Il racconto
Il caso Cecilia Sala al Copasir, l'ottimismo prudente di Mantovano. La doppia scommessa di Meloni con gli Usa
Il sottosegretario ascoltato dal comitato parlamentare: pista solida per liberare la giornalista arrestata in Iran. Finalmente la cronista ha ricevuto il pacco di conforto in carcere. La premier dopo Trump è pronta a incontrare Biden. Le opposizioni chiedono che Tajani e Nordio riferiscano
Il segreto questa volta non è solo prassi, ma è anche d’uopo. Due ore e mezza di audizione al Copasir, nel silenzio dei corridoi di Palazzo San Macuto riaperto per l’epifanica occasione, che si possono tradurre nella “solidità di una pista intrapresa dal governo per fare uscire dal carcere il prima possibile Cecilia Sala”. Al centro del tavolo, davanti al comitato parlamentare per la sicurezza della Repubblica presieduto da Lorenzo Guerini, si è presentato Alfredo Mantovano, sottosegretario di Palazzo Chigi con delega al no comment già nelle situazioni normali. Figurarsi in questa che riguarda la giornalista italiana del Foglio detenuta in Iran, nel carcere di Evin, dal 19 dicembre scorso. Anche il viaggio politico di Giorgia Meloni nella tenuta di Donald Trump entra ed esce dal racconto di questa seduta, puntuale nella ricostruzione ma lontana dalla propaganda di maggioranza e opposizioni, forse perché racchiusa tra quattro solide mura senza telecamere. Poche cose si possono dire, molte se ne possono sperare.
Della cronista italiana rinchiusa a Teheran accusata di “violazione delle leggi e i regolamenti della Repubblica islamica dell’Iran” si sa che finalmente ha ricevuto il pacco di generi di conforto che in un primo momento le era stato negato. Da parte della sua famiglia, inoltre, c’è la speranza che il protagonismo di Meloni porti a una svolta dopo gli iniziali giorni molto nebulosi. Non sfugge a nessuno, coma la scelta della premier di gestire in prima persona questa storia rappresenti un salto di qualità nella complicata trattativa incrociata con Usa e Iran. Per la premier è una scommessa da giocarsi in prima persona con un occhio a un’agenda densa. Non è errato escludere che la presidente del Consiglio sia intenzionata a muoversi sul caso Sala dialogando con l’Amministrazione uscente e con quella entrante alla Casa Bianca. Basta unire i puntini, che tanto ini non sono. Tre giorni fa il blitz, quasi a sorpresa, da Trump, fra due giorni la visita del presidente Joe Biden a Roma. Un lavoro di diplomazia politica che la leader di destra ha deciso di intraprendere lasciando dietro di qualche metro tutti gli altri attori coinvolti, seppur in un’ottica di massimo coordinamento. In questa ottica va interpretata la scelta del ministro degli Esteri Antonio Tajani di convocare per giovedì sera alle 21 alla Farnesina un vertice con gli alleati su Siria, Iran e medio oriente, al quale parteciperà anche il segretario di stato americano Antony Blinken. La formula è quella del “Quint” cui partecipano (oltre all’Italia) Usa, Francia, Gran Bretagna, Germania con l’aggiunta dell’Alto rappresentante per la politica estera dell’Unione europea Kaja Kallas. Un modo, nel linguaggio internazionale delle feluche, per ribadire che l’Italia non è sola in questa trattativa – piena di subordinate – con l’Iran. Tutto è politico, dietro lo scudo del silenzio stampa richiesto dalla famiglia di Cecilia Sala d’accordo con il governo e con i nostri servizi di intelligence. Anche se le opposizioni, Italia viva in testa, non escludono di chiedere ai ministri degli Esteri e della Giustizia di riferire in Parlamento alle commissioni competenti. Una vera e propria richiesta ancora non è partita, ma da oggi riapre l’attività della Camera e qualcosa potrebbe accadere. Meloni gioca la strada del protagonismo come unica soluzione a una triangolazione non semplice. In questo scenario, come è emerso dall’audizione di ieri al Copasir, non giovano le dimissioni di Elisabetta Belloni da responsabile del Dis. Durante l’incontro, è facile immaginare, che i membri dell’opposizione abbiano chiesto a Mantovano se esista una correlazione fra l’addio anticipato della responsabile degli 007 e questo dossier o comunque con il viaggio di Meloni da Trump.
Come è nelle cose, il sottosegretario ha negato qualsiasi attrito con Belloni, riconducendo tutto a una scelta personale di quest’ultima. Anche se è chiaro come la tempistica di questo passo indietro aumenti il rumore di fondo, aprendo un altro fronte per la premier. Tempi, segnali incrociati con l’Iran per quanto riguarda la detenzione di Mohammad Abedini restano appesi a una svolta invocata ma difficile da mettere sull’agenda di questi giorni. Al termine della riunione del Copasir c’è stata questa dichiarazione, l’unica su Cecilia Sala, di Giovanni Donzelli, big di Fratelli d’Italia, partito di Meloni: “Siamo fiduciosi, ma rispettiamo il silenzio stampa”.