modo da soddisfare istante per istante la domanda, e poco meno del dodici per cento da fonti intermittente e aleatorie. Inoltre la domanda elettrica è in costante crescita: dal 2000 a oggi è aumentata al tasso medio annuo del 2,4 per cento, dieci volte di più dell’Unione europea. Pensare di sostituire quel sessanta per cento fossile modulabile solamente con fonti intermittenti, come solare ed eolico, specie in un contesto di crescita della domanda e in vista dell’ulteriore boost che il governo argentino intende promuovere, sarebbe poco più di una pia illusione. Il contributo dell’energia nucleare sarà in questo senso fondamentale. 

 

                       

 

Un altro aspetto da tener presente è che l’Argentina ha una superficie di 2,8 milioni di kmq, quasi 10 volte l’Italia, con una popolazione di 46 milioni, distribuita in modo disuniforme, con vaste aree a bassissima densità di abitanti. Di conseguenza anche la domanda di energia è distribuita a macchia di leopardo. Collegare in modo efficace ed efficiente con reti di trasmissione e distribuzione elettrica un territorio così vasto e variegato non è impresa banale, né tecnicamente né economicamente. Infatti, nelle province meridionali di Chubut e Santa Cruz (Patagonia), entrambe grandi poco meno dell’Italia, ma con densità di popolazione di 2,2, e 1,1 abitanti/kmq rispettivamente (100 e 200 volte meno della densità italiana), il potenziale eolico è molto buono (più del doppio del sud Italia), tant’è che gli impianti ivi installati producono per 4.300 ore/anno alla potenza nominale (con fattore di capacità 50 per cento). Ma la provincia di Santa Cruz, dista 2000 km da quella di Buenos Aires, dove risiede metà della popolazione argentina. Cionondimeno, i circa 4 Gw eolici oggi installati è previsto raddoppino entro il 2030 e triplichino al 2035. Quanto all’energia solare, il potenziale è eccellente nel nord-ovest del paese, al confine con Bolivia e Cile, dove l’irradiazione è dell’ordine dei 2700 kWh/mq, contro i 1.800 della Sicilia e i 1.400 del nord Italia. Ma di nuovo quelle aree ricadono in province a bassa densità di popolazione, a oltre duemila chilometri dalla provincia di Buenos Aires. 

Molto di più si potrebbe fare con l’idroelettrico. Infatti, secondo i dati ufficiali, esiste in Argentina un’ulteriore potenziale tecnicamente ed economicamente sfruttabile pari al doppio della produzione attuale. Ma tornando al nucleare, nella conferenza di cui si diceva prima, Milei ha parlato soprattutto di Small Modular Reactor e della sua ambizione di favorire lo sviluppo di un reattore di questo tipo con tecnologia argentina, sviluppo che in verità va avanti già dal 2014 con alterne vicende, al fine di impiegarli in patria ma anche per il mercato all’estero. E uno degli impieghi domestici che egli ha menzionato, particolarmente adatto a un Smr, è l’alimentazione con energia continua e pulita di data centre nelle semidesertiche province del sud del paese, dove le basse temperature favorirebbero anche lo smaltimento del calore.

Ed ha parlato pure della sua volontà di favorire investimenti per lo sfruttamento delle ampie riserve di uranio di cui l’Argentina dispone, sia per uso domestico che per l’export. Egli non ha menzionato i numerosi accordi siglati dai suoi predecessori con i Cinesi di Cnnc, tutti reperibili sul sito della World Nuclear Association, uno dei quali, confermato a febbraio del 2022 con la sigla del contratto finale Epc (Engineering Procurement and Construction), prevede la costruzione nel sito di Atucha di un reattore ad acqua pressurizzata da 1.220 Mw, finanziato all’85 per cento dai cinesi; e altri ancora prevedono estese collaborazioni con i cinesi, sempre su reattori di grande taglia e pure per la costruzione di un impianto per l’arricchimento dell’uranio. Ma gli accordi (pur non menzionati) esistono, e i cinesi, è bene ricordarlo, posseggono una fetta non trascurabile dell’amplissimo stock di debito argentino

Ma in fondo costruire coi cinesi grandi reattori per l’alimentazione della rete elettrica nelle province più popolate e sviluppare un modello domestico Smr (cooperando magari, come in passato, con aziende italiane ed europee) più adatto a zone semideserte, dove non sarebbe conveniente arrivare con robuste reti, non sembra affatto una cattiva soluzione. Resta infatti che idroelettrico e nucleare, due fonti pulite e non intermittenti, ma continue e regolabili, saranno i pilastri dell’approvvigionamento energetico per lo sviluppo sostenibile dell’Argentina. E questa è davvero un’ottima notizia.

Non ci resta che auspicare che il governo italiano raccolga anche solo in parte il pragmatismo di Milei e proceda speditamente a reintrodurre l’energia nucleare nel mix italiano. E non quella che ancora non c’è e ci sarà chissà quando, come l’energia da fusione, ma quella che già abbiamo, pulita, sicura e competitiva, in costruzione già oggi ovunque nel mondo, anche in Argentina.