Benedetto centro. Tre domande per capire il nuovo interesse del centrosinistra per i cattolici

Luca Diotallevi

Dalla De Gasperi ai dilemmi odierni: organizzazione e politiche al centro del dibattito. Pluralismo, storia e scelte strategiche in gioco. Ma è riformismo o tatticismo?

Che settori dell’opinione pubblica mostrino rinnovata attenzione per la politica e che segmenti del ceto politico cerchino di catalizzarla è senz’altro positivo. Che questo coinvolga i cattolici aggiunge valore al processo, se non altro per ragioni di quantità (seppur ridimensionata). E altro valore viene aggiunto dal fatto che il tutto avrebbe per scopo il rafforzamento del centrism nostrano.

   
Debole è il tentativo di esorcizzare il fenomeno scollegando questione cattolica e questione riformista (o liberale). “Liberale” è un aggettivo (Walzer) e ha senso e forza solo se collegato a sostantivi, altrimenti decade in pericoloso giacobinismo (politically correct e wokismo ne sono gli ultimi esempi). Del resto, basta ricordare De Gasperi ed Einaudi per aver chiaro quanta parte dei successi del riformismo italiano dipendono dalla combinazione di quel sostantivo (cattolico) e quell’aggettivo (liberale). Giusto mezzo secolo fa Scoppola ricordò quanto audacemente riformista (e poco centrista) fosse stato il centrism degasperiano.

 
E’ dunque nell’interesse generale comprendere in cosa consista il nuovo interesse del centrosinistra per i cattolici. Porsi tre domande può rivelarsi utile, lasciando ai fatti le risposte. (1) Da chi? (2) A chi? (3) Come?


(1) Da chi? A promuovere una delle più importanti occasioni con a tema il rapporto centrosinistra/cattolici sono politici di lungo corso (Prodi e Delrio) che per decenni hanno opposto alle critiche loro rivolte da ambienti ecclesiale la “laicità” propria e della politica, affermando la incapacità del cristianesimo di fare alcuna differenza nello spazio pubblico. Se il cattolicesimo non è in grado né è autorizzato a fare la differenza, che senso ha rivolgersi ai “cattolici”? Invece, se le cose non stanno così, non gioverebbe all’iniziativa non dico un’autocritica, ma almeno una riflessione critica sul passato prossimo? (Magari aiuterebbe anche ricordare che sia la Costituzione italiana che il Vaticano II non optarono per la laicità, ma per il paradigma alternativo, quello della libertà religiosa).


(2) A chi? Parlare in politica di “cattolici” significa assai poco. Già il pluralismo politico “di diritto” dei cattolici ha solide basi dottrinali. Sufficiente è ricordare l’insistenza di Ratzinger sul fatto che ogni giudizio in materia politica (e non solo) unisce principi (che non mutano) e criteri (che invece mutano ed è bene che mutino al mutare delle circostanze). Sul piano fattuale, poi, il pluralismo politico dei cattolici, che non mancava neppure ai tempi della Dc, ha ormai dimensioni macroscopiche. E’ evidente che la maggioranza dei cattolici (anche) italiani sostiene il centrodestra o la destra. Non si tratta non solo di singoli elettori, ma anche di importanti associazioni che molto contano nella storia del cattolicesimo italiano (Coldiretti, Cisl,  Confartigianato, ecc.). Non basta, il pluralismo politico coinvolge ormai anche episcopato e Vaticano. Su temi come pace/guerra, ordine internazionale, mercato, democrazia, gli interventi di Francesco sono lontani da quelli dei pontefici che l’hanno preceduto e dai testi conciliari. La mancanza di argomentazioni critiche a sostegno di queste differenze, legittima una varietà di orientamenti praticamente senza limiti. In breve: il tatticismo del Patto Gentiloni e il popolarismo di Sturzo, non sono componibili né si composero. Così il cattolicesimo politico di Dossetti (e dei “professorini”, Moro incluso) e quello di De Gasperi; così quello dei indipendenti di sinistra cattolici degli anni 70 (Gozzini, La Valle, ecc.) e quello della Lega Democratica di Scoppola e Ruffilli. Al contrario rifarsi a tutti costoro senza distinzioni né scelte è da parte dei cattolici segno o di ingenuità o di spregiudicatezza. La nozione di democrazia di Leone XIII non è quella del Vaticano II, di Paolo VI, Giovanni Paolo II e Benedetto XVI. Quanto al rapporto tra Chiesa e politica, o Tardini o Montini: o tatticismo a servizio del potere ecclesiastico o riconoscimento del valore in sé della repubblica e della democrazia. Se il centrosinistra che si riapre ai cattolici non distingue e non sceglie, è perché vuole usarli. Se sceglie De Gasperi, è perché vuole essere di nuovo riformista. Se sceglie Dossetti, è per rafforzare il proprio statalismo. Se sceglie Tardini, rischia la fregatura.


(3) Come? Qualsiasi sia la scelta tra l’uno e l’altro dei filoni di cattolicesimo politico, due cose aiutano a capire se si sta facendo sul serio o se si sta solo giocando una partita interna al Pd, più volta a strappare strapuntini alla Schlein che non a sfidarla. La prima è se invece di parlare di valori (declinabili a piacere) si parla di politiche (che scelgono i valori e li ordinano) e soprattutto di politica estera – una delle grandi lezioni di Sturzo e di De Gasperi, più che mai attuale. La seconda è se ci si organizza o no. Senza una organizzazione combattiva e scalabile (e magari dietro il velo del trasversalismo) non si fa politica, ma si cercano mance.