Il problema della Decima Musk

Claudio Cerasa

Il progetto del capo di Tesla sembra quello di alimentare una internazionale dei complottisti, come dice il candidato cancelliere tedesco Merz. Il guaio è questo, non sono le sue aziende o gli affari

Il problema non è Musk, il problema è la Decima Musk. Friedrich Merz è un politico tedesco, è il candidato dei popolari per le elezioni legislative del 23 febbraio e qualche giorno fa ha rotto un muro di ipocrisia in Europa diventando il primo importante esponente del mondo del centrodestra in Europa a essersi scagliato con forza contro il tecnopopulista più amato dalle destre mondiali: Elon Musk. È successo tutto alla fine dell’anno, dopo il discorso di Capodanno del cancelliere uscente Olaf Scholz, ed è successo pochi giorni dopo un endorsement pesante fatto da Musk a favore di uno dei politici più estremisti d’Europa, così estremista da essere stato scaricato persino da Matteo Salvini e Marine Le Pen, che risponde al nome di Alice Weidel, leader dell’AfD. Musk, che negli ultimi giorni ha scelto di entrare a gamba tesa nella politica europea con fendenti rivolti contro il primo ministro inglese, Keir Starmer, e contro la Commissione europea, guidata da Ursula von der Leyen, il 20 dicembre ha pubblicato un post su X in cui ha elogiato la Weidel. Poi ha pubblicato sulla rivista Welt am Sonntag un editoriale in cui definisce il partito di Weidel “l’unico in grado di salvare la Germania”. E infine, pochi giorni fa, ha annunciato di essere pronto a organizzare una diretta su X con la stessa Weidel, lo farà il 9 gennaio, per aiutarla a costruire un consenso maggiore rispetto a quello di oggi in vista delle elezioni tedesche.

 

A fine anno, Scholz, per intervenire contro il Musk politico, ché quello imprenditoriale è tutta un’altra storia, ha detto che “dove andrà la Germania da qui sarà deciso da voi, dai cittadini e non sarà deciso dai proprietari dei canali di social media”. Merz, poche ore dopo, ha applaudito il suo rivale, Scholz, definendo quella di Musk un’ingerenza senza precedenti ed etichettando il capo di Tesla come “invadente e pretenzioso”.

 

“Non ricordo nella storia delle democrazie occidentali – ha detto Merz – che si sia verificato un caso simile di ingerenza nella campagna elettorale di un paese amico”. Merz è il primo politico della destra europea, forse mondiale, a scagliarsi contro il progetto di Musk di alimentare nel mondo un’internazionale complottista, una Decima Musk, se così la si può definire, e il tema inquadrato da Merz è utile da mettere a fuoco perché ci permette di affrontare un tema più generale che va ben al di là dell’esito delle elezioni tedesche. Un tema che è l’essenza del progetto politico di cui Musk è diventato portavoce in tutto il mondo: essere il punto di riferimento fortissimo non dei nuovi fascismi, non esageriamo, ma dei complottisti globali.

  

E sarebbe il caso però, quando si parla di complottismo, di non scuotere le spalle annoiati ma di capire una volta per tutte che in politica il complottismo, se possibile, è anche più pericoloso del fascismo. Il fascismo, di solito, lo riconosci, lo identifichi, lo inquadri e chi suona gli accordi cupi del fascismo di solito tende a muoversi seguendo uno spartito tanto osceno quanto ripetitivo: l’accentramento del potere, l’amore per la xenofobia, l’odio per la libertà d’espressione, il disprezzo per la democrazia liberale, gli irrefrenabili istinti autoritari, la trasformazione di ogni immigrato in un terrorista fino a prova contraria.

 

Il fascismo, anche se a volte agisce in modo subdolo, anche se agisce in modo progressivo, anche se a volte agisce nell’oscurità rosicchiando via ogni giorno un pezzo delle nostre libertà, è spesso lì di fronte a noi, visibile a occhio nudo, e per questo lo si può facilmente denunciare, affrontare, combattere, osteggiare. Il complottismo, invece, è più subdolo, è più ostico, è più impermeabile alle critiche, è più difficile da combattere e nel momento in cui il complottista sceglie di spostare su un terreno diverso dalla realtà la sua azione di gioco, nel momento cioè in cui il complottista costruisce delle teorie alternative alle cosiddette verità consolidate, nel momento in cui il complottista trasforma i difensori delle verità consolidate in nemici della libertà, nel momento in cui il complottista trasforma l’adesione alle verità alternative nell’unica forma possibile di difendere la libertà, nel momento in cui la cospirazione diventa una questione di fede piuttosto che qualcosa che può essere provato o confutato, si capisce bene che identificare il complottismo e combatterlo diventa più difficile che identificare il fascismo e combatterlo perché il fascismo si muove su uno spartito riconoscibile mentre il complottismo si muove su uno spartito che solo i complottisti riescono a decodificare e si capisce come il complottismo facendo leva su realtà alternative sia meno esposto al confronto con la realtà, che il complottista tende non a confutare ma semplicemente a negare, a considerare, come dice spesso Trump e anche Musk, semplicemente fake news.

 

Il complottista tende a trasformare in un nemico della vera libertà tutto ciò che costituisce in qualche modo l’architrave che sorregge la democrazia liberale. E nel momento in cui la democrazia liberale diventa sinonimo di sistema dominante si capisce facilmente che il vero obiettivo del complottista alla fine è semplice: superare la democrazia liberale sostituendola con una nuova forma di democrazia fondata sulla primazia del complottismo, facendo così progressivamente un salto verso un futuro tetro all’interno del quale la libertà d’espressione più genuina diventa la libertà di poter essere estremisti e all’interno del quale conseguentemente gareggiando a fare gli estremisti puri, come avrebbe detto forse oggi Pietro Nenni, troverai sempre uno più puro e più estremista che ti epura, come ha dovuto sperimentare sulla sua pelle due giorni fa Nigel Farage, capo del partito sovranista Reform Uk, che pur essendo un estremista puro è stato scaricato da Elon Musk, che ha individuato in Inghilterra un estremista ancora più estremista che a suo dire dovrebbe guidare il partito più estremista che c’è in Inghilterra: l’attivista anti islam Tommy Robinson, da cui persino Farage ha preso le distanze.

 

Quando si tratta di fare affari con Musk – come sta facendo anche Giorgia Meloni in Italia con SpaceX, anche se la premier più che impegnarsi a investire sulla tecnologia di Musk dovrebbe forse impegnarsi prima a spingere Musk a investire in Italia, con i suoi quattrini – il muskismo non può che essere accolto a braccia aperte. Quando si tratta invece di ragionare sull’algoritmo politico veicolato dal capo di Tesla il discorso cambia. E su quel fronte non si può non dire, ad alta voce, viva Merz, che da destra ha avuto il coraggio di ribellarsi all’internazionale complottista, che potrebbe prendersi ora la scena anche in Austria se l’ultradestra guidata da Herbert Kickl dovesse riuscire a formare davvero un governo. Il punto è sempre lo stesso. Il problema non è l’imprenditore Musk, il problema è il complottismo della Decima Musk.

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  • Claudio Cerasa Direttore
  • Nasce a Palermo nel 1982, vive a Roma da parecchio tempo, lavora al Foglio dal 2005 e da gennaio 2015 è direttore. Ha scritto qualche libro (“Le catene della destra” e “Le catene della sinistra”, con Rizzoli, “Io non posso tacere”, con Einaudi, “Tra l’asino e il cane. Conversazione sull’Italia”, con Rizzoli, “La Presa di Roma”, con Rizzoli, e "Ho visto l'uomo nero", con Castelvecchi), è su Twitter. E’ interista, ma soprattutto palermitano. Va pazzo per i Green Day, gli Strokes, i Killers, i tortini al cioccolato e le ostriche ghiacciate. Due figli.