Il racconto

Space Belloni X: le frizioni con Mantovano e Tajani, l'ombra di Musk. Nomi per la successione

Carmelo Caruso

Lascia la guida del Dis, per stizza, nel giorno dell'accordo, smentito, fra governo e Space X. Le ombre dei fondi e di Kkr, la rumba delle nomine che coinvolge prefetti, generali (Caravelli, Valensise, Pisani) e l'impazzimento del comparto

I servizi segreti finiscono nello spazio. Elisabetta Belloni lascia la guida del Dis, il governo smentisce l’accordo con SpaceX di Elon Musk, Giorgia Meloni apre lo scrigno delle informazioni riservate: cambia la serratura. Al Dis, al posto di Belloni, corrono per la successione Giovanni Caravelli, uomo di Mantovano, e Bruno Valensise, altro vicino a Mantovano. Gli outsider sono Vittorio Pisani, il capo della Polizia, e Lamberto Giannini, prefetto di Roma. All’Aise, il servizio segreto estero, guidato da Caravelli, può andarci un altro riferimento di Mantovano, Vittorio Rizzi o in alternativa Carlo Zontilli, sempre quota Mantovano. L’underdog, per Aise, è De Donno. Dopo le dimissioni di Belloni, ufficiali a partire dal 15 gennaio, nulla impedisce di unificare Aise e Aisi, servizio segreto estero e interno, altro progetto di Mantovano.

 

Va via dunque un altro pezzo di draghismo. E va via per stizza. Gli amici di Belloni: “Annuncia le dimissioni nel giorno giusto, il giorno dell’accordo, smentito, su Starlink, i sistemi satellitari di Musk. Vuole prendere le distanze da Meloni”. Il governo si giustifica: “Belloni avrebbe lasciato in ogni caso, tra pochi mesi. Non poteva essere riconfermata per limiti d’età”. I nemici di Belloni: “Dell’accordo con SpaceX se ne parlava già con  Draghi. Belloni si dimette nel pieno di una crisi internazionale, l’arresto di Cecilia Sala. Si dimette perché Tajani l’aveva estromessa, si dimette perché non ha ottenuto la nomina di ministro per gli Affari esteri, per il veto di Tajani”. I servizi segreti sembrano la Rai.


Lei, Belloni: “Lascio, senza rimpianti, sono stanca”. I motivi sono “personali”. Altri incarichi, in Europa? “No”. La malizia di Forza Italia, che difende il suo vicepremier, Tajani: “Belloni, dice al momento, no. Ma solo al momento”. I rivali sono quindi due. Uno: Tajani. L’altro, è il cuore del governo: Mantovano. I servizi segreti sbandano e cominciano a far “passare” queste informazioni: “Belloni non si è mai presa con Mantovano. La figura che sta gestendo il caso Sala è Caravelli che ha un rapporto privilegiato con Alessandro Monteduro, il capo di gabinetto di Mantovano. Un eventuale promozione di Caravelli al Dis, nominato prefetto per prorogare la sua permanenza,  pone  interrogativi”. Si scatena la “macchina del mango”, una centrifuga di Medio Oriente, servizi, sabbia, maldicenze, odore di datteri, intrighi e barbe finte. Circolano articoli internazionali sull’operato di Caravelli, in particolare in Siria, durante la caduta di Assad, ma gli uomini della Farnesina, lo difendono: “Caravelli da vent’anni è il più grande esperto di Medio Oriente”. L’uscita di Belloni divide il comparto che inizia a parlare di “lottizzazione modello Rai”. 

 

La sostituzione, fa sapere Palazzo Chigi, non arriverà prima del 15, “perché Belloni resta in carica”. Un rapporto speciale con Meloni, la nomina a sherpa G7. Cosa è accaduto fra Meloni e Belloni? La decisione dell’addio matura prima di Natale. In quei giorni il generale Figliuolo viene nominato da Meloni vicedirettore di Aise, nomina, anche questa contestata all’interno dei servizi perché, “onore a Figliuolo, ma quella nomina è un contentino. Non è mestiere suo”. Poche settimane prima, il generale Luongo, su indicazione del ministro Crosetto, viene scelto come capo dei carabinieri, preferito a Mario Cinque. Nelle prossime ore, Crosetto dovrebbe spostare il suo capo di gabinetto, il generale Iannucci, al Covi, e chiamare un generale dell’Aeronautica. Sono nomine, meridiani di una nuova mappa. E’ in atto un riequilibrio tra corpi che pretendono pari rappresentanza nel comparto: è un cambio d’epoca. Una nuova classe di funzionari, vicini a Meloni, avanza. Guardia di Finanza e Carabinieri chiedono di avere due vicedirettori nei Servizi. Belloni si rende conto di non appartenere a questo nuovo tempo. Per andarsene sceglie l’ora perfetta. L’accordo tra governo e SpaceX, da un miliardo e mezzo, che ha sollevato Matteo Renzi, prima, ed Elly Schlein dopo, viene smentito, nettamente, da Mantovano, il Goldeneye di Meloni, il suo scudo, al Copasir.

 

E’ vero che l’accordo non è stato siglato ma non si può smentire la necessità di sottoscriverlo. Per il consigliere militare di Meloni, Federici, si tratterebbe di un accordo necessario per la difesa dei nostri militari. La parola che circola per giustificarlo è “sicurezza nazionale”. Ma la partita è  economica. Il fondo Macquaire, presente n Open Fiber, il controcanto di SpaceX, sono contrariati. C’è pure Kkr, contrariata, che ha acquisito una parte di Telecom, guidata da  David Petraeus, già direttore della Cia con Obama. Restano poi le perplessità dei servizi per questo asse Italia-Trump, il timore di utilizzare sistemi di Musk, un attore che ormai minaccia governi nazionali come in Inghilterra e Germania. Dopo essere stata rimproverata di eccessiva vicinanza con Meloni, Belloni, con le dimissioni, interpreta questo malessere. Per sostituirla servono“capacità politiche, di compromesso”. Il prefetto di Roma, Giannini, o un altro prefetto, dicono al governo, “sarebbe perfetto, se solo Franco Gabrielli, il suo maestro, la smettesse di criticarci”. Il nuovo che avanza è Pisani. Resta De Donno, altro vice di Aisi,  o alla fine sarà forse un altro mister X. Dalla ‘K’ comunista siamo arrivati alla ‘X’, la consonante del tempo, Musk, l’involucro dell’incertezza.

  • Carmelo Caruso
  • Carmelo Caruso, giornalista a Palermo, Milano, Roma. Ha iniziato a La Repubblica. Oggi lavora al Foglio